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"La metamorfosi" di F. Kafka: Lettera aperta a Gregor Samsa

Creato il 12 marzo 2011 da Bens
Caro Gregor,
io a scuola non ho mai imparato un granchè: sapevo contare e scrivere "ape" molto tempo prima di fare la mia trionfante apparizione alle elementari. Alla scuola media ho studiato il latino quel tanto da pararmi il culo al liceo, almeno fino a Tacito. Ho sempre studiato poco e quel poco mi pesava incommensurabilmente, quindi non credo di aver lasciato tracce indelebili nel cuore dei miei professori, a cui ho augurato ogni tipo di disgrazia fisica ed emotiva. Al liceo classico ho imparato a tradurre l'Edipo re di Sofocle e a leggerlo in metrica (posso lasciarti supporre la sua utilità marginale nella mia esistenza post-liceale) insieme ad un numero non quantificabile di poeti e autori ellenici e latini di cui ricordo a stento i nomi. Sognavo di prendere un sacco di treni, Gregor, esattamente come te. Ho avuto un solo professore di filosofia davvero eccezionale, ma le munizioni vaginali delle sue allieve lo intimorivano: credo fosse una specie di prete o che avesse letto Freud. Un giorno mi interrogò sulle prove dell'esistenza di Dio secondo Sant'Anselmo, ma io sono atea dal giorno del mio battesimo e non apprezzò le mie confutazioni logiche che mi impedivano un normalissimo percorso di apprendimento.
Sai Gregor, ho l'impressione che tutti gli insegnati in cui mi sia imbattuta, abbiano cercato di attirarmi verso il lato oscuro dell'eretica dottrina del Voto Alto. Nessuna resistenza partigiana fu più vittoriosa.
In IV ginnasio avevo una professoressa di italiano che si credeva una figa, ma non lo era affatto ed obbligò me e i miei poveri compagni a leggere le tue memorie. Il problema, in sostanza, era che avevo solo 15 anni e l'unica metamorfosi che fossi in grado di accettare era quella di Apuleio: vuoi mettere un asino con un insetto zampettante infilzato a morte da una mela? Ok, scusa la sensibilità rinocerontina. Ho lasciato che la tua triste storia prendesse polvere di fianco ai libracci di Crepet di mia madre sulle difficoltà di essere genitori negli anni duemila, per poi ritrovarti al momento giusto.  Gregor, io capisco perfettamente la tristezza della tua condizione di insetto fuori misura, ma soprattutto posso immaginare la desolazione della tua solitudine.
Tuo padre è veramente un coglione: non è mica colpa tua se, nel bel mezzo della notte, ti sei trasformato in uno scarafaggio. Se avesse accettato la novità della tua condizione corporea, senza tirarti un cestino di mele contro, avresti avuto il coraggio di uscire dal buio della tua stanza per gridare al mondo che eri il Gregor di prima e che non era giusto nascondersi. Max Pezzali si è trasformato in un cubo di lardo e canta canzoni di merda, ma non si rifugia sotto il canapè della sua stanza: è anche andato a Sanremo. Io generalmente odio i vittimismi della prole sedicente incompresa, ma tu Gregor, tu richiedevi solo la condiscendenza di una situazione accidentale e invece ti hanno lasciato morire, senza nemmeno la riconoscenza per ciò che sei stato. 
E' una storia triste la tua, io almeno dopo un paio di bicchieri di tequila mi trasformo in Courtney Love, voglio dire è pur sempre la fottuta bionda che si è riprodotta con Kurt Cobain: se può consolarti, in quei casi nemmeno io ricevo la solidarietà dei miei genitori.
Mi spiace che non leggerai mai questa lettera, Gregor, ma gli insetti non leggono e poi sei morto, in realtà sei solo la metafora del disagio familiare del tuo babbo di penna, Kafka.
Io la devo smettere di imitare Herzog. B.

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