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La Grande Abbuffata

Creato il 14 agosto 2013 da Abattoir

Una specie di recensione di un film che non vi consiglio

Quando la vita si trasforma in un incessante vortice di eccessi, vuol dire che qualcosa non va più nel verso giusto. In questo modo i gesti si riducono ad una corsa verso il limite. La nostra sopportazione è tutta da sperimentare. Ti rendi conto che i sensi servono per essere sfruttati e che hai bisogno di sentimenti più atroci e quelli che penseresti non ti appartengano devono uscire alla scoperta per soddisfare l’attimo.

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La società ha dei compiti e dei doveri. Ma in certi angoli di società queste parole sono solo carta igienica per pulire il deretano. Se nella Salò di Pasolini si ingoiavano escrementi e si provava un’incredibile piacere nella violenza, nella villa di Ferreri si mangiano piatti di alta cucina senza conoscere se il corpo umano riuscirà a mantenere capiente il fondo. Per non parlare del sesso, gratuito atto impellente che smette di esser tabù per trasformarsi in abbandono puro ai doveri del mondo.

Eppure il mondo non è privo di gente di questo tipo.

Leggevo tempo fa alcune interviste di una nota giornalista palermitana, Giuliana Saladino, e di come donne di varia estrazione sociale tra gli anni ’60 e ’70 avessero una diversa attitudine alla vita.

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Quelle con più soldi in tasca si annoiavano, erano depresse, non avevano appetito ed avevano smesso di avere desideri. Ovviamente questo non lo dicevano, ma lo davano a capire le loro parole.

Quelle più povere faticavano, arrivavano stanche alla sera e non avevano neanche il tempo per pensare a come passare il fine settimana. Eppure avrebbero desiderato qualche regalo dalla vita, dal marito, dallo Stato. Forse erano i desideri a mantenerle in vita.

Invece i protagonisti di una grande abbuffata quotidiana cosa possono volere ancora dall’esistenza? C’è chi ha capito il meccanismo e non fa altro che portarlo alle estreme conseguenze: hai capito come fare i soldi? Hai capito tutto ciò che riguarda l’ambito delle tue tasche, ma ti mancano i fondamenti per tante altre cose ed una di queste è sopravvivere a te stesso.

Così, come un cerchio (torbido) che tende a chiudersi, gli eccessi aiutano a vivere meglio, a non focalizzare realmente l’attenzione sul fatto, ad idealizzarlo magari. Allora la vita avrà dei contorni sempre più confusi come il mondo visto da un miope. Il gioco sarà fatto.

“Pietà della carne
lutto della carne
il buio della carne
la passione della carne
la penitenza della carne
l’estasi della carne
il caos della carne”.

(Al Colosseo – Rosario de la carne – Vinicio Capossela)

Quanti banchetti di Trimalcione vedranno costituirsi in questa terra? Quante volte i sacrificati dovranno mettersi al servizio dei libidinosi? Risale a qualche giorno fa la notizia che sotto al tempio di Segesta si organizzassero banchetti privati come fosse normale. Quanta Grande Bellezza ci toccherà immaginare sugli attici illuminati della Palermo che si distende sotto i gazebi illuminati dalle candele scaccia zanzare!

Non ho resistito, ho fatto dei cattivi pensieri durante il passaggio della Santuzza poco prima di Porta Felice.

Chissà se c’era un tipo come Jep Gambardella, uno che non avrebbe bisogno del festino, roba da plebe, uno che inconsciamente e maledettamente ti affascina.

Forse perché sei convinto che anche in lui ci sia qualcosa da salvare.

Ma in una grande abbuffata provo difficoltà a salvare qualcosa, se non il silenzio.


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