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La libertà negata ai venezuelani da Hugo Chavez: morire di fame

Creato il 12 ottobre 2012 da Fabergreen
Fabrizio Verde - 12 ottobre 2012

L’unica libertà negata al popolo venezuelano è quella di morire di fame al contrario di quanto avviene quotidianamente nei democratici Usa e in Europa

La libertà negata ai venezuelani da Hugo Chavez: morire di fame
La nuova vittoria elettorale di Hugo Chavez e del suo Gran Polo Patriotico con alla testa il Psuv permettaranno al Venezuela di continuare a percorrere la strada intrapresa nel 1999 quando con l’ascesa al potere dell’ex colonnello prese corpo la “rivoluzione bolivariana” per edificare il “socialismo del XXI secolo”. Un’ancora di salvezza per una nazione sull’orlo del baratro, soffocata dalle folli politiche basate sul liberismo selvaggio imposte dal Fondo Monetario Internazionale e da chi sino ad allora era abituato a trattare l’America Latina con l’arroganza di chi la considera come il proprio “cortile di casa” secondo i dettami della dottrina Monroe e del corollario di Roosevelt. Con Chavez, però, schieratosi subito al fianco di Cuba – il Caimano Verde che da oltre mezzo secolo resiste fiero a un tiro di schioppo dall’arrogante impero nordamericano – è iniziato il risveglio del subcontinente americano per promuovere l’indipendenza dei popoli dallo sfruttamento neocoloniale statunitense.

Scontate per un lettore non superficiale dei fatti, le reazioni stizzite, piene di livore, condite dalle solite menzogne, che piombano sul Comandante Chavez da gran parte dei media italiani notoriamente molto sensibili, per non dire proni, ai dettami provenienti da Washington. Spiccano in merito l’ineffabile Omero Ciai di Repubblica, Gianni Riotta, Massimo Cavallini, tutti in maniera evidente orfani del Venezuela che fu: una semi-colonia i cui profitti derivanti dalle ingenti risorse nazionali non andavano a migliorare le condizioni materiali di vita delle classi meno abbienti, ma bensì nelle tasche dell’asservita borghesia e delle solite multinazionali. Le accuse abbiamo ormai imparato a conoscerle: il “dittatore” Chavez non rispetta i diritti umani, riduce al silenzio ogni opposizione, controlla gli organi d’informazione, nega le libertà fondamentali. Affermazioni maldestre, fasulle, che trovano adeguata risposta nelle parole pronunciate dall’ex presidente brasiliano Lula, amico e compagno di Hugo Chavez: «Se qualcuno vuole vedere come funziona una vera democrazia, che vada in Venezuela».

A ben vedere, tra le righe di questi nuovi crociati della menzogna, un fondo di verità affiora: nella Repubblica Bolivariana del Venezuela non si è più liberi di morire di fame, come quotidianamente avviene nei democratici Stati Uniti d’America dove i poveri sono diventati 50 milioni o nel cuore della Vecchia Europa i cui popoli sono massacrati dalle ottuse e fasciste misure d’austerity sperimentate in Sudamerica e rigettate tanto che la destra neoliberale è costretta a mascherarsi dietro una mendace fraseologia di sinistra, come nel caso dell’ex golpista Capriles. Un aumento della fame nei paesi ricchi sanzionato finanche dal rapporto «The State of the Food Insecurity in the world 2012» presentato congiuntamente da tre agenzie delle Nazioni Unite, FAO (Organizzazione delle Nazione Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura), IFAD (Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo) e PAM (Programma Alimentare Mondiale). Come d’altronde avveniva nel democratico, liberale e liberista Venezuela quando a dettar legge erano i pasdaran del libero mercato del Fondo Monetario Internazionale, e la povertà toccava il 50% della popolazione.

Secondo i dati della Banca Mondiale – noto organo bolscevico per gli Omero Ciai e i Cavallini di turno – in dieci anni di chavismo il tasso di povertà si è ridotto del 22%, il miglior risultato dell’intero Sudamerica dietro l’Ecuador che segna un meno 26%. Le risorse derivanti dall’aumento del prezzo dell’oro nero per la prima volta vengono utilizzate per fornire assistenza medica gratuita a tutta la popolazione, aumentare il salario minimo, diminuire l’orario di lavoro, permettere ai giovani di studiare, fornire un alloggio dignitoso, adottare una politica fiscale di vantaggio per i ceti più deboli. Una politica redistributiva di transizione al socialismo che ha comportato un tangibile miglioramento delle condizioni di vita per il proletariato e la classe media. Tanto che il Venezuela bolivariano, nonostante le permanenti contraddizioni, grazie a una siffatta politica risulta essere il paese della regione con meno disuguaglianze come riconosciuto addirittura dalla destrorsa Fox News statunitense.

Alcuni dati vengono a conferma di tali affermazioni: l’estrema povertà è scesa all’8%, mentre il reddito pro capite è salito da 8500 a 12700 dollari. Aumenta l’occupazione con i dipendenti pubblici che passano da 1 milione a 2,5 milioni, una vera e propria bestemmia nell’Europa dominata dal liberismo selvaggio. Si vive mediamente più a lungo visto che nel 1998 l’aspettativa di vita che era di 72 anni, adesso è di 75 anni. Con una popolazione che aumenta sempre in un decennio di 3 milioni di unità.

Continuino pure a strepitare i cani da guardia dell’impero e del capitale finanziario mentre la Repubblica bolivariana, nazione libera e sovrana, seguendo l’esempio dell’eroica Cuba, continua sulla strada dell’edificazione del socialismo del XXI secolo. Esempio e speranza per il popoli del mondo intero.

Articolo scritto per Cubadebate

Parole chiave: chavez + lotta povertà + petrolio + Rivoluzione Bolivariana + Socialismo

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