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La guida definitiva all’ospitalità negli squat e negli spazi occupati

Da Valeriadisagio

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Quando ero ragazzetta sono andata a fare la volontaria in un campo di sfollati a Foligno, in seguto al terremoto in Umbria del 1997.

Siccome che ero una misantropa sensibile e odiavo vecchi e bambini, non facevo nulla che avesse a che fare con le persone, ma mi prestavo volentieri ai lavori di fatica. Tipo fare il bucato nel gelido e viscido lavatoio per tutti gli altri volontari, passare il mordente sulle staccionate, fare piccoli lavori di manutenzione dei container e…. cucinare.

Non avevo mai cucinato prima e all’improvviso mi sono trovata in una grossa cucina da campo, a dover gestire una trentina di bocche affamate.

Madunnina, se ero ribelle...

Madunnina, se ero ribelle…

Ecco una foto della gloriosa squadra di volontari dell’I.T.P.A di Varese, nel lontano 1999 (credo). Io sono quella coi capelli bruciati dalla decolorazione che fa il dito.

La mattina presto i vecchi ci portavano le verdure degli orti dei campi adiacenti ed io mi mettevo a cucinare. Da allora – complice anche il sangue meridionale ed un’ansia tutta materno/sociale – non ho mai smesso di cucinare senza però imparare a calibrare bene le dosi. Se devo fare da mangiare per due, cucino per quattro. Se devo cucinare per quattro, cucino per sedici. Se devo cucinare per sedici cucino per mille. Se devo cucinare per venti, cucino per mille. Tutto inizia come la moltiplicazione delle cellelule attraverso il processo di mitosi, per poi finire coi conigli…

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Sì, è un po’ come ne “La Collina dei Conigli” di Richard Adams, in cui i conigli sanno contare fino a quattro e poi c’è un generale “Hrair” che vuol dire mille… io non riesco a concepire il cucinare il giusto. O cucino troppo o non cucino. Io cucino MILLE! Entro in modalità Berserker e non riesco più ad arrestarmi e per quanto abbia programmato tutto, quando mancano poche ore all’occasione mondana di turno, mi sale un’angoscia atavica e primordiale che mi sega le gambe e mi chiude lo stomaco. Mi guardo intorno e vedo persone che presto moriranno di fame. La loro sopravvivenza dipende dalla mia capacità di nutrirli bene e tanto.

Ecco allora che negli anni mi sono fatta una certa fama e ciclicamente, mi capita di trovarmi tra i volontari del “servizio catering” di spazi occupati, squat, realtà autogestite et simili…

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Di seguito vi riporterò un memorandum/guida definitiva di come sfangarsela in situazioni del tipo: orda di punx affamati e squattrinati, con plotone di gruppi che suonano in cambio di tanto affetto (e che meritano almeno un pasto decente), per un non precisato benefit a sostegno di una causa X, senza la possibilità di scaldare alcunché.

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Regola n°1 – La peperonata

Peperoni will save us. Il peperone è l’ortaggio più crust del mondo. Il carciofo è street punk. Il peperone è crust.

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La peperonata è la cosa più facile da fare al mondo. Triti cipolla, tagli a pezzi i peperoni, butti dentro ad una pentola. Metti acqua, salsa, olive, caperi, sali, pepi e via… Ogni tanto giri, ma anche se si brucia fa niente. E poi è buona anche fredda.

Al mercato, un chilo di peperoni di seconda scelta (quelli più bruttini e deformi tipo Toxie – Il vendicatore tossico – della Troma) vanno ad un euro, qui al nord Italia, nello schifo di regione fanta-insubrica.

I  capperi ORTOMIO (quelli con Michele Misseri sulla targhetta) in aceto di vino, costano sui 7-8 euri al chilo.

Per le olive ci sono le uber-confezioni. A scelta… o le olive BARESA – senza nocciolo [LIDL]- o quelle VARIAGUSTO che si trovano ciclicamente in offerta al Penny Market.

Per la salsa, fate voi. Va bene sia la ORTOMIO, che la salsa indipendentista basca (DO)NOSTIA [LIDL]. Che tanto il peperone e la prolungata cottura azzerano persino la peggio acidità corrosiva.

Costo totale per chilo di peperonata = 2-3 € (arrotondando per eccesso che ci metto dentro pure il gas)

Regola n°2 – Il Pane

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Il pane riempie la panza. Il carboidrato mette di buon umore. Prendete tanto tantissimo pane. Male che vada, se avanza, ci si possono fare molte cose carine. Col pane. Tipo torte di pane. Tipo pan grattato. Tipo sculture con la mollica e la saliva, come uomini e donne malati di mente chiusi per decenni in isolamento in un ospedale psichiatrico scozzese. Stai lì… ciucci un po’ la mollica e fai le sculture. Chessò… le dodici tappe della passione di Cristo o tutti i personaggi di Star Wars.

Se non riuscite a stabilire una convenzione con un panettiere di fiducia, fottetegli il pane vecchio fuori dalla bottega. Se non avete il tempo e il passamontagna per fare il colpo, andate al discount.

Correte come Atreiu che attraversa la porta degli Enigmi, con le Sfingi bulle e nonniste che prevaricano gli insicuri, quando passate davanti allo stand del pane fresco della Lidl. Andate al Todis, che vendono grandi sacchetti di pane con su scritto “per uso zootecnico”, ma tanto voi siete bestie peggio delle galline e dei bovini e quindi va bene anche per voi. …è un po’ duretto, ma chissene.

Regola n°3 – L’Hummus
bogoweb - Copia

Il grande classico dei meglio buffet-catering dei peggio squat. Per una semplice ragione: è davvero davvero difficile fare un cattivo hummus. O cosocheconvenzionalmentechiamiamohummus, manondirloaicompagniarabi. Piace agli onnivori, come ai vegani. Fa effetto CIF sotto i denti, cosa che ci spinge a ravanarci con la lingua per parecchio tempo ed evitare dunque, di dire stronzate in quel frangente. E non è roba da poco, ogni tanto, godersi il silenzio.

In ogni caso suggerisco di prendere i ceci CAMPO LARGO [LIDL] - 29 cent a barattolo. Frullate con olio, aglio, limone, un pochetto di acqua. Facile, facile. E chi dice che l’hummus senza tahina, non è hummus, che peste lo colga. Di certo il bassista ubriaco di Finkbrau, che si è fatto qualche centinaio di chilometri per essere lì, alle cinque del pomeriggio per fare il souncheck e probabilmente suonerà alle tre di notte, non si lamenterà di certo dell’assenza di tahina nell’hummus. Se però siete dei puristi, ma non avete la tahina, frullate semi di sesamo e olio di oliva e fate un balletto sul posto, perché i semi di sesamo sono una cosa meravigliosa per cui vale la pena vivere. Divertitevi a mischiare spezie ed aromi e create differenti nuances di hummus, dal rosso limaccia con la paprika, al verde dentifricio col prezzemolo.

Costo totale per un chilo di hummus = meno di 1€.

Regola n° 4 – L’insalata di farro con le verdure

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L’insalata di riso fa schifo. L’insalata di farro invece è buonissima. Perché? Colpa di Ferragosto, delle vostre madri e delle vostre zie.

Alla maggior parte degli uomini fa schifo il farro. Basta dire “farro” per assistere a smorfie e mugugni, che manco gli stessero per uscire i tentacoli di Chtulhu dagli orifizi. Perché? Sicuramente è colpa di Ferragosto, delle vostre madri e delle vostre zie.

Eppure l’insalata di farro più buona che abbia mai mangiato nella mia vita, l’ha fatta un mio amico che è pure un farabutto.

Il senso dell’insalata di farro è che anche se scuoce non se ne accorge nessuno ed è buona sia fredda, che calda, che tiepidia. O non è buona ne’ calda, ne’ fredda e ne’ tiepida, se siete “quel” tipo di maschio. Largo alla fantasia e alla creatività, comunque.

C’è la variante con la rucola, le zucchine e le olive taggiasche (ma quest’ultime costicchiano). C’è la versione classica con la rucola e i pomodorini. C’è la versione ambigua con i peperoni, le zucchine e i pomodorini.

Insomma… quello che conta è che potete semplicemente usare parte di ciò che avete già usato (peperoni, capperi, olive, ceci per esempio) e metterli nel farro e avrete ottenuto un’ottima insalata di farro con le verdure.

Il farro (o l’orzo) prendetelo all’Eurospin. Marca “Sunny Nature”. Costo… circa 1,99 € per 500 grammi.

legalbassa - Copia

Costo totale di un chilo di insalata di farro = lo sa solo il dio sole che distribuisce le sue delizie per intercessione del profeta Eurospin. Anche perché dipende da quello che ci mettete dentro, diciamo – arrotondando per eccesso – un 4/5 € al chilo? 

Regola n° 5 – La Pasta

La regola numero cinque sulla pasta, è che non bisogna MAI fare la pasta. Siate onesti con voi stessi. Avete mai mangiato della pasta buona cucinate in uno squat e/o spazio occupato? Io no, personalmente. La migliore pastasciutta che abbia mai mangiato in un contesto del genere è stato al Forte Guercio ad Alessandria. Ed era della pasta con cavolo lesso e patate bollite, condita con olio per friggere, durante un concerto grind.

bruciapriggione - Copia
Di solito se suoni e fai parte di un gruppo o se arrivi presto, può capitare di mangiare della pasta appena fatta e condita come si deve (al Boccaccio di Monza se la cavicchiano mica male coi ragù vegetali), ma se arrivi tardi e l’orario prestabilito è passato da un pezzo… dimenticati la pasta. La pasta inoltre ha un grado di dispersione del calore davvero impressionante. Neanche un Polaretto appena tirato fuori dal congelatore, riesce a dare quella sensazione di freddo e desolazione nelle membra, come della brutta pasta scotta ghiacciata e gommosa. Considerando il fattore medio di miseria et umiltà del pacco di pasta da cinque chili che di solito si acquista in queste occasioni (il gradino dopo è la pasta per i cani grossi come muli), ecco… il tutto lascia davvero a desiderare.

Regola n° 6 – La fagiolata

Stessa cosa della pasta. Dimentica i fagioli, zio… sì, sono buoni! E quelli CAMPO LARGO della Lidl costano pure poco, ma… ma… a meno che tu non voglia farci una bella insalata fredda con la cipolla… LASCIA STARE QUEI CAZZO DI FAGIOLI, lì, dove li hai trovati. Lascialì lì, tra le mani di Bud Spencer e Terence Hill.

antifaclash - Copia
La fagiolata, una volta raffreddata, assume immediatamente la compatezza di una Morositas (o Goleador) sotto i denti. E poi il colore… vogliamo parlare del marrone. Non si dovrebbero mangiare cose marroni. Mai.

Regola n° 7 – Le schifezze

Dove per schifezze s’intende sacchetti di patatine, estrusi al formaggio, pop corn e simili. Sono un grande classico. Non possono mai mancare. Consumare una cena a base di patatine rigate nel sacchetto e pop corn salatissimi, dona un senso di ribellione e nichilismo che non ha pari. Controllate gli ingredienti: le simil-patatine al formaggio e/o bacon molto spesso non hanno neanche bene in mente cosa siano le patate, figuriamo il bacon o il formaggio. Ed infatti apprezzo l’Eurospin o la linea “Euro che ride” della Coop dell’Est, che in pieno spirito da DDR, li appella “estrusi”, dal momento che si tratta di polverine messe assieme in una macchina, paciugate con le manine dei robot (come quando si facevano le polpette con la sabbia al mare) ed estruse dagli orifizi dei robot, sul nastro trasportatore robot. Le migliori sono le Crusti Croc [LIDL], ma vanno bene anche le Fidel dell’Esselunga che sono prodotte nello stesso stabilimento delle Amica Chips.

Regola n° 8 – Le stoviglie

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I piatti di plastica sono il male. Costano molto e non reggono un cazzo. Fate lo sforzo di raccattare il maggior numero di piatti di ceramica. Nessun bravo ragazzo anarco-libertario si rifiuterà mai di lavare il suo piatto, se gli verrà data la possibilità. Su, dai… che non è poi così difficile impegnarsi a non riempire di merda e plastica il globo terracqueo. Questo perché siamo dei marcioni e non ci possiamo permettere i piatti in MaterBi che sono buoni con la terra. In ogni caso… abbasso l’usa&getta ed evviva i piatti delle nonne morte. E vi ricordate che belli i piatti della raccolta punti del GS? Quelli con le farfalline blu che s’inseguivano sul bordo. Ce li avevamo tutti, noi… in quel delle Bustecche a Varese, alla fine degli anni Ottanta.

Regola n° 9 – Il dolce

Che per quanto mi sia scagliata, in passato, contro i cupcakes – o meglio – la cosiddetta letteratura per donne sulla trentina (come me) che grazie ai cupcakes ritrovano loro stesse (o forse dicono cupcakes per dire sex toys ed io sono un’ingenua), sappiamo che l’arte del fare i dolci può essere assai propositiva per la militanza.  Non ci può essere raduno anarco-punk senza muffins vegani. Vi rimando qui per tutto quello che c’è da sapere.

Regola n° 10 – I liquorini autoprodotti

Partendo dal presupposto che per “autoproduzione” non intendo la distillazione dell’alcol – anche se avevo visto un documentario in tv sui carcerati che si autoproducevano i liquori facendo marcire le bucce della frutta – cercate sull’internet e troverete molte preziose dritte sulla sacra arte del liquorino d.i.y.

Perché? Perché se state organizzando un benefit o se abitate in uno spazio occupato e avete bisogno di tirare su due soldi per le spese, i liquorini sono l’ideale. Costo bassissimo di produzione e massima resa. Anche perché fate affidamento ai migliori consumatori che si possono desiderare: gli ubriaconi, che sono addirittura meglio dei tossicodipedenti che ogni tanto muorono o vanno al SerT.

Gli ubriaconi perdono il senso di attaccamento al vile denaro molto presto. Gli ubriaconi vogliono condividere la loro gioia con altri ubriaconi. Gli ubriaconi non bevono mai da soli.

CONCLUSIONE

Cucinate bene, cucinate tutti. Ciao.

P.S. Ed un grazie grosso grossissimo a ZeroCalcare e ai suoi disegnini carini.

 

La guida definitiva all’ospitalità negli squat e negli spazi occupati

BIO Valeria Disagio

Valeria è nata a Varese nel 1982. Esordisce nel 2005 con il romanzo Casseur e partecipa a diverse raccolte di racconti. Vive nei boschi. Ha tre gatti. Attualmente disoccupata. È fondatrice e curatrice del blog “Discount or Die”. / Cura una fanzine www.nihilismi.wordpress.com / Partecipa al collettivo eco-anarcho-romantic-punx Kalashnikov Collective, scrivendo cose e cantando http://kalashnikov-collective.blogspot.it/


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