nel 1983 da Giuliano Gramigna, Gilberto Finzi e dal sottoscritto. Nacque dall’idea di affrontare con analisi appunto testuali la poesia nuova,
, come si era sempre fatto per l’antica o comunque per quella già ampiamente riconosciuta. La nuova per lo più, se non trascurata, veniva brevemente recensita sui quotidiani (meno sui periodici) con strumenti biografici, superficialmente psicologici o sociologici, al di fuori comunque di una linguistica e stilistica valutazione delle più strette forme e ragioni autonomamente poetiche. Ciò comunque senza trascurare i contesti politici, in senso lato, che caratterizzavano fortemente quegli anni.Ovviamente ci sembrò indispensabile coinvolgere linguisti e critici, e poeti, tra i più prestigiosi italiani e stranieri, dell’Europa e degli USA, persino della Croazia. Nacque una “Consulenza critica redazionale” alla quale, fra i primi, aderì con sincero interesse
.Per il n.4 del 1985 ci venne proposto di pubblicare un breve saggio della poetessa
Nacque subito qualche imbarazzo tenuto conto dell’entusiasmo con il quale il poeta ci aveva intellettualmente sostenuti, Tanto che Gramigna, con il suo signorile e sensibile rispetto verso chiunque, suggerì di non avviare così presto una, seppur velata, polemica con l’interessato pubblicando
l’intervento. Poteva essere corretto oltre che amichevole farglielo leggere preventivamente.
La cover di Testuale 4/85
che, oltre al testo di Airaghi, conteneva testi di
Sanesi, Ermini, Vaccaro, Guarracino, De Michelis
e Ferri
Alida Airaghi, infatti, come si suol dire,
andava giù pesante, ovviamente con ragioni in parte comprovate, comunque nell’allora situazione sociale e letteraria sicuramente di qualche stimolo e interesse. Fra l’altro Alida Airaghi, che per praticità in parte qui tento di parafrasare (scusandomi con l’autrice), affermava, sovente citando lo stesso Sanguineti:
… Sanguineti, nel 77, a chiusura del suo Postkarten
evidenziava… una aspirazione al silenzio… una necessità di fare il punto… Quel silenzio è rimasto un pio desiderio… già nell’’80 usciva Stracciafoglio
, con ventennali testi d’occasione… di un sperimentalismo ormai di maniera… per testimonianze civili elettorali anche nel nome del PCI……
Dai primi testi poetici ad oggi, Sanguineti è venuto man mano delimitando e circoscrivendo il ruolo e la funzione della ricerca e della sperimentazione linguistica a strumento puramente letterario… Nell’impossibilità, ormai, della provocazione … il linguaggio veniva rivalutato come strumento di comunicazione, con inevitabili abusi interpretativi e fraintendimenti più o meno consci… si perde di conseguenza la connotazione ideologica del linguaggio, quale arma disgregatrice contro l’ordine borghese… in qualche modo si neutralizza… diventa coscientemente lingua letteraria che parte dai crepuscolari, attraversa gli ermetici per approdare a un discorsivismo di impianto realistico… Ma quale realismo?… Sembra pretestuoso (e presuntuoso) definire realista una poesia in cui attori e ambienti non hanno altra funzione, altra connotazione (non parliamo di collocazione di classe!) se non quella di fare da scenario all’individuo-poeta…come esibizione di sé…Alida Airaghi estrapolava e commentava per diverse poesie questa condizione rileggendo appunto
Stracciafoglio. … perché questo suo “far poesia”, lungi dal mettere e mettersi in crisi, appare ormai codificato, ritualizzato e prevedibile… (… la sua posizione coincide con quella del Partito Comunista) … bloccato in una impasse tanto politica che estetica.… Se gli uomini sono uomini… e ad essi bisogna adattare teorie e idee, le parole sono parole, e anche in omaggio ad esse Sanguineti ha accettato il compromesso.Sanguineti non fece eccezioni di sorta, anzi ritenne utile che, possibilmente, si aprisse un dibattito. Così pubblicammo il testo critico.
Alla fine del 1986, con un amico artista di considerevole valore, il cuneese Basso Sciarretta, organizzammo una mostra a Chiavari: Sciarretta presentò dei modernissimi e originalissimi arazzi, io a mia volta una serie di lavori di scrittura visuale. Sanguineti, avvertito, intervenne amichevolmente presentando la mostra. Poi lesse, forse per la prima volta in pubblico, il suo recente poemetto
Novissimum testamentum. Un testo poetico in cui il flusso di parola rivelava una, seppur temporanea, uscita dai precedenti stilemi che abitualmente erano stati sempre caratterizzati dall’ambiguità e dalla violenta frantumazione del senso e della struttura linguistico-sintattica. Un testo che rivelava, e il titolo ne era la prova, una soggettiva e intimistica (seppur politicamente pubblica) predisposizione all
’esibizione di sé, forse proprio come aveva profetizzato Alida Airaghi.Per inciso dirò che allora, invece, come oggi rileggendolo, molto fui e sono coinvolto da quella
forma fluens al limite di un originale
flusso di coscienza (che per altro aveva sempre caratterizzato, seppur in modo diverso, la sua poesia).A sera, dopo cena, ritornammo a
Genova in macchina. Io non guidavo e stavo seduto dietro con Sanguineti. Posizione ideale per scambiare quattro chiacchiere in confidenza. Confidenza generosa da parte del noto letterato che vinse ogni mio timore reverenziale. Già quindi in breve ebbi modo di conoscere un Sanguineti diverso dal personaggio pubblico, scrittore a volte clamorosamente
engagé.Ma l’intimità contingente favorì, per iniziativa dello stesso Sanguineti, il ricordo di quel problematico e non certo acquiescente saggio di Alida Airaghi.
Alida Airaghi ▌Sanguineti:dall'opposizione
al compromesso► pagina 18 di Testuale 4/85
Sanguineti con semplicità e onestà confessò, fra l’altro: “Cosa mai avrei dovuto fare e dire durante gli anni in cui prese forma
Stracciafoglio?”. Erano gli anni, infatti, non certo facili del discusso superamento del Gruppo ’63 e delle , talvolta ambigue, metamorfosi del Partito Comunista, se non di tutta la politica italiana. E internazionale. Forse, riconobbe, era venuto il momento di
riformarsi, di prendere atto con umiltà e intima pazienza della realtà nuova che incombeva, in letteratura e nella vita civile. C’era stata anche la vicenda di Pasolini, con il quale, almeno sul piano della ricerca letteraria, e dell’impegno politico, Sanguineti non si era trovato sempre d’accordo. Non senza contare la conturbante tragedia del ’75. Questa aperta e umile confessione, piena di interrogativi anche inespressi, di titubanze nei confronti della stessa storia personale futura, lo ricordo con sincerità, mi commosse. In sé, per me, questa fu una situazione assolutamente eccezionale, tenendo conto soprattutto dei pubblici riconoscimenti e delle importanti rotture che sempre avevano agitato le iniziative sanguinetiane, così da farne una sorta di mostro sacro. Perché, inoltre, non si poteva certo dimenticare la sapiente qualità della sua ricerca estetica, critica e storica, nei confronti della poesia italiana, a partire dall’Alighieri. Fu un viaggio indimenticabile, nel tempo breve per arrivare insieme da Chiavari alla sua casa di Genova (assai fuori mano, costretti a un lungo e complicato tragitto), e nel tempo di una altrettanto labirintica dismisura umana e poetica.
P.S.: Questa nota fu pubblicata in parte (e qui riportata con alcune varianti), nel blog della rivista ANTEREM di Verona,(Ottobre 2010)