Non so come sono arrivata fino a questo punto. Credevo di non farcela. Ho tirato un lungo, infinito, sospiro ed ho iniziato a fare, organizzare, prendere e lasciare.
Ho teso la mia vita come una corda di violino, sapendo che quello che sentivo era musica, malgrado la mia difficoltà nel pizzicarne le corde.
Quando sei in corsa e sai che devi arrivare alla fine, le forze che credevi nascoste si ampliano, ti abbracciano, ti sorreggono.
La vita si dipana dal suo groviglio, nodo dopo nodo, fino a formare l’arazzo che avevi immaginato. I colori si manifestano brillanti, al tatto la trama da ruvida diventa seta sotto le tue piccole dita. Fanno male, a volte bruciano. Il filo diventa corda ruvida e tu cerchi di tenderla quasi allo stremo delle forze. Non devi cedere… sei quasi alla fine.
Speri che le giornate si allunghino, non solo nel loro chiarore, ma che possano raddoppiare anche nelle ore. Hai bisogno di tempo per portare a termine il tuo lavoro.
Vorresti una strada liscia sulla quale camminare ma i piedi nudi si sono induriti e le pietre non ti pungono più… quasi corri e non te ne accorgi.
E’ la forza delle donne. Quella che nella sofferenza, nel dolore più grande, le porta a sollevare macigni. Quella che non ti da tempo per piangere perché le lacrime arriveranno solo quando tutto sarà sistemato. Quella che ti sale dal cuore, perché nella pancia non c’è così tanta profondità.
Quella che anche quando sei sola, ti senti capace di prenderti in mano la vita, rovente, e non sentirne il bruciore.
Te ne accorgi solo quando devi dormire. Quando di notte gli incubi ti vengono a trovare, tutti insieme e ti svegli sudata, la mente che non si riposa. Mille domande, mille risposte e la tua mente è lì, ad insidiare quella che sembra fragilità… quanto vorresti lo fosse davvero.
Vorrei essere debole, a volte. Poter dire di non farcela. Sembra che con alcune di noi funzioni questo sistema. Gran donne, quelle.
Ne invidio il loro “non avere pensieri”… forse.
Ma sto costruendo, con tutta la forza che ho e ne sono felice. Perché, malgrado il sentirmi in una tormenta di neve, ubriaca di freddo, potrò firmare quest’opera che sto compiendo da sola. Mi stamperò un nuovo biglietto da visita, o scriverò un certificato di benemerenza, nel quale si ringrazierà il mio nome per tutto il lavoro che ho svolto.
Riposerò più tardi. Ora non ho tempo per pensare ai cuscini di piuma. Ora ho una cosa importante da fare prima che spuntino le foglie dagli alberi. Voglio fiorire assieme al tepore della prossima luce.
Questa è la forza che sento… e questa è la forza che ho.