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LA FORMULA DEL CAPITANO di Marco Pasetti

Creato il 11 febbraio 2016 da Paolo Franchini

LA FORMULA DEL CAPITANO di Marco PasettiDue secoli di storia italiana visti attraverso le vicende di una famiglia-azienda: i Ciccarelli.

Già nel titolo l’avvincente saga famigliare rievoca uno dei prodotti più noti dell’azienda, la Pasta del Capitano, tra i primi dentifrici made in Italy messo a punto agli inizi del Novecento dal Capitano di cavalleria Clemente Ciccarelli, nonno materno dell’autore.

La storia dei Ciccarelli comincia nella prima metà dell’Ottocento nelle Marche, a Montolmo, piccolo paesino che verrà poi ribattezzato Corridonia in onore di Filippo Corridoni, sindacalista e rivoluzionario.

Pietro è il primo Ciccarelli a fare il salto da speziale a farmacista e a inaugurare la dinastia che con Ciriaco e poi Nicola attraversa tra alti e bassi gli anni tumultuosi del Risorgimento. Nel 1861, anno dell’Unità d’Italia, nasce Clemente, farmacista, veterinario e Capitano di cavalleria che viene distaccato al nord. A Padova, per la precisione. Qui trova moglie, Maddalena Vasoin, e gli nasce l’idea di trasferire al nord, o meglio a Milano, le farmacie di famiglia dove vendere il callifugo e il dentrificio di cui ha messo a punto la formula pensando a denti e piedi dei suoi commilitoni. L’impresa decolla e nel dopoguerra passa nelle mani di un altro Nicola, detto Nico.

Nico traghetta la piccola azienda famigliare durante gli anni del boom e la fa crescere fino a insidiare la leadership delle multinazionali americane che in quegli anni sbarcano in massa nella Penisola. Dalla sua ha Carosello. Primo imprenditore a farsi testimonial televisivo dei propri prodotti, Nico Ciccarelli ci mette la faccia per garantire la qualità, «buona, anzi ottima».

Se Clemente ha inventato la formula dei prodotti, Nico mette a punto la formula dell’azienda: prudenza, niente debiti e nessun socio. Tutto in famiglia. Alla sua morte il testimone passa al nipote Marco, che mantiene tutte le formule originali e aggiunge di suo la capacità di non farsi trascinare dalle chimere della new economy e della finanza.

«Il sogno della grandeur portato dalla globalizzazione ha fatto sì che molte piccole e medie imprese perdessero la loro identità, diventassero più lente, più pesanti e cedessero alla tentazione del me too con il risultato di veder crescere il loro indebitamento e diminuire la capacità di innovare e competere», scrive Pasetti.

Nel libro si leggono in controluce tutte le contraddizioni del sistema economico-produttivo italiano incapace di valorizzare e difendere le medie imprese costrette a cavarsela da sole (emblematica in questo senso la parabola delle aziende cosmetiche italiane nate insieme alla Farmaceutici Ciccarelli e poi fagocitate dalle multinazionali): «Si è demonizzato troppo a lungo il capitalismo famigliare confondendolo con la Fiat. Niente di più sbagliato. L’azienda di famiglia è un patrimonio della collettività, verso la quale ha dei doveri sia nei confronti dei lavoratori che dei consumatori. È questa la vera formula vincente», conclude Pasetti.


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