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La mandibola di Andrea Vochieri.

Creato il 19 febbraio 2011 da Enricobo2
La mandibola di Andrea Vochieri.
Siete abituati a sentirmi borbottare mugugnado sulla mia città e sugli alessandrini in generale, abitudine peraltro molto comune agli Italiani. Ma badate che il passato recente di Alessandria non è mica stato cosa da poco. Dopo bella la performance di Benigni (che tristezza che i comici debbano fare quello che toccherebbe ai politici!) mi corre l'obbligo segnalare che è proprio nella mia città che il tricolore (benchè inventato a Reggio Emilia nel 1797 come bandiera della Repubblica Cispadana) sventolò per la prima volta a rappresentare l'idea dell'Italia, sugli spalti della Cittadella (attualmente la più bella e ben conservata d'Europa, non per dire) durante il tentativo di rivoluzione di Santorre di Santarosa che si indica come data d'inizio del Risorgimento. Tutti ragazzi di vent'anni, teste calde diremmo oggi, pronti alla morte davvero, come dice il nostro inno e che in molti casi morti lo sono davvero, per quell'idea pazza che faceva fremere di ardore le contessine del tempo.
Quanti ideali, quante vite perdute per quel sogno e per quella bandiera con la quale qualcuno oggi si vorrebbe pulire sapete cosa. Proprio da qui partì la scintilla, subito soffocata, ma che rimase a covare sotto le braci per poco più di un decennio. Questa mattina nell'aula magna della nostra Università (in corso di soppressione, sapete com'è i costi, e poi con la cultura non si mangia), l'Istituto Nervi ha organizzato una interessante riedizione del processo ad Andrea Vochieri, il martire alessandrino del Risorgimento, di cui rimane un monumentino nei giardini della stazione, mentre dimenticato, offre il petto al plotone. Certo dopo che gli insorti del '21, erano scappati all'estero, in città erano rimaste le idee di cui, forse, si parlottava segretamente nei caffé. Beh allora non era come adesso che aprivi un blog e dicevi quello che pensavi del governo, se ti sentivano dire repubblica al bar o al ridotto del teatro, il giorno dopo ti trovavi in casa la polizia segreta. Questo capita appunto nel 1833 al nostro Andrea Vochieri. Come ben illustrato nella rievocazione, con gli atti originali del processo, i servizi, che probabilmente avevano buone orecchie intercettanti in ogni locale pubblico, conoscevano già molto bene i nomi dei vari ufficiali implicati, affascinati dall'idea della Giovane Italia mazziniana ed avendone catturato qualcuno, venne fuori anche il nome del nostro Vochieri.
Nella perquisizione si trovò ben poco, un quaderno su cui aveva ricopiato qualche articolo della gazzetta della Giovane Italia, un frammento di pagina della stessa, che lui goffamente giustificò come usata per avvolgere tabacco di contrabbando ricevuto dalla Svizzera, e una lettera di raccomandazione, vergata però da un avvocato sospettato di essere il capo dei mazziniani alessandrini per un altro avvocato torinese anch'egli carbonaro. Ai ceppi nella Cittadella di cui vi ho detto, non parlò, anche se si contraddisse nell'interrogatorio, al contrario di alcuni "pentiti", ma, con candore ingenuo, lasciò una struggente lettera alla moglie che svelavano i suoi ideali e che fu subito messa agli atti come prova di colpevolezza. Il processo doveva essere esemplare per bloccare i venti di rivolta che spiravano ogni giorno più violenti, così una decina di implicati furono fucilati "con disonore" alle spalle. Il suo difensore tentò l'unica strada possibile, dipingendo la cosa come una congiura costituita da chiacchiere da bar, fatta da sognatori anche un po' a corto di senso pratico, privi di armi e completamente isolati dal contesto reale, in pratica si sottomise alla clemenza della corte, che invece fu assolutamente spietata, anche nell'intento di far fare altri nomi al condannato. Così alle 7 della mattina di sabato (non si fucilava di venerdì) 10 giugno 1833, il Vochieri attraversò a piedi in catene tutta la città, passando sotto la finestra della sua casa dove moglie e figlie stavano in lacrime, nell'estremo tentativo di farlo parlare, per essere condotto nella piazza d'Armi. Qui pretese di essere fucilato al petto, ma per due volte il plotone, poco pratico, sbagliò la mira ferendolo soltanto, fino a ché intervennero con un colpo di grazia alla tempia.
Pare che nessun alessandrino sia voluto scendere in stradaLa mandibola di Andrea Vochieri. per assistere a questo passaggio, ma il giorno dopo, tutto il percorso fu trovato ricoperto di fiori. Naturalmente i pentiti se la cavarono tutti, e il presunto capo dei mazziniani alessandrini (il famoso avvocato che aveva scritto la lettera) denunciò tutti i compagni si fece un po' di fortezza, come racconta il Civalieri, blogger dell'epoca, nei suoi Cartolari, ingrassando grazie ai pasti che gli venivano portati dalla vicina taverna e dopo qualche tempo, con 1500 lire di premio se ne andò col vapore a cercar fortuna nelle Americhe. Poi tutto passò nel dimenticatoio, mentre il ricordo a poco a poco si seppellisce nella nebbia alessandrina. Oltre al monumentino nei giardini (che vedete nella foto dell'amico Tony Frisina) è rimasta solo la via dove era la sua casa. Pare che qualche tempo fa sia saltata fuori la mandibola del martire, conservata chissà perchè, ma sembra che non si trovi neanche un posto idoneo dove metterla. Gli Alessandrini, a volte sono strani.
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