La giusta punizione per Lele Mora

Penso a Lele Mora in carcere. Penso alla pietas umana cui ognuno di noi ha diritto. Penso ai suoi amici parlamentari del PDL, in particolare Alfonso Papa, che l’hanno visitato e che riferiscono di un uomo smagrito, malato, che soffre la privazione della libertà particolarmente. E non riesco a provare pietà per quest’uomo. Ma sono coerente con me stesso e dico che, visto lo stato di salute psico-fisica del soggetto, almeno gli arresti domiciliari gli si dovrebbero concedere. Anche se questo soggetto non smette di prenderci in giro, di prendersi gioco della gente normale che ha sfottuto nell’arco di tutta la sua misera esistenza. Ha sempre deriso la normalità Lele Mora, ha sempre condotto una vita in sfregio a quelle di milioni di persone che pure gli hanno sempre dato il pane quotidiano. E l’ha fatto anche dal carcere inscenando un suicidio che più finto non si può, tappandosi naso e bocca con un cerotto. Un gesto che sfotte i suicidi veri, che ridicolizza i depressi, che denigra chi soffre davvero. Ma dicono che Mora soffra e che sia a rischio di autolesionismo (anche se, fatto coi cerotti, al massimo lo chiamerei auto depilazione). E una società giusta e forte non può permettere che un uomo soffra al di sopra di quella che può essere una giusta condanna. La nostra società può permettersi che la condanna prevarichi la volontà di redenzione. Mora non può diventare un martire. E’ per questo che auspico la sua scarcerazione. Che vada a casa Mora, che viva chiuso in un appartamento normale, come vivono milioni di quegli Italiani che tanto ha sfottuto. Che provi a vivere con seicento Euro al mese come molti di quei pensionati che sognano leggendo delle gesta dei suoi ex protetti. Venga punito Mora, ma di una punizione che non prescinda dalla possibilità di redenzione, anche se questa appare decisamente improbabile.

Luca Craia