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La legge della natura: punire l’educatore, assolvere l’omofobia

Creato il 21 febbraio 2011 da Fabry2010

La legge della natura: punire l’educatore, assolvere l’omofobia

IL FATTO: Il 28.01.2006 l’insegnante Giuseppina Valido di una scuola media di Palermo, scopre che due suoi alunni hanno impedito a un terzo, che viene preso spesso in giro per la sua ‘delicatezza’ (lo chiamano Jonathan, un concorrente ‘delicato’ del Grande Fratello), di entrare nel bagno dei maschi dandogli della femmina e del gay.
La professoressa racconta a tutta la classe la situazione accaduta. Illustra le origini del termine gay e spiega che l’episodio è avvenuto perché le cose non si conoscono. Nascono, quindi, da ignoranza, deficienza. Uno dei due bulletti comprende e chiede scusa. L’altro non demorde. L’insegnante gli fa scrivere sul quaderno 100 volte “sono un deficiente” e invia un messaggio al padre del ragazzo, invitandolo a presentarsi a scuola per discutere l’accaduto. Il genitore non si fa vivo. In compenso, la professoressa riceve dal genitore una denuncia per aver ‘traumatizzato suo figlio’ che è ‘dovuto andare in terapia psicologica’.
Dopo un anno, Giuseppina Valido viene processata e assolta dall’accusa di aver abusato di mezzi disciplinari e di aver causato danni psicologici al ragazzo (la sentenza la trovate qua: www.movimentoperlagiustizia.it/diritto-penale/520.html). Il padre del ragazzo ricorre in appello. Il PM chiede 14 gg di carcere. In maniera del tutto inaspettata, l’appello vede accogliere le istanze del genitore del ragazzo. La sentenza, tra l’altro, va ben oltre la richiesta del PM: la professoressa è condannata a un anno di carcere con la condizionale (condanna sospesa).
IL LINK: Spiega un po’ di cose sulla faccenda e come l’hanno affrontata alcuni giornalisti: www.elementidicriticaomosessuale.blogspot.com/2011/02/giuseppina-valido-condannata-in appello.html.

LA DISCUSSIONE: Sulla mia pagina facebook c’è stata un’accesa discussione alla mia segnalazione di questo articolo: www.mosinforma.org/2011/corte-dappello-palermitana-a-favore-dellomofobia. In pratica, due schieramenti. Il primo pone l’accento sui modi ‘non ortodossi’ dell’insegnante che – a detta di questi commentatori – non ha saputo affrontare la situazione in modo corretto. Il secondo schieramento fa leva invece sul disagio del ragazzo preso di mira e difende il comportamento dell’insegnante.
In sintesi, vi riporto qualche commento.

Lalla C.: Credo che la condanna sia giusta. Un insegnante che voglia punire una violenza non aggiunge violenza. Sono metodi ottocenteschi, orrendi e che alimentano odio e risentimento. Additare al pubblico ludibrio un ragazzo omofobo non farà di lui un cittadino rispettoso, ne acuirà la parte malata.
Klaudia L.: Magari non è il massimo sul piano pedagogico, ma almeno ha fatto qualcosa… Sapete quanti fanno finta di niente, si girano dall’altra parte… E dopo questa sentenza lo faranno tutti!
Daniela C.: Io sono mamma di figlio che è stato vittima di bullismo. So cos’è quando tuo figlio vomita e ti confessa che lo mettono in un angolo tutti i giorni e lo prendono per le orecchie a sventola, lasciando i lividi. So cos’è ricevere la telefonata della preside che ti dice: “suo figlio deve svegliarsi e imparare a difendersi”.
Vincenzo S.: Molto subdolamente, una professoressa sa che non vai dai tuoi genitori a dire “a scuola mi chiamano tutti frocio”, per uno strisciante senso di colpa. Mentre invece andare dai tuoi a dire “a scuola mi hanno punito perchè ho chiamato per scherzo frocio un compagno” ha tutta un’altra musica.
Marcella L.: Avevo letto ieri di questo caso. Secondo me un anno è pura follia e dò la mia piena solidarità all’insegnante. Non penso nemmeno che lei abbia additato il bullo omofobo al pubblico ludibrio: voleva fargli solo capire d’essersi comportato da idiota.
Julien C.: Per l’insegnante la parola “deficiente” non è offensiva per un discorso etimologico. Penso che un ragazzo che compia atti di bullismo non abbia la capacità critica di capirlo. Lui è stato costretto a offendere sé stesso, subendo una degradazione. Non lo trovo educativo per niente.
Mariagrazia R.: La vera rivoluzione sta nel cambiare lo sguardo sulla realtà, nell’insegnare ai ragazzi a pensare con la propria testa e usare il cuore, e questo si può fare solo con il rispetto. Per insegnare il rispetto non bisogna MAI cedere al non rispetto. Altrimenti un insegnante è solo uno che passa delle notizie e non un educatore. […] La sentenza non è a favore dell’omofobia, ma contro un comportamento professionalmente sbagliato.
Renata Di M.: Credo sia molto grave se l’insegnante non consideri entrambi vittime perché il bullo non può essere liquidato con una punizione, e l’altro non rafforzerà la sua “resistenza sociale” alle difficoltà e pensare che debba esserci sempre qualcuno che lo difende!

LA MIA OPINIONE:
Diciamo che sarei pure d’accordo con Lalla C. Ma allora, col bulletto (portatore di un sintomo sociale e anche familiare) come ci comportiamo? E quali leggi tutelano il ragazzo invece che si è dovuto pisciare sotto (in tutti sensi) perché era una ‘femminuccia’ e non poteva entrare in bagno?
Non tutti hanno gli stessi mezzi, la stessa rabbia, la stessa forza per poter reagire, e comprendo come può sentirsi Daniela C. quando lo stesso preside ti dice che tuo figlio deve ‘svegliarsi’.
Non si può affidare al solo educatore il compito di sopperire alla mancanza di quelle informazioni che facciano crescere in un mondo tollerante, né si può biasimare lo stesso educatore se sceglie poi un metodo poco ortodosso per sopperire alla mancanza di principi civili che dovrebbero, tra l’altro, essere patrimonio ‘anche’ del genitore del bulletto. Qui si tratta di costruire una mentalità civile e tollerante, mica cosa da poco.
Ma queste possono essere opinioni, e lasciano il tempo che trovano.
Quello che è grave, invece, è il fatto che la Corte D’appello pensa di dover e poter condannare un insegnante per aver abusato dei suoi mezzi educativi e non tiene conto dell’impatto sociologico, e dell’impatto che una tale sentenza ha a Palermo (che non è proprio Amsterdam, eh).
Tra i due mali, omofobia-bullismo e abuso mezzo educativo, e in considerazione di quello che ha ‘abusato’ l’insegnante (niente di più di quello che facevano i nostri insegnanti nel ’76, ad esempio), qual è il male peggiore? Per la Corte D’appello è l’educatore che ha sbagliato. Va bene, ci possiamo anche stare. Ma al bulletto nulla, neanche un ‘non si fa, cattivone’. Una sentenza, diciamo così, machista.
Verranno tempi migliori, piano piano, ha detto qualcuno nei commenti di cui sopra.
Ma tra il dire e il fare, penso, c’è di mezzo la vita, la serenità, l’integrazione di un ragazzo che non deve e non può aspettare che i tempi cambino. Ha bisogno di un segnale immediato. E questo segnale l’insegnante (pur non essendo figlia di Maria Montessori) l’ha dato.
Pur volendo comprendere la posizione della Corte D’appello, perché allora non punire – anche nominalmente (tramite una sanzione al padre, che so) – il ragazzino bullo? Se fosse stato così, ci sarebbe stata una sorta di giustizia, oltre alla divulgazione di una coscienza tollerante e l’indicazione precisa che certi atteggiamenti vengono perseguiti… O no?
La sentenza, così com’è, legittima il comportamento del ragazzino e delegittima il ruolo dell’educatore. L’insegnante, la prossima volta, ci penserà due volte prima di prendere un qualsiasi provvedimento. Il ragazzo ci penserà due volte prima di dire chi lo insulta.



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