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La fiera «Più libri più liberi» 2010, qualche dato certo e qualche idea stravolta

Creato il 10 dicembre 2010 da Fabry2010

di: Guido Tedoldi

La Fiera della piccola e media editoria «Più libri più liberi», che si è tenuta a Roma dal 4 all’8 dicembre scorsi, è servita a chiarire alcune idee (almeno 3, ma forse anche di più) che molti hanno intorno all’editoria e alla letteratura contemporanee.

Per esempio risulta, dai dati pubblicati sul sito web della manifestazione e avallati da ricerche effettuate dall’Aie, l’Associazione italiana degli editori, che in Italia i libri elettronici hanno mercato, e che in pochi mesi questo mercato è cresciuto a velocità sensazionale. Dal sito risulta che i libri digitali venduti nell’ultimo anno sono stati 665˙000, i titoli disponibili nella nostra lingua sono 5˙900 (erano 1˙619 a gennaio 2010, 2˙567 a giugno) e che tutto questo genera un giro d’affari di quasi 3,5 milioni di euro, che è un millesimo del fatturato globale dell’editoria italiana.
Tutto ciò potrebbe sembrare poco significativo, ma si accompagna a un altro dato ben più consistente: oltre 1 milione di italiani (1˙091˙000 per la precisione) ha dichiarato di aver letto almeno un e-book nella vita, e oltre 2 milioni con età superiore ai 14 anni percepiscono se stessi come lettori anche se abitualmente non leggono libri in formato cartaceo. Non sembra neanche di essere nell’Italia «che non è un Paese per lettori».
Peraltro la piccola editoria italiana sembra un settore in salute dell’imprenditoria. Il suo fatturato è cresciuto del 6,1% nel 2010 rispetto al 2009, mentre il resto del settore è cresciuto dello 0,9%. Ciò ha attirato nuovi operatori nel mercato: erano 1˙530 nel 2001 (di cui 650 con meno di 10 titoli pubblicati all’anno, e 880 con un numero di titoli pubblicato annuo tra 11 e 50) sono diventati 2˙794 nel 2010 (1˙556 con meno di 10 titoli, 1˙238 fino a 50 titoli). Tutto ciò ha prodotto un aumento dei dipendenti (esclusi i collaboratori e i consulenti): erano 4˙100 nel 2001, sono 6˙500 quest’anno.
Numeri in aumento anche per la Fiera di Roma, dove gli operatori presenti sono stati 262 nel 2002, in occasione della prima edizione, e poi sono aumentati ogni anno fino ad arrivare ai 430 di oggi.
Ehm.
Ma non si diceva che «carmina non dant panem», che «c’è la crisi, non possiamo pagare», che «non c’è trippa per gatti»…?

Inoltre nei giorni della fiera era presente in Italia André Schiffrin, uno che di editoria piccola media se ne intende essendo stato l’editore americano di Jean-Paul Sartre e Michel Foucault, oltre che di Noam Chomsky ed Eric Hobsbawm. Secondo lui (come riportato dal sito web BooksBlog) i libri digitali non sono affatto un problema per i piccoli editori perché in quei formati si distribuiscono e si distribuiranno sempre di più i best seller, o comunque i libri ad altissime tirature che sono il terreno di scontro privilegiato dei grandi editori, magari riuniti in consorzi dalla portata sovrannazionale.
Se Schiffrin avesse ragione, molte paure degli editori intorno alla distribuzione degli e-book (del tipo: «Se lo leggono in digitale, non me lo vengono a leggere su carta») sarebbero sfatate. Perlomeno le paure dei piccoli e medi imprenditori. Semmai dovrebbero essere i grandi a doversi preoccupare, ma ci sono esperienze già consolidate, come quella di Paulo Coelho i cui libri sono diventati best seller nelle librerie russe dopo che lui ha rivelato la lista dei siti da cui si potevano scaricare i file gratis, in lingua originale oppure già tradotti in russo.

In sostanza, gli e-book non sono libri che sostituiscono quelli tradizionali bensì vanno ad aggiungersi a essi, facendo aumentare il numero complessivo dei lettori. Possono essere considerati l’equivalente per la letteratura di quello che i file mp3 sono per la musica, ovvero una forma di marketing innovativa e resa sempre più efficace dalla diffusione del web, e caratterizzata da bassissimi quando non azzerati costi di riproduzione e distribuzione.
Perlomeno, questo è quanto dicono i dati (a meno che io li abbia interpretati male).



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