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La liberalizzazione delle farmacie

Creato il 15 gennaio 2012 da Speradisole

LA LIBERALIZZAZIONE DELLE FARMACIE 

LA LIBERALIZZAZIONE DELLE FARMACIE
La proposta di liberalizzazione delle farmacie che attualmente si legge sulla stampa e che è uscita dalle solite indiscrezioni è questa: “Una farmacia ogni 3.000 abitanti. Il numero delle autorizzazioni è stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 3.000 abitanti. Nelle Regioni con numero di farmacie inferiore al fabbisogno stimato, i farmaci di fascia C potranno essere venduti anche negli esercizi commerciali”.

 Non è una liberalizzazione, ma una  semplice modifica della legge vigente n.475/68 che prevede una farmacia ogni 5.000 abitanti nei comuni fino a 12.500 abitanti, ed una ogni 4.000 abitanti negli altri comuni e che una farmacia non può essere aperta a meno di 200 metri di distanza da un’altra. 

Abbassare semplicemente il numero degli abitanti a 3.000, quale criterio per aprire una farmacia significa avere poche farmacie in più, ma tutte inserite nella pianta organica gestita dalle Regioni o dalle Provincie a seconda della legislazione locale.

Attualmente le farmacie in Italia sono 16.000. Con la pseudo-liberalizzazione annunciata se ne apriranno altre 6-7000 forse.

Queste poche farmacie “in più” saranno in pianta organica,  a tutti gli effetti,  non si faranno concorrenza tra di loro, ma continueranno a vendere i farmaci, anche quelli non a carico del Servizio sanitario, e senza ricetta medica al prezzo consigliato dalle ditte produttrici. http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/il-prezzo-dei-farmaci

Nessuna concorrenza quindi, ma solo qualche punto di vendita in più.

Perciò una liberalizzazione, come quella annunciata è un semplice ritocco alla legge vigente.

La vera liberalizzazione consiste nel permettere che altri punti vendita (parafarmacie e centri commerciali) possano vendere al pubblico tutti i prodotti farmaceutici di fascia C,  quindi tutti i prodotti farmaceutici che sono a carico del cittadino, con le caratteristiche della concorrenza, come quella di offrire gli stessi prodotti a minor costo.

Questi punti vendita garantiscono la qualità e la correttezza del servizio con la presenza del farmacista, che è un laureato uguale a quello presente nelle farmacie, è iscritto all’Ordine professionale, ha gli stessi obblighi, gli stessi doveri e rispetta lo stesso codice deontologico della professione.  

Ciò che tutela il cittadino nell’acquisto di un farmaco non è dato dai muri della farmacia, ma dalla presenza del farmacista comunque e dovunque.

 La legge 475 del 1968, concesse ai titolari di farmacia la possibilità di vendere l’esercizio riformando la legge Giolitti (1913), che invece prevedeva che  la «concessione governativa» fosse “ad personam”,  e “ad vitam” (la farmacia non poteva essere acquistata, venduta, trasferita per successione o a qualsiasi altro titolo. La titolarità poteva essere conseguita esclusivamente per concorso pubblico, espletato sulla base dei soli titoli di carriera e di servizio dei partecipanti. La concessione, che poteva essere revocata in qualsiasi momento nelle ipotesi previste dalla legge, durava quanto la vita del titolare).

Con la possibilità di vendere le farmacie queste assunsero un connotato “commerciale” e non più solo sanitario, con l’esercizio commerciale si poteva vendere anche la concessione governativa ad personam  e non più “ad vitam”. Con successive leggi del 1982, e del 1991, la cosa peggiorò ancora in quanto la concessione poteva essere data anche a società,  la farmacia perdette quindi anche  il senso della concessione ad personam.

Tutte le leggi succedutesi nel tempo hanno sempre previsto una evoluzione della farmacia in senso commerciale, con un’economia protetta che al giorno d’oggi non ha più senso.

Per fare un esempio, le farmacie comunali di Bologna, tutte, eccetto quella di Piazza Maggiore, sono state vendute ad una multinazionale tedesca. La Farmacia comunale vicino a casa mia ora si chiama Dott. Morris.Si è liberalizzato la titolarità della farmacia.

E’ tempo ormai di liberalizzare anche il servizio, consentendo la libera vendita del farmaci a carico del cittadini in altri punti di vendita rispetto alle farmacie. Aprirne altre perché si comportino allo stesso modo, non è una liberalizzazione.

L’assistenza farmaceutica a carico del servizio sanitario nazionale, viene erogata attraverso le farmacie pubbliche e private, tutte “convenzionate”(art.28 legge 833/1978), quindi nulla cambia per il cittadino assistito dal servizio sanitario nazionale, ma cambierebbe molto per lo stesso cittadino, in termini di spesa,  nel momento in cui, avendo bisogno di altri farmaci non erogabili dal servizio sanitario, potesse usufruire di più servizi a minor costo, con la stessa  garanzia, tutela e qualità.

Ciò che rafforzerebbe la farmacia o il sistema della farmacia è la sua maggiore integrazione con servizio sanitario, sopperendo a quelle che sono le carenze del sistema stesso sul territorio. Il sistema “farmacie” va ripensato nella direzione di avere sempre di più una farmacia dei servizi integrata nel servizio sanitario nazionale, presidio di salute pubblica e punto di riferimento dei servizi di medicina territoriale. Quindi non solo farmaci da vendere, (oppure occhiali, calzature, cosmetici, alimenti, omeopatici, giocattoli, ecc.) ma più servizi.



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