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La medicina degli Affari - Ovvero: il Davide omeopatico contro Golia Big-Pharma

Creato il 22 gennaio 2012 da Informasalus @informasalus
CATEGORIE: Salute
La medicina degli Affari - Ovvero: il Davide omeopatico contro Golia Big-Pharma
Copertina "Il Tradimento di Ippocrate"

Questo articolo nasce dalla lettura del libro Il tradimento di Ippocrate - La medicina degli affari del dott. Domenico Mastrangelo, (ed. Salus Infirmorum, Padova 2010).
Il testo tratta di un tema molto pressante nel mondo medico scientifico odierno: il disease mongering (la commercializzazione di malattie) e cioè l’ingerenza, ormai senza più etica, del mondo economico farmaceutico nel campo della ricerca scientifica e, indirettamente, della gestione della salute del mondo occidentale.

Descrive e chiarisce molti aspetti poco conosciuti delle dinamiche che regolano il marketing e le pressioni da parte delle case produttrici di farmaci sia sul medico sia sul paziente.
La lettura può essere utile per avere una visione fuori dal coro di un mondo d’informazione scientifica quasi interamente gestito e finanziato dalle stesse produttrici di farmaci. Dalla lettura di questo libro e altri simili pubblicati negli ultimi anni è scaturita una riflessione riguardo al rapporto tra il businnes farmaceutico e le Medicine Non Convenzionali, in particolare la più utilizzata tra queste: l’omeopatia.


I guardiani dell’impero economico farmaceutico vigilano da sempre con grande attenzione sul futuro delle loro aziende e difendono con grande accanimento i dividendi dei loro azionisti. Da anni però hanno preso piede, nel mercato farmaceutico, realtà produttive di farmaci omeopatici che hanno avuto fino ad oggi una crescita continua.


Infatti, l’omeopatia si è diffusa con successo in tutto il mondo ed è diventata la pratica medica non convenzionale più popolare in Europa e negli Stati Uniti. Nel vecchio continente il mercato dell’omeopatia ha raggiunto nel 2009 il fatturato di 1,09 miliardi di € e conta circa 125 milioni d’utilizzatori.


L’Italia è uno dei mercati più importanti dopo Francia e Germania: nel 2009 il fatturato è stato di 300 milioni di €, con 18 aziende che danno lavoro a 1200 dipendenti e versano alle casse dello Stato 50 milioni di € in contributi e imposte.


Il fatturato del mercato omeopatico rappresenta solo l’1% dell’intero comparto farmaceutico: pertanto, molto lontano dai risultati delle Big Pharma. Però le case omeopatiche stanno crescendo in modo continuo da 20 anni.


Ho sempre pensato che, considerate le dinamiche che reggono l’economia, il giorno in cui le Big Pharma si fossero accorte che la produzione di omeopatici poteva diventare un affare remunerativo probabilmente avrebbero acquisito le aziende del settore, come hanno fatto per i laboratori di vaccini qualche anno fa, e il percorso del riconoscimento scientifico dell’omeopatia non avrebbe più trovato ostacoli.


Infatti, le agenzie di marketing delle case farmaceutiche, che lavorano in modo eccelso con i farmaci convenzionali, avrebbero sicuramente trovato il modo di spianare la strada al riconoscimento dell’omeopatia utilizzando il consolidato meccanismo della “tenaglia”, ormai rivelato da innumerevoli documenti pubblicati dalle più prestigiose riviste scientifiche: da una parte si sostiene la ricerca scientifica e si pagano opinion leader dell’area scientifica per promuovere un prodotto; dall’altra si organizzano e si sostengono economicamente associazioni di pazienti che richiedono quel prodotto per la loro patologia ed ecco che l’effetto tenaglia sulla pubblica amministrazione si realizza con machiavellica certezza: bisogna poter offrire al cittadino quel prodotto per assicurargli la salute.


Nel tempo mi sono reso conto che tutto ciò difficilmente potrà accadere
. Non perchè l’omeopatia non sia scientificamente sostenibile, ma semplicemente a causa di un banale calcolo ed analisi di mercato e di un confronto con i risultati dei lavori cost-effectiveness più importanti realizzati in questi ultimi anni.
In questi lavori scientifici i risultati dei trattamenti omeopatici parlano di risparmio medio di circa il 50% sui farmaci convenzionali e circa il 50% degli esami di laboratorio e strumentali. Questo vuol dire che in Italia per esempio si potrebbero risparmiare, solo di farmaci convenzionali, 15 miliardi di € l’anno, che si tradurrebbero in perdita per le Big Pharma.


Questo sarebbe il loro ritorno se sostenessero l’Omeopatia! Un quinto degli italiani si cura omeopaticamente spendendo circa 300 milioni; se ipotizziamo, per assurdo, che tutti i cittadini italiani si curassero omeopaticamente, l’ipotetico fatturato dell’omeopatia ammonterebbe a 1,5 miliardi di €, e ne risulterebbe una perdita per le Big Pharma di 13,5 miliardi di Euro.
In altre parole sarebbe un suicidio finanziario
. Ed ecco che, nonostante gli aspetti innovativi e moderni proposti dall’omeopatia - assenza di effetti collaterali, buoni risultati clinici, terapia personalizzata, netta riduzione delle patologie croniche, maggior consapevolezza e attenzione per la propria salute - assistiamo ad attacchi su tutti i fronti (dai mass media più popolari alle riviste scientifiche) per screditarla e negare il diritto di un approfondimento di ricerca. Possiamo sperare che i risultati d’efficacia clinica dell’omeopatia che ogni giorno milioni di cittadini del mondo provano sulla propria pelle siano il volano inarrestabile di un nuovo corso della medicina.
Una medicina futura che non sia più schiava com’è oggi del più spregiudicato utilizzo d’enormi risorse economiche per condizionare la ricerca e l’evoluzione scientifica per l’interesse di pochi, ma che possa dare alla popolazione mondiale altre risposte in termini di benessere e salute, economicamente sostenibili anche dai paesi più poveri.



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