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La Mamma Di Una Donna Che Viaggia

Creato il 22 febbraio 2015 da Sunday @EliSundayAnne

Lui tuona “Non so dove l’abbiamo presa quella lì!”, lei risponde “Anche tu da giovane eri così ma non ricordi!”. E tu sei nell’altra stanza e ascolti, con le lacrime agli occhi, l’ennesima mediazione che deve fare con tuo padre, quando gli hai detto che partirai di nuovo.

viaggiare da sola mamma

Non lo fai apposta, a essere così, e in cuor tuo vorresti farla felice, tua mamma. Quel giorno in cui le dicesti che neanche questo ennesimo fidanzato ti andava bene, che non eri felice, lei ti guardò con quegli occhi azzurri un po’ tristi e ti disse “E’ solo che mi dispiace immaginarti che invecchierai da sola”. Come spiegarle che tu, da sola, stai meglio che con quei fidanzati lì, che tanto ce ne fosse uno che vi andasse mai bene?

No quello è troppo povero, no quello è ricco ma è musulmano poi ti chiude in casa, eh ma proprio di Torino dovevi prenderlo, uno del nostro paese non c’è? ok allora prendi chi vuoi, sì però che abbia almeno studiato, possibile che devono essere tutti stranieri, è troppo giovane poi ti lascerà per una di vent’anni, è troppo vecchio poi gli farai da badante, ha la barba da comunista, è senza capelli ma almeno è alto? ecco, non è nemmeno alto!

Un giorno la accompagni alla messa delle otto, e quando le anziane del paese si dileguano, lei ti porta davanti alla statua di Don Bosco, dove scopri che, ogni volta che sei lontana, lascia una monetina pregando il Santo che ti protegga, ovunque tu sia.

Figlia di un operaio  e di una sarta, è lei che ti aveva iniziata ai viaggi, negli anni Novanta. Un’estate ti aveva spinta a lavorare per due mesi in un negozio, per pagarti la tua prima vacanza studio in Inghilterra. E il giorno prima che partissi, quando già avevi la valigia in mano, ti aveva dato una barzelletta ritagliata dalla Settimana Enigmistica con una mamma che salutava la figlia, dicendole: “Va’ e conosci il mondo. Ma fa’ che il mondo non conosca te”.

Da allora la frase è rimasta, e ogni volta che parti è la stessa solfa: Non ti far conoscere da tutti! Non rimanere incinta! Fatti furba! Non rovinarti la vita! Non saltare il fosso!

E tu dall’altra parte del mondo che credi di fargliela di nascosto, sottovaluti la dote primaria di una mamma: l’intuito a distanza, quella cosa che solo una mamma possiede. Quel potere magico che fa sì che anche se lei è a Torino e tu a Timbuctù, sa sempre tutto. “Cosa stai combinando?” “Niente, mamma, perchè?”.”Hai qualcuno?” “No, ma cosa dici?” “Non me la conti giusta. Sarà mica un nero?” “Ma mamma! Ho trent’anni, so quello che faccio!”. “Hai trent’anni ma hai la testa di una di dodici! Sarà un divorziato e avrà già pure dei bambini!”. “Mamma smettila non ti sopporto più!”. “E scommetto che farai tutto così, nature! Se rimani incinta non tornare più a casa!”. Poi ti chiude il telefono in faccia, e tu rimani lì con un groppo in gola, guardando il tuo nuovo partner.
Nero. Divorziato. Con figli.

Tua mamma è stata una delle prime donne lavoratrici con figli del suo paese; mentre le altre donne stavano a casa a tirare su i bambini, lei sfrecciava con la sua Cinquecento blu verso la RIV-SKF dove faceva l’impiegata, in barba al poliziotto della stradale che una volta la fermò nella nebbia e le disse: “Ma come mai lavora, lei? Suo marito non ha un lavoro?”. Lei è quella che ti ha detto che nella vita non dovrai mai dipendere da un uomo. Che dovrai sempre essere autonoma e avere i tuoi soldi per fare ciò che vuoi.

Lei è quella che a diciotto anni, mentre altre mamme regalavano i collier d’oro alle figlie, ti regalò sì il collier, ma insieme a una scatola di pillole anticoncezionali.

Ogni volta che parti devi farle vedere dove andrai su un atlante sgualcito degli anni Ottanta. E se la città sperduta in cui andrai non c’è, tira fuori l’Enciclopedia Geografica Il Milione del 1959 che sa di armadio, dove, tra paesi che non esistono nemmeno più, tira una riga su quella città, dicendo “Ah ecco dove andrai a finire!”. Poi lo ripone nell’armadio che sa di armadio e torna alle sue faccende, facendo finta che la tua partenza non le faccia male.

atlante

Le mamme sono così: non ti mostrano il loro dolore. Ti dicono “Se vuoi andare, vai”, anche se quel cordone ombelicale strappato fa più male di quando eri nata.

E così parti, anche se ti ha detto “Mi lascerai mica di nuovo da sola con quel trombone di tuo padre?”, e tu le dici che la chiamerai tutti i giorni, e poi il trombone in fondo te lo sei scelto tu, mica io!

E mentre, il giorno della tua partenza, tuo padre ti dà i due baci sulla guancia – odiandoti perché sei una figlia degenere, ma te lo dà -, lei non si avvicina. Sei tu che devi sempre andare da lei a baciarla, di solito sul collo per sentirne ancora una volta il profumo di Cera di Cupra e di Borotalco. E mentre le dai quell’ultimo bacio, lei non ti guarda mai e ti dice “Va’, va’ che poi perdi l’aereo”. E tu sai che dentro ha il cuore a pezzettini, ma per non fartelo pesare non te lo direbbe mai.

La durezza delle mamme è solo dolore, il dolore di portare tutti quanti in grembo, per una vita.

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Mentre viaggi per il mondo, lei riesce a farti arrivare persino in Cambogia, una volta al mese, una busta piena di ritagli di giornale con gossip, notizie estere, notizie sull’Italia, TuttoLibri, immagini di Torino e di Don Bosco. Tu alzi gli occhi al cielo e usi quest’ultima come segnalibro. E quei ritagli li fai durare un mese, ne leggi un pezzetto alla volta, perché sai che in ogni pezzetto c’è il suo cuore. Ne senti persino il profumo.

Le mamme non dicono ti voglio bene: regalano l’amore con piccoli gesti.

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Poi torni per una vacanza e dormi a casa dei tuoi genitori, e solo allora ti accorgi che tua mamma, nei tuoi due anni in giro per l’Oriente, ti aveva segretamente seguita passo passo sulla mappa del mondo acquistata al Lidl solo per quello. Ogni città un cerchietto, a segnare il passaggio di quella figlia degenere che un giorno vorrebbe libera e un giorno accasata, un giorno viaggiatrice e un giorno stanziale.

La mamma di una donna che viaggia l’ha già resa libera il giorno in cui è uscita dalla sua pancia. Dopo, non le restano che un atlante sgualcito e un’enciclopedia che sa di armadio. E la statua di un santo a cui affidare una figlia che, in cuor suo, sa che se è venuta su così strana, da qualcuno dovrà pure aver preso.


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