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La furbizia è un fattore geografico nella mitologia classica? Ulisse vs Beowulf

Creato il 25 giugno 2013 da Mickpaolino

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Nella mitologia classica europea quello dell’eroe è un personaggio molto ben definito, corrispondente ad un registro di valori, comportamenti ed azioni che servono a definirne un’aura inattaccabile di qualcosa che, in campo religioso, viene chiamato santità. In pratica quando si ha a che fare con un rappresentante della suddetta categoria ci si aspetta non meno di quello che ci hanno mostrato i vari autori dall’inizio dei tempi per la letteratura mitologica fino ai moderni multi-versi fumettistici.

Tra le qualità che si attribuiscono all’eroe, la furbizia in particolare sembra derivare dall’area geografica in cui si svolge il mito in questione: provate a pensare a due pilastri del genere, l’Odissea e Beowulf, rispettivamente un classico della letteratura greca e uno di quella anglosassone. Grecia vs Danimarca, Sud Europa vs Nord Europa, Ulisse vs Beowulf.

Due eroi a confronto, due personaggi che rappresentano non solo due culture profondamente diverse tra loro ma anche due modi differenti di “essere eroe”.

Da un lato c’è il prode e astuto Ulisse che con la famosa idea del Cavallo di legno permette ai Greci di espugnare l’imbattibile Ilio (Troia per i profani), salvo poi inimicarsi il potente dio Poseidone e incorrere nella sua ira funesta.

L'episodio di Ulisse e le sirene raccontato dal pennello di John William Waterhouse

L’episodio di Ulisse e le sirene raccontato dal pennello di John William Waterhouse

A guerra finita Ulisse commette l’errore fatale di offendere il capricciosissimo Poseidone, il dio dei mari se la lega al tridente e perseguita l’eroe per tutto il tempo che gli ci vuole a ritornare all’amata Itaca, dove frattanto Penelope resiste alle avanches dei nobili Proci (non bastasse l’ira degli dei sulla testa del povero Ulisse). Ma Ulisse è il personaggio più astuto dell’intera produzione omerica, tant’è vero che si avvede della sua mancanza di lungimiranza e, carico d’orgoglio com’è, invece di chiedere perdono a Poseidone, si limita a non offenderlo più di tanto. Anzi, in occasione dell’incontro con Polifemo, fa fare all’ottuso ciclope la figura dello scemo quando gli dice di chiamarsi Nessuno: il mostro ci crede e alla domanda dei fratelli “Chi ti ha accecato?” risponde sicuro “Nessuno“. Omero qui ha elegantemente sorvolato sui vaffa che il povero Polifemo deve aver ricevuto come unico aiuto. In questo episodio è l’innata furbizia che permette al re di Itaca di prendersi gioco del gigante e del di lui padre Poseidone, il quale nonostante tutti i poteri straordinari non capisce per l’intera storia che contro Ulisse ci sta facendo la figura del pollo. Tanto valeva lasciarlo arrivare tranquillamente a casa sua, almeno il figlioletto Polifemo non ci avrebbe rimesso l’unico occhio. Quello con il ciclope non è il solo momento in cui Ulisse da dimostrazione della sua grande furbizia: c’è il suo zampino anche nell’episodio delle sirene, della maga Circe e dell’isola di Ogigia.

Riprendendo le fila del confronto, dall’altra parte abbiamo Beowulf, giovane guerriero leader di un gruppo di cazzutissimi Geati, popolo che abitava l’odierna Svezia del Sud.

Beowulf

Chiamato dal re dei Danesi, Hrotgar, Beowulf deve combattere contro Grendel, un troll che sta terrorizzando il regno e ridicolizzando l’immagine del re. Il giovane guerriero attrae Grendel nella reggia di Hrotgar e dopo un sanguinoso e cruento scontro riesce a staccargli un braccio. Il problema per Beowulf è che non la finisce di ricordare il suo nome al mostro, quindi quale può essere stata l’ultima parola di Grendel sul letto di morte? La madre dell’orrenda creatura non gradisce per niente il trattamento riservato alla sua prole così l’orrore ricomincia e Beowulf stavolta non può che confrontarsi contro il nuovo nemico continuando a vantare le sua grandi qualità di combattente. Questo vizio gli causerà non pochi problemi nel seguito della sua vita. Divenuto re dei Geati sarà costretto a combattere contro ogni sorta di invasore smanioso di battere il grande e potente Beowulf e, dulcis in fundo, arriva anche un gigantesco drago per uccidere il quale il nostro eroe dovrà sacrificare la vita.

A questo punto, considerando che tanto Ulisse quanto Beowulf sono degli eroi (se non siete d’accordo provate ad uccidere un ciclope o un troll poi ne riparliamo) rimane da considerare il fattore geografico. Ulisse vive prevalentemente sulle coste del Mar Mediterraneo e anche se la compagnia eroica non gli manca lui si distingue proprio per il tratto della furbizia che spesso sfocia nella cialtroneria, come nel caso della armi di Achille, ma questo è di fatto ciò per cui Ulisse passa alla storia. Beowulf vive nei freddi climi del Mar Baltico e di certo non sono astuzia e furbizia le sue migliori armi. Che il clima rigido abbia soppresso queste peculiarità? D’altra parte altri eroi della cultura Nord Europea che brillino per sveltezza di pensiero non è che ce ne siano: il migliore tra essi è il norreno Sigfrido che condivide la sorte con un altro eroe classico greco (Achille, nda) e sarebbe anche immortale se quell’unica foglia di tiglio non abbia pensato di posarglisi addosso mentre riceveva questo potere; il fatto però che gli venga detto che il tesoro di Fafnir sia maledetto non lo fa demordere dall’accaparrarselo e di qui la sua tragica fine.

Un possibile chiave di lettura potrebbe essere rappresentata dal sistema di valori eroico-guerreschi della cultura nordica rispetto a quella mediterranea. Nella storia di Ulisse è chiaro l’insegnamento per cui anche chi non possiede doti fisiche eccezionali può primeggiare utilizzando il cervello, ma questo aspetto, per i popoli centro e nord europei, forgiati nella cultura della legge del più forte, può anche essere secondario: in una battaglia in campo aperto la furbizia e l’astuzia non sono la stessa cosa di un paio di bicipiti possenti e di una indole indomita che sfocia nell’autolesionismo.



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