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La Grande Bellezza

Creato il 25 marzo 2014 da Ilcinemacolcuore

Perchè a me Sorrentino piace


Sì, l'ho già detto. Sorrentino mi piace e La Grande Bellezza pure. Ma anche se le mie sono parole a caso, frutto di una mente frullata e troppo recettiva, sono comunque ragionate.
Ecco questi ragionamenti.

Premesse e precisazioni preliminari (#allitterazionemiapassione)


Dobbiamo a mio malgrado partire dal fatto che Paolone, visivamente, mi piace tantissimo. Rispecchia il mio gusto per la maestosità e la magniloquenza delle inquadrature, la geometria che dà ad ogni messa in scena è qualcosa che mi ha sempre attirato. Ho capito questa cosa guardando i quadri/fotogrammi di Wes Anderson, altro regista che io adoro, con uno stile molto diverso ma accomunato al nostrano Sorrentino dalla razionalizzazione geometrica delle immagini.
E dobbiamo partire dal fatto che Paolone ha un gusto musicale incredibile, un talento nel scegliere le musiche per i propri film davvero notevole. E per uno che come me considera la colonna sonora importante almeno quanto le prove attoriali, per giusdicare un film questo fatto è importantissimo, ed è uno dei fili conduttori della produzione Sorrentiniana che me lo fa apprezzare. La soundtrack di This Must Be the Place, poi, è stata l'apice, e anche nell'opera in questione non è da meno.
Infine, devo precisare che Paolo Sorrentino, Napoli, 1970, mi sta simpatico. O meglio, mi attira. Perchè è a metà tra la presunzione di essere un genio e l'esserlo davvero. Perchè è egocentrico e a volte un po' masturbatorio ma conosce anche i suoi miti. Perchè bene o male è un artista. Decadente sì, ma artista.

 

Fine della prima parte, inizio della seconda parte (titoletto da leggere con la voce di Mangoni)

 

Ora possiamo iniziare  a parlare del film vero e proprio. Quando il film è iniziato c'ho messo molto poco a farmelo piacere. È arrivata la sequenza del party per il compleanno di Jep e me ne sono innamorato. Maestria assoluta nel rappresentare lo squallore, sospensione onirica del reale (la stripper dietro il vetro) e infine la presentazione di Jep. Paroloni su paroloni, un'altra delle peculiarità di Sorrentino: la sentenziosità. E io adoro la sentenziosità. Adoro le persone che mi dicono cose, perchè poi le posso dire io stesso ad altri senza dover spremere le meningi... Sorrentino le cose le sa dire  bene.

Tipo, prenderebbe 10 di qualsiasi tema.

La sentenziosità ci accompagnerà per tutto il film. Come fa lo sfondo, Roma. E ora veniamo a una domanda cruciale: Roma è o non è la protagonista del film?

jep gambardella la grande bellezzaLa risposta è no. Il protagonista è Jep Gambardella [il mitico Servillo], che ama l'odore delle case dei vecchi. Ma Roma è comunque una parte importantissima di questo film. Oltre a fare da sfondo sublime e bellissimo in quanto città (e non è una cosa scontata: Roma è bella, sì, ma qua non sono i grandangoli in piazza di Spagna o riprese ruffiane del Colosseo a descrivere la città: è la Roma nascosta, quella dei tesori che pochi vedono/notano a tratteggiare il bello della città: è una Roma intima, la Roma del regista) è al contempo marcia e scabrosa in quanto a spirito, in quanto ad abitanti. Il circolo di amici di Jep è la rappresentazione di tutto il marciume, di tutto il chiacchiericcio privo di ogni significato se non quello di distrarre dalla miseria delle vite di chi gli dà voce.

"Mi sento Pirandelliana", recita una delle Gambardella-girls, perchè ha cambiato colore dei capelli. Ma Ciccia, l'unica maschera che indossi è il botulino!

Ma allora, se Roma è un personaggio ed è acnhe uno dei più importanti, perchè non considerarla protagonista? Per il semplice motivo che ad un certo punto Roma sparisce. Sparisce quando Romano [Verdone] decide di lasciarla per tornare in paese, perchè Roma "l'ha deluso". È allora, circa mezz'ora prima della fine, che Jep conclude la sua analisi sulla città in cui vive da ormai quarant'anni: sì, Roma ha deluso anche lui. E allora cerca di prenderla da altri punti di vista: quello degli uomini semplici, o quello spirituale (mai religioso, attenzione! Spirituale).

Questo è il significato dell'ultima parte del film: il protagonista smette di cercare di capire Roma e cerca di capire se stesso. E il risultato di questa ricerca è fantastico: la simbolica emersione dalle coperte e dagli imbarazzi dello sare al mondo, per tornare a riscoprire il vero significato della vita: questo non è il cercare di seppellire la sua inutilità con tante parole e azioni vuote, ma la ricerca degli sprazzi di bellezza (tradotto: i momenti più veri, intimi e sentimentali) che egli stesso ha testimoniato e testimonierà. Così, nell'ultima inquadratura, finalmente, ricorda per intero la sua prima volta, ancora diciottenne, che da troppo tempo aveva seppellito, dimenticato.

la grande bellezza finale

Inutile spendere parole sul comparto tecnico, impeccabile (qualche dolly sprecato, ma è il prezzo della presunzione di cui sopra), e come ho già detto, la scelta delle musiche è sempre azzeccatissima. Ascoltando per l'ennesima volta i violini di The Beatitudes sui titoli di coda (fantastici) mi è scappata una lascrimuccia. Anche gli attori reggono tutti la parte: Verdone e la Ferilli, su cui non avrei scommesso assolutamente nulla, fanno due personaggi che gli cadono a pennello e tanto basta. 

In conclusione, La Grande Bellezza è un film che personalmente mi è piaciuto moltissimo.

Certo è che il didascalico Sorrentino, a ragione, non lo digeriscono tutti. E capisco che per molti il film nella sua seconda parte perda di significato. Ma io gliel'ho trovato/voluto trovare, se non altro per rendere onore a delle immagini che sono opera d'arte, e a delle parole che in quanto a solennità sembrano versetti della Bibbia.

Solo poco, poco più convincenti. 

by E.N.,

inesperto e impaurito


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