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La missione impossibile di Pierluigi Bersani: fare un Governo e smacchiare anche la giraffa

Creato il 24 marzo 2013 da Stefanoperri

bersani2di Stefano Perri - ”Non c’è niente di impossibile, non si dica che sono pessimista”. Dopo aver incassato con una mossa da perfetto smacchiatore di giaguari sia la Presidenza della Camera che quella del Senato – con i voti determinanti dei grillini che hanno votato ”secondo coscienza” adesso Bersani punta dritto alla formazione di un Governo, il DreamTeam è stato definito, pronto ad incassare la fiducia delle Camere. Una scommessa giocata sul cambiamento. Di tornare alle urne, almeno per il momento, non se ne parla proprio. D’altronde il fatto che Napolitano sia entrato nel ‘semestre bianco’, gli ultimi sei mesi di mandato durante i quali il Presidente della Repubblica non può, salvo casi eccezionali, sciogliere le Camere, la dice lunga sull’assoluta necessità di formare una squadra di Governo che tiri a campare, quantomeno (ma forse Bersani spera un po’ di più) fino al prossimo autunno.

”Qui si fa l’Italia o si muore”. No, anzi, qui si fa il Governo o si muore. O – forse – si fa il Governo e poi si muore lo stesso. Tanto a morire il Pd ormai ci è abituato. Con Prodi in effetti non fu cosi?  Cosa passa nella testa del Segretario (per quanto ancora?) del Partito Democratico Pierluigi Bersani che si gioca nei prossimi giorni la sua prima (e probabilmente unica) possibilità di fare il Premier in Italia.

E’ cominciata da poche ore la rincorsa alla formazione di un Governo che – il Presidente della Repubblica è stato chiarissimo – dovrà avere i numeri in Parlamento. Niente Governi di minoranza, niente ipotesi anomale. Se Bersani non ha la maggioranza, va a casa. E a quel punto si apre lo scenario di un Governissimo del Presidente, una sorta di Direttorio gestito da Napolitano giusto per arrivare alla prima tornata elettorale utile, forse dopo l’estate se non addirittura a luglio.

La prima ipotesi fermata del bus di Bersani è certamente  quella della scelta della lista di nomi da proporre al Parlamento. Nel corso delle consultazioni Bersani l’ha ripetuto più volte: serve cambiamento. Ergo: molto probabilmente – anche soprattutto come assicurazione per le altre forze – il segretario Pd presenterà un’ipotesi di governo composta uomini e donne esterni al partito (seppur di area dem) la cui autorevolezza possa essere garanzia per un appoggio esterno.

I nomi che si inseguono, ovviamente, sono diversi. Oscar Farinetti, inventore di Eataly, l’autrice di Report Milena Gabanelli, l’ex direttore di Confindustria Giampaolo Galli, il giurista Stefano Rodotà, la certezza di Fabrizio Saccomani, direttore generale di Bankitalia. E poi, ancora, il ceo di Luxottica Andrea Guerra, Carlo Petrini, patron di Slow Food, Don Ciotti, Giuseppe De Rita e il costituzionalista Gstavo Zagrebelsky. Insomma, una squadra senza nomenklatura (o quel tanto che basta).

Ma chi voterebbe la fiducia ad un Governo del Genere?

Bersani non vuole giocarsi la carta Pdl, anche se Berlusconi – ancora una volta – si è detto disponibile a trattare. Il motivo è ovvio: il Cav non farebbe mai nulla per nulla. L’oggetto della contropartita, molto probabilmente, sarebbe la sua nomina al Quirinale (cosa che vorrebbe dire immunità da qualsiasi processo per ben sette anni). Come detto, però, Bersani per il momento non sembra pronto a cedere al ricatto.

La seconda certezza si chiama Movimento 5 Stelle. Dopo l’affidamento dell’incarico al segretario Pd, la capogruppo grillina alla Camera Roberta Lombardi ha confermato la linea. “Nessun appoggio ad un governo Pd”. Chiara, secca.  Già qui, però, potrebbero esserci alcune défaillances. Se Bersani dovesse presentare una squadra autorevole con nomi che piacciono potenzialmente anche al Movimento (vedi la Gabanelli o lo stesso Rodotà), è difficile pensare che tutti gli attivisti-cittadini si scaglino contro il governo. Soprattutto non avrebbe alcun senso (anche peraltro considerando gli otto punti illustrati dal segretario Pd, speculari ai venti di Grillo).

Ciononostante è improbabile che Bersani possa tener conto dei grillini nella corsa disperata alla maggioranza assoluta da presentare poi a Napolitano (a meno che – ovviamente – non riesca nell’opera di convincimento). Ecco, allora, che la domanda si ripropone: dove cercare i voti?

Lo sguardo dunque è rivolto al centro e, probabilmente, anche a destra. Bersani potrebbe infatti ottenere l’appoggio da parte di Mario Monti e della Lega Nord. Sebbene infatti il bocconiano abbia chiuso (almeno formalmente) alla possibilità di un’alleanza con il centrosinistra, in realtà il tavolo di trattativa non è mai stato interrotto.

D’altronde la stessa delegazione di Scelta Civica ha espresso a Napolitano l’esigenza di un governo. Magari di larghe intese. Senza dimenticare, peraltro, che a quel punto il Pd potrebbe giocarsi la controproposta di Mario Monti come futuro Presidente della Repubblica (idea che, peraltro, non dispiacerebbe nemmeno all’attuale inquilino del Quirinale). Per quanto riguarda la Lega, invece, Bobo Maroni pochi giorni fa non ha escluso la possibilità di un “aiutino”. Come dire: votiamo la fiducia a Bersani e poi si vedrà. Un appoggio esterno. Niente di più di questo dato che comunque Maroni non potrebbe uscire dall’alleanza con il Pdl, che vorrebbe dire mettere a rischio le giunte regionali in mano alla Lega.

Andiamo ai numeri. Il calcolo è rapido. I senatori, considerando anche quelli a vita, sono in totale 319. Per avere maggioranza assoluta bisogna arrivare, dunque, a 160. Per ora il Partito Democratico è fermo a 106. Considerando il gruppo misto – in cui sono presenti i senatori di Sel e alcuni del Pd – si arriva a 117. Con l’appoggio di Scelta Civica (21 onorevoli) sarebbero 138 i senatori a sostenere il governo. Non bastano. Ecco allora la Lega (16): quota 154. Meno sei dalla maggioranza assoluta.

Ed ecco spiegata la scelta dei nomi di rottura. A Bersani servono i voti, almeno una decina diciamo, del Movimento 5 Stelle. Un Governo di cambiamento, con espressioni della società civile di area dem potrebbe servire a portare a casa la fiducia. E dal giorno dopo si navigherà a vista, con in testa solo la rotta tracciata da Bersani nei famosi 8 punti del programma di Governo. E se i Grillini continuano a ripetere che decideranno proposta per proposta, Bersani è pronto a raccogliere la sfida del cambiamento.

Il Segretario Pd ne è certo. Datemi un Governo e smacchieremo anche la giraffa !

giraffa



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