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La Luna e sua sorella

Creato il 13 agosto 2011 da Stukhtra

Una nuova teoria per spiegare l’asimmetria del nostro satellite naturale

di Mattia Luca Mazzucchelli

ResearchBlogging.org
E’ vicina, luminosa e facile da osservare. Perciò è normale che la Luna da millenni catalizzi l’attenzione dell’uomo. E con il tempo l’abbiamo conosciuta bene. O, meglio, abbiamo conosciuto bene quella metà circa che si può vedere dalla Terra. Sull’altra, ben nascosta dalla rotazione sincrona, si speculava soltanto, ma in fondo l’idea era che fosse uguale, di qua e di là. Poi, poco più di 50 anni fa, arrivarono le immagini dalle prime missioni lunari. E la sorpresa: morfologicamente la faccia nascosta è diversa da quella a cui siamo tanto abituati. Il problema divenne allora capire perché. Da quel momento sono state fatte tante ipotesi, a cui ora se ne aggiunge una, pubblicata su “Nature”, che cerca di dare una spiegazione precisa e su misura. Immaginando una sorella per la Luna.

Dalle immagini delle due metà del nostro satellite naturale balza subito all’occhio la prima differenza: la faccia rivolta a noi è coperta da numerose macchie scure, i mari, che dall’altra parte mancano quasi totalmente. Detto così sembra poco (che cosa sarà mai qualche macchia in più?), ma dal punto di vista geologico è determinante. Le zone scure non sono altro che antiche aree depresse della superficie coperte da lava basaltica solidificata, a ricordo di numerose eruzioni vulcaniche. Al contrario quelle chiare sono le terre alte, con altitudine maggiore. Quindi di qua c’erano vulcani e la superficie è per lo più pianeggiante e a bassa quota, mentre di là è tutto l’opposto.

La Luna e sua sorella

La Luna fronte-retro: da una parte le pianure vulcaniche, dall'altra le terre alte. (Cortesia: NASA)

In più, qualche anno fa la sonda Lunar Prospector usando uno spettrometro a raggi gamma ha rivelato che sotto la crosta della faccia rivolta a noi si trova un composto geochimico chiamato KREEP, formato da potassio (K), terre rare (Rare Earth Elements, o REE) e fosforo (P), con l’aggiunta di uranio e torio. Questi elementi sono rimasti impacchettati tra la crosta e il mantello sviluppando calore grazie al decadimento radioattivo di potassio, uranio e torio.

E allora si può arrivare a una spiegazione convincente per la differenza in attività vulcanica sommando tutto. La superficie sul lato di fronte alla Terra è generalmente depressa, la crosta è sottile e trattiene al di sotto elementi che producono calore e possono sciogliere parte del mantello. I frequenti impatti di asteroidi, soprattutto intorno a 3 miliardi di anni fa, lì hanno fratturato la crosta permettendo ai materiali fusi al di sotto di fuoriuscire. Invece sulla faccia nascosta, dove la crosta è spessa, gli asteroidi hanno lasciato solo una superficie piuttosto butterata.

Ma non è certo finita, anzi. Ora bisogna spiegare come mai da una parte la crosta sia sottile e dall’altra spessa. E qui arriva lo studio di Martin Jutzi, dell’Università di Berna, e di Erik Asphaug, dell’Università della California a Santa Cruz. Secondo i due scienziati, una differenza del genere è spiegabile solo con un evento selettivo, come un impatto: “Per definizione, una grande collisione avviene solo su un lato”, afferma Asphaug, “e, se non distrugge completamente il pianeta, crea un’asimmetria”.

La Luna e sua sorella

Ecco come la frittella si sarebbe spalmata sulla Luna. (Cortesia: M. Jutzi/E. Asphaug)

Per giustificare l’ipotesi, Jutzi e Asphaug hanno dovuto rivedere l’intera storia della Luna. Dalla polvere messa in orbita dall’impatto tra la Terra e Theia 4,5 miliardi di anni fa non sarebbe nata solo la Luna, come si è sempre ritenuto, ma anche un secondo satellite. Nelle simulazioni al computer di questi avvenimenti spesso escono dei satelliti “accompagnatori” di quello principale, che sopravvivono solo se parcheggiati in punti gravitazionalmente stabili: i punti di Lagrange. Così i due satelliti si sarebbero accompagnati sulla stessa orbita a distanza di 60 gradi per milioni di anni, il tempo necessario perché la crosta lunare si solidificasse ma lo strato di KREEP fosse ancora liquido. Poi, un po’ per le forze di marea terrestri, un po’ per l’attrazione del Sole e dei pianeti del Sistema Solare, l’orbita lunare è cambiata e il secondo satellite è stato cacciato dal suo tranquillo cantuccio. I due si sono avvicinati sempre più fino a scontrarsi, ma siccome la velocità relativa era bassa (2 o 3 chilometri al secondo) l’impatto è stato delicato. Invece di lasciare un gigantesco cratere, il piccolo satellite si è spalmato sulla superficie della Luna: “Come una frittella”, aggiunge Asphaug. Perciò la crosta nella zona della collisione si è ispessita notevolmente, e in più la forte pressione ha schiacciato la superficie originaria e spinto via lo strato fuso al di sotto, facendolo accumulare sull’altra faccia della Luna. Insomma, nel giro di poche ore si sarebbe formata gran parte della struttura che vediamo ora. Infine gli asteroidi avrebbero fatto il resto, producendo i crateri.

Trovare conferme a un’ipotesi del genere non è facile. Secondo gli scienziati servirebbero almeno nuovi campioni di rocce lunari da analizzare. In più va detto che non è l’unica ipotesi avanzata per spiegare la dicotomia della Luna: altre hanno tirato in causa l’attrazione gravitazionale terrestre, movimenti convettivi all’interno del mantello o tipi differenti di impatto. Ma di sicuro questa è la più originale.

Jutzi, M., & Asphaug, E. (2011). Forming the lunar farside highlands by accretion of a companion moon Nature, 476 (7358), 69-72 DOI: 10.1038/nature10289


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