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La luna di Cesare Pavese e quella del dottor Morino

Creato il 17 ottobre 2010 da Fabry2010

Santo Stefano Belbo. Ci sarà anche il medico acquese Gianfranco Morino tra i vincitori del Premio “Pavese 2010”, nella giornata di gala in programma alle ore 18 di sabato 28 agosto, presso la casa natale.

Ma, prima di soffermarci sul nostro concittadino, impegnato a Nairobi, nell’ambito delle iniziative World Friends, non possiamo non segnalare l’interessante preludio alla manifestazione di sabato 28 (ore 21.30, Cortile dell’Agriturismo Gallina, appena fuori il paese).

Grande l’attesa per l’incontro di cui sarà protagonista Margherita Hack, chiamata a dialogare insieme con Giovanna Romanelli (presidente della Giuria del Premio) sulle stelle e sulla luna, partendo dall’opera pavesiana. Ospite della serata anche la poetessa Maria Luisa Spaziani, che ricorderà lo scrittore delle Langhe e leggerà alcune sue poesie ispirate a Selene e alle stelle.

A coordinare l’incontro il giornalista Piero Bianucci.

Cielo di Langa

Il tutto sotto l’insegna La luna, bisogna crederci per forza, tra astrofisica e tradizione, con gli interludi della flautista Simona Scarrone.

E proprio prendendo il romanzo più celebre di Pavese, quello del 1950, La luna e i falò, ci si accorge che la presenza del satellite va a costituire un filo rosso che attraversa tutti i capitoli: L’America di Anguilla “è come la luna: non c’è niente” (cap. III), si esce dal locale, con cui il protagonista lavora con Nora: “non c’era la luna, ma un mare di stelle”. Il camionista di Bubbio incontrato oltreoceano ricorda come Nuto del Salto avesse suonato da Nizza a Calandrana “per farla vedere agli ignoranti [il premio era andato alla banda di Neive…], e lui li aveva seguiti, in bicicletta sotto la luna”.

Santo Stefano. Il Nostro e Nuto guardano di là dai tetti le vigne bianche sotto la luna

(IV). E ancora (XXVI) “Sotto la luna e le colline nere Nuto una sera mi domandò come era  stato imbarcarmi per l’America”.

E ancora “Cosa credi? La luna cʼè per tutto, così le piogge, così le malattie”  (XVIII)”. Al lettore il compito di completare il censimento.

Ma “il capitolo della luna”  è il IX. Lì la frase (sgrammaticata, l’anacoluto) “La luna bisogna crederci per forza”.

Quindi sono prontamente esibite le vicende esemplari:

“Prova a tagliare a luna piena un pino, te lo mangiano i vermi. Una tina la devi lavare

quando la luna è giovane. Persino gli innesti, se non si fanno a primi giorni della luna, non si attaccano”. Cieli d’Equatore

Sin qui Pavese. Che l’Africa l’avrà colta nelle rime di Rimbaud, o nei saggi che esaminava, in predicato di entrare nella Collana Viola Einaudi.

Ben più diretta la percezione di Gianfranco Morino. Di cui avevamo riportato un testo in versi nell’ultimo numero prima della pausa estiva.

Per festeggiare il suo successo nella sezione Poesia inedita dei medici scrittori, con

la raccolta Silloge equatore – “rutilante caleidoscopio di immagini e colori immersi nella natura equatoriale: una torrida ma esaltante realtà scoperta, amata e rimpianta”: ecco il giudizio della giuria – proponiamo proprio un frammento che ha titolo Luna. Che recita:

“Una

notte ferma./ Il silenzio denso /

Luna azzurra/ Luna orizzontale/

Luna dell’equatore/ Luna di

sangue / Luna di latta / Luce

bianca./ Uomini come formiche

/ si muovono/ su un sentiero

senza sogni / sotto un cielo

non loro”.

Theodor Adorno si chiedeva se la poesia fosse possibile dopo i campi di concentramento. Gianfranco Morino risponde di sì, solo che il lager, nel continente africano è diventato la baraccopoli. In cui il tasso di occupazione è solo del 20%, il reddito pro capite è  di 20 dollari mensili, il 70% dei nuclei familiari è formato da donne e bambini. L’Africa: dove un uomo ha a disposizione, in media, 10 litri d’acqua potabile al giorno (son 600 negli USA); il Kenya dove 6 medici devono bastare per 100mila abitanti (da noi ce ne sono 606); la spesa sanitaria nazionale pro

capite è 17 $ (sono 1855 in Italia) ed è per questo che dei 1223 nuovi farmaci sviluppati dalle case farmaceutiche (occidentali: ovvio) solo 11 han riguardato le malattie tropicali; Nairobi, 3 milioni e mezzo di abitanti, di cui poco meno di due terzi (e il 10% è  disabile) vive in baraccopoli (sono 246, dislocate in periferia, con incrementi annui del 7%), con metà della città  che non si può permettere cure mediche adeguate e non si rivolge agli ospedali. Poi c’è la piaga dell’HIV, con 24 milioni e mezzo di contagiati proprio nell’Africa sub sahariana, 2 milioni e più in Kenya, dove 700 persone muoiono ogni giorno, il 25% delle mamme è contagiata e trasmette la malattia ai neonati (nella gravidanza, nel corso del travaglio, nell’allattamento), con percentuali che oscillano tra 15 e 50%, 100 mila bambini orfani dell’AIDS vivono in strada, e la speranza di vita si è ridotta da 57 a 44 anni.

Curiosa, quest’anno, la storia del “Premio Pavese”: in nome di uno scrittore piegato dal male di vivere, un meritato riconoscimento va a World Friends, a Gianfranco Morino, alla sua ostinazione per cercare di far del bene agli altri, a lui che, su un terreno donato dall’Arcidiocesi di Nairobi, alla periferia nord est della città, dal gennaio 2007, sta facendo crescere un centro sanitario che agisce a tre livelli: educazione e prevenzione; attività ospedaliera di diagnosi e cura; formazione del personale medico e paramedico.

Per saperne di più (e sostenere i progetti di Gianfranco Morino) consultare il sito www.world-friends.com, o scrivere a[email protected].

G.Sa



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