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La Grande Scommessa - La Recensione

Creato il 19 dicembre 2015 da Giordano Caputo
La Grande Scommessa - La RecensioneGuardi "La Grande Scommessa" e pensi ad Aaron Sorkin. Ci pensi per via di una sceneggiatura brillante, non propriamente incline a lui, eppure ottimo surrogato della sua vena logorroica e ficcante. Ma poi fai mente locale, un passo indietro e ti ricordi che dietro a quello che potrebbe essere uno dei lavori più interessanti degli ultimi anni c'è la mano di uno sceneggiatore e regista che, fino a poco tempo fa, era a totale uso e consumo di commedie demenziali, commedie nulla a pretendere come "Fratellastri a 40 Anni" e "Anchorman".
Lui è Adam McKay, un visionario, se vogliamo, la persona che ha pensato di raccontare al pubblico, in maniera documentaristica, ma anche di finzione, come la crisi economica mondiale esplosa nel 2008 fosse, in realtà, prevedibile e inevitabile, bastava aprire un secondo gli occhi, uscire dalla routine di superficialità costante e guardare attentamente determinati comportamenti. Un esercizio che sicuramente non poteva esser compiuto a dovere dal cittadino comune, ma che un gruppo di speculatori visionari ha seriamente colto al balzo e messo in pratica, scommettendo in netto anticipo sul crollo dell'economia americana per trarne profitto enorme nell'immediato futuro. Serviva esperienza nel settore, conoscenza profonda di quei termini wallstreetiani con cui ci sentiamo stupidi ogni qual volta entriamo in contatto, una preparazione insomma, non esattamente semplice, a cui Mckay per altro non intende rinunciare, ma provare a coprire, al massimo, con dei tutorial accelerati che semplificano, come meglio possono, ciò che un secondo prima ci sembrava arabo, o poco comprensibile. In questo modo "La Grande Scommessa" riesce a bilanciarsi perfettamente come opera fruibile e dedicata specialmente alla massa, un opera in cui i toni drammatici non smettono di darsi il cambio con quelli ironici e gli attori, di tanto in tanto, sfondano il muro della quarta parete per intavolare brevi accenni, scambi o ammiccamenti allo spettatore.
La Grande Scommessa - La RecensioneVuole questo, d'altronde McKay, coprire nel modo più efficace possibile quello scarto d'informazione che considera scorretto e volontario, con cui le grosse istituzioni hanno abusato della piena fiducia del cliente, muovendosi liberamente e facilitando il tracollo. Parliamo di un sistema fraudolento alla base, dove "due più due fa...pesce", governato dalle stesse persone che ci aveva fatto vedere più da vicino Martin Scorsese con "The Wolf Of Wall Street"e che, pur facendo un'altra strada, "La Grande Scommessa", intende andare a rievocare, ostentando un collegamento lecito quanto astuto: servendosi prima dell'aiuto di Margot Robbie (che ci spiega le obbligazioni ipotecarie in una vasca da bagno) e poi di una scena meravigliosa in cui due degli speculatori protagonisti, entrano in un palazzo pieno di uffici appena sgomberato e, guardandosi intorno, percepiscono di trovarsi all'interno di un luogo dove a lavorare era stata gente lontanissima dall'essere adulta. Tuttavia, a dispetto di quanto accade nel film su Jordan Belfort, la redenzione in questo caso non sembra essere parte del progetto, neppure sotto forma di magra consolazione pronta a premiare il pazzesco cinismo con cui l'eremita, fan metallaro, Christian Bale, l'irresistibile Steve Carell e la squadra giovane capitanata da Brad Pitt abbia saputo giocare d'anticipo, con fare pulito e lungimirante, sull'evoluzione delle circostanze.
Perché, e non è una scoperta, quando si tratta di banche e di istituzioni pesanti che rischiano il crollo, a pagare, è molto probabile, che sia sempre chi c'entra meno, chi è simbolo del più debole e del sacrificabile. Fattore di ingiustizia, questo, scatenante di quella rabbia che ha portato McKay fuori dal suo orticello, a contatto con il libro di Michael Lewis (in Italia uscito con il titolo "The Big Short - Il Grande Scoperto") e la sua trasposizione, esclamando la frase istintiva "se posso comprenderlo io, possono farlo anche gli altri" e svelandoci, dunque, il trucco di una magia che, non è detto, sia davvero stata abolita e condannata dai palcoscenici mondiali.
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