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La matematica nella Divina Commedia: il gioco della zara

Da Naturamatematica @naturmatematica

La matematica nella Divina Commedia: il gioco della zara

"Sordello da Goito"
dipinto di Salvador Dalì

Finora abbiamo visto come in un'opera considerata emblema della letteratura italiana possano trovarsi espliciti riferimenti matematici (vedi anche Cacciaguida e gli angoli ottusi; Mille, milioni, miliardi di angeli). Il Canto VI del Purgatorio, famoso per il personaggio di Sordello da Goito, ha come scenario delle vicende l'Antipurgatorio, dove si trovano le anime dei negligenti, ossia coloro che nel corso della loro vita terrena hanno omesso di adempiere ai loro doveri spirituali, aspettano il momento dell'espiazione. Il Canto si apre con le terzine: "Quando si parte il gioco de la zara,colui che perde si riman dolente, repetendo le volte, e tristo impara;con l'altro se ne va tutta la gente;qual va dinanzi, e qual di dietro il prende, e qual dallato li si reca a mente; [...] ",La cui parafrasi può essere questa: "Quando finisce il gioco della zara,colui che perde resta addolorato e solo,ripetendo il lancio dei dadi più volte,
così da imparare la lezione;con il vincitore invece si allontana la folla;c'è chi lo precede, chi lo segue, chi l'affianca; [...] ",
La matematica nella Divina Commedia: il gioco della zara
rappresenta un altro importante momento in cui si possono rintracciare riferimenti matematici nella Divina Commedia. In quest'incipit del Canto VI Dante è attorniato dalle anime, le quali lo implorano di diffondere un messaggio di preghiera in loro suffragio, affinché si possano accelerare i loro tempi di purificazione. Dante mette in dubbio questo comportamento, in quanto Virgilio, nell'Eneide, afferma che le preghiere dei vivi non sortiscono effetti sulle anime dell'Aldilà. Virgilio, tuttavia, è pronto a precisare a Dante che le preghiere per le anime non hanno effetti in un mondo terreno, ma viceversa possono essere efficaci in un mondo governato dall'esistenza di un essere divino, qual è appunto Dio.
Dante utilizza un riferimento ad un gioco d'azzardo diffuso nel Medioevo: il gioco della zara. La parola zara, sulla cui etimologia ancora oggi persiste un dubbio interpretativo, deriverebbe dall'arabo zahr, che significa dado, e dalla stessa parola sarebbe derivato in italiano il gioco d'azzardo. I giocatori dovevano lanciare a turno 3 dadi a 6 facce, e prima che i dadi rivelassero ciascuno un numero, il giocatore doveva pronunciare a voce alta il numero che secondo lui sarebbe risultato come somma  dei 3 numeri rivelati dai dadi. Viene da sè che la somma risultante non potrà mai essere inferiore a 3 (nel caso in cui ciascun dado rivelasse l'uscita minore possibile, cioè il numero 1), né superiore a 18 (nel caso in cui ciascun dado rivelasse l'uscita massima possibile, cioè il numero 6).
La matematica nella Divina Commedia: il gioco della zara
Dante paragona se stesso non al perdente del gioco della zara, cioè colui che non ha indovinato la somma uscita, ma al vincitore, che si allontana circondato dalla folla delle anime, e proprio come fa quest'ultimo, che dopo aver vinto promette da bere a tutti, così fa Dante con le anime, promettendo che soddisferà le loro richieste di preghiera (a patto di lasciarlo in pace...). Ma perché mai il perdente, "repetendo le volte, tristo impara"? E' un gioco in cui conta la sorte o la bravura? Potremmo dire che sono importanti entrambe. Dante sta in effetti parlando di un calcolo delle probabilità sotto spoglie neanche tanto mentite, ed è un calcolo piuttosto banale per i tempi odierni, ma tutt'altro che scontato per l'epoca! Vediamo come possiamo ragionare.
La somma più alta su cui si può puntare è il 18, mentre la più bassa è il 3, come abbiamo già detto. Ma quant'è la probabilità che escano queste due somme? L'unica combinazione possibile che possa dare 3 è 1 + 1 + 1, e siccome ciascuno di questi tre numeri ha probabilità 1/6 di uscire (con un dado non truccato...), secondo la regola della probabilità che si verifichino contemporaneamente 2 o più eventi tra loro indipendenti, che prevede di moltiplicare le singole probabilità tra loro, si avrà 1/6 * 1/6 * 1/6 = 1/216!!! Analogo discorso si può fare per il 18. A causa della probabilità così bassa di ottenere queste due somme, il 3 e il 18 erano considerati valori nulli, un po' come lo 0 della roulette, e venivano chiamati azari. Erano altrettanto considerati azari il 4 e il 17, per i quali, tuttavia, contrariamente a quanto spesso è riportato in alcune fonti, la probabilità di uscita non è sempre di 1/216, bensì tripla, ossia 3/216! Sembrerebbe infatti di poter ottenere 4 e 17 rispettivamente come somme delle addizioni uniche 1 + 1 + 2 e 6 + 6 + 5, ma se da un punto di vista qualitativo ciò è vero, nel senso che 4 e 17 si possono ottenere soltanto sommando 2 numeri 1 ed un 2, o 2 numeri 6 e un 5, non si può dire la stessa cosa per quel che riguarda la quantità di combinazioni possibili! Infatti sono altrettanto valide le combinazioni 1 + 2 + 1; 2 + 1 + 1; 6 + 5 + 6; 5 + 6 + 6. Avremo quindi 3/216 di probabilità di avere le somme 4 o 17: probabilità comunque troppo bassa affinché possano risultare significative da giocare.
La matematica nella Divina Commedia: il gioco della zara
Quali sono dunque i valori di somme su cui conviene puntare? Dalla tabella accanto (tratta da Wikipedia) si vede chiaramente come il 10 e l'11 siano i valori su cui è consigliabile giocare, dato che esistono ben 27 possibili combinazioni che possono far uscire queste somme; per gli altri le probabilità di uscita sono inferiori, per cui se un giocatore principiante ha puntato tutto su somme come 7 o 16, ad esempio, allora dovrà "repetere le volte" finché non avrà capito quali sono i valori con una maggiore probabilità di uscire. 
Dante è riuscito ancora una volta a coniugare insieme eleganza linguistica e rigore matematico in un binomio perfetto.

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