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La follia individuale e la follia collettiva

Creato il 15 dicembre 2012 da Odio_via_col_vento

 

Michael Moore _n Tweet

Un tweet di Michael Moore sulla strage di Newtown: "Il modo di onorare questi bambini morti è pretendere un rigoroso controllo delle armi, una assistenza sanitaria gratuita  per i problemi mentali e la fine della violenza come politica di governo"

 

Newtown.
Ma prima ancora Columbine. E Red Lake, e Virginia Tech, e Binghaton. E Aurora, solo pochi mesi fa. Per citare solo i più noti massacri frutto di una follia individuale che ha portato a stragi collettive di ignari, innocenti, inermi. Senza un perché, né una logica dietro l'illogico scoppio della follia.
Una società che genera mostri a ripetizione, stragi e serial killer. Ma che raramente si interroga.
Preferisce parlare e parlare delle lacrime di un presidente, non della necessità di ridurre le possibilità che questa follia arrivi a compiere stragi, limitando (se non abolendo) il possesso privato delle armi.
Anzi: tra i commentatori locali, immancabile anche chi ha invocato la necessità che le maestre portino armi, A SCUOLA!
Un paese che ha nella costituzione proprio l'affermazione di questo diritto. Un articolo della fine del '700 che viene affermato e riaffermato di continuo, anche in una società che non è più quella della frontiera.
Un paese dove impera l’esaltazione dell'individualismo e quindi l’uomo deve dimostrare di sapersi proteggere e farsi giustizia da solo. Lo stato non c'entra, lo stato deve starne al di fuori, lo stato non deve interferire (e del resto questo terrore sacro nei confronti dello stato è anche alla base del rifiuto di tanta della popolazione americana anche per la riforma della sanità proposta da Obama che introduce un sistema più simile al nostro). 

Insomma: tutto a posto, nella misura in cui sono problemi di un altro paese.
Meglio ancora: di questo grande paese che amiamo e odiamo tanto.
La follia come connotato specifico, come bubbone americano, dunque? 

Ma poi qualcosa si incrina.
Se solo ci vengono in mente anche Oslo e Utoya: in Norvegia.
Europa e non Stati Uniti. 

E il continuo femminicidio che stravolge le nostre cronache.
I bambini siriani che muoiono a grappoli senza che nessun giornale italiano ne parli o si stracci le vesti.
L'ordinaria violenza sociale che ci segue per le stazioni fredde, rifugio di barboni abbandonati, creati da QUESTA società.
Le stragi terroristiche di al-Qaeda.
Ma anche le stragi terroristiche degli anni della tesnsione in Italia, qui, esattamente qui. Piazza FontanaBrescia, l'ItalicusBologna.

Stragi individuali o stragi collettive. 
Esplosioni improvvise o sordide trame maturate negli anni.
La follia, sì. E quello che turba, spaventa, è proprio l'apparire improvviso del mostro, la morte che si affaccia nel quotidiano, che colpisce alla cieca, invitata sempre presente ma negata, esorcizzata, respinta dal nostro cieco credere che la vita sia eterna.

Meglio chiamare follia quello che è il parto dell'uomo stesso.
Meglio spiegare con le mille sfumature psicologiche che verranno ciò che sta sotto gli occhi di tutti: l'ineludibile crudeltà dell'uomo. Il suo essere bestia, armarsi contro il proprio simile, volerlo possedere, usare, conculcare.
L'esplosione di questa carica bestiale viene chiamata follia, solo per illuderci che non faccia parte di noi.

Continuiamo a illuderci che cultura, civiltà, educazione possano fare il miracolo.
L'impossibile miracolo.

Forse è questo quello che i Maya (e gli sciocchi) chiamano "fine del mondo".


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