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La lumaca al bivio.

Creato il 02 marzo 2013 da Ilditomedio @IDMArtBlog

Un’intera società fatta di cittadini ed istituzioni si è mossa fino ad ora con il lento e strisciante movimento di una lumaca. Lasciando dietro a sé un’informe sbavatura di intolleranze, insoddisfazioni e inefficienze che rischiano di incollare intere generazioni future alla scomposta realtà che stiamo vivendo in questo inizio di millennio.

Eppure anche la lumaca è arrivata ad un bivio. Due strade molto chiare si pongono come scelta da intraprendere.

La prima è una strada che pian piano si ripete. Uguale a se stessa. In cui le abili forme di comunicazione mediatica costruiscono giorno per giorno umori e malumori, paure e felicità, gioie e dolori. Immagini inconsistenti, parole decontestualizzate, collage fonetici e colonne sonore suadenti faranno da sfondo alle nostre sempre più gravi depressioni bipolari.

Come fanatici ci accaloreremo quando il pannello luminoso “applausi” sarà acceso. Da teatranti e comparse di quart’ordine esprimeremo un dissenso volgare al solo cenno della maestranza preposta al Coordinamento delle Pubbliche Opinioni.

La Cultura imposta è da regime. Lo sappiamo. E sappiamo anche quanto sia difficile procedere per esclusione nella valutazione della libertà di pensiero in un sistema sociale. Si finisce inevitabilmente a osservare che solo l’anarchia (secondo la definizione canonica) procede verso una reale libertà di pensiero. E la lumaca che procede nella direzione della prima via teme il concetto di anarchia. Lo teme perché l’immagine ad esso associata è quella del “nemico della società civile”. Eppure molti, moltissimi Artisti sono stati (e sono tuttora) “Anarchici” nel loro pensiero e nel loro gesto artistico. Senza che, fortunatamente, venissero additati a nemici del popolo o della società (tranne nei casi più noti e tragici accaduti sotto regimi totalitari acclarati). Procedere per questa via significa accettare una cultura predigerita e via via sempre più impoverita (ad arte) delle sue componenti più di valore: onestà e verità. Una cultura disonesta è una cultura sponsorizzata commercialmente. Una cultura che si presta a convogliare acriticamente concetti virali tendenti alla perpetua insoddisfazione. Che appiattisce il sapere invece di stimolarne l’accrescimento e la diversificazione mediante la fornitura di strumenti intellettuali che favoriscano la critica costruttiva e la conseguente rivoluzione (movimento repentino di cambiamento) delle idee chiave quando le vecchie non sono più utili.

Una cultura falsa – non occorrerebbe ribadirlo – è quella in cui ai bisogni reali dei singoli si sostituiscono i bisogni posticci di gruppi limitati rivolti alla spartizione iniqua del sovraprofitto (in senso ampio) generato.

E non pensi – chi la propone come pacifica panacea a tutti i mali – che la globalizzazione degli strumenti del sapere sia essa stessa contemporaneamente strumento e fine della rivoluzione culturale. L’accessibilità ad una mole impressionante di informazioni, senza la necessaria apertura mentale ed intellettuale, rischia di creare blocchi decisionali e fallimenti culturali. Apprezziamo la scelta di agevolare le interconnessioni. Ma la apprezzeremmo ancor di più se garantita in un contesto di reale libertà di pensiero. Altrimenti si ridurrebbe ad un potente strumento di controllo delle informazioni, ancora più pericoloso di un migliaio di manifesti gettati sopra una paesino di campagna da un aviatore in vena di gesti eroico-culturali.

La lumaca può però, con la stessa lentezza che l’ha sempre contraddistinta, imboccare l’altra via. Quella differente. Quella al cui orizzonte si profilano nebbie stagionali e qualche scroscio di acque pulite. Una via che preveda un paesaggio di ricostruzione della capacità intellettiva di ogni singolo partecipante al cammino attraverso, ad esempio, la condivisione della convinzione che la dignità dell’essere umano non risiede nella sua capacità di sopravvivere a discapito del vicino di guscio, ma nella collaborazione nell’affrontare la complessità di un mondo circostante che è un dato di fatto per tutti e per ciascuno.

Per questa via, forse, la lumaca inizierebbe ad evolversi. Smetterebbe di strisciare per sollevarsi dignitosamente su quattro, due zampe per forse, poi, dismettere anche quelle.

Siamo al confine tra due epoche, tra due ere sociali. E nonostante la nostra passata, goffa e grottesca lentezza nel comprendere e muoversi siamo ancora in grado di intravedere le lusinghe di un futuro scevro da condizionamenti e contraddistinto dall’elevazione della singolarità intellettuale a punto di riferimento. Dove la società è costituita da tante individualità coscienti, capaci e volontariamente tese verso obiettivi condivisi e cumulativamente utili. La culturalizzazione degli individui diventa allora fondamentale per un’evoluzione/rivoluzione.

La Cultura e l’Arte si eleggono a strumenti per l’identificazione del sé attraverso cui singolarità e collettività si confondono in un unico impeto verso il miglioramento delle condizioni di vita di tutti, non tralasciando alcuno.

Siamo stati e siamo ancora lente lumache che ritraggono le loro antenne per timore di vedere poco più in là del proprio cammino. Ma questo non è detto che debba piacerci o debba persistere nel futuro, soprattutto prossimo. Abbiamo forti responsabilità verso le future generazioni, quelle presenti e verso noi stessi. Che sia l’anelito culturale di ciascuno a farci ritrovare la volontà di esprimere con pacata forza il nostro diritto ad un’equità non imposta ma sentita, ad un intelletto non predigerito ma ancora fibroso e da sezionare con il tagliente filo della lama della nostra ragione.

IDM Dixit



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