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La morte di bin Laden e lo spettro pakistano

Creato il 02 maggio 2011 da Bloglobal @bloglobal_opi
di Redazione di BloGlobal
Alle 5.30, ora italiana, Osama bin Laden, alias Sceicco del Terrore, è stato ucciso in Pakistan. Il leader di al-Qaeda si nascondeva a Nord di Islamabad, in una valle vicino Abbottabad, sede di una base militare pachistana. L'annuncio ufficiale della morte di Bin Laden è stato dato dal Presidente americano Barack Obama. I dettagli sull'operazione sono ancora pochi e confusi: le fonti parlano di un intervento mirato organizzato congiuntamente dai servizi segreti americani, forse quelli pakistani e Navy Seals, i reparti speciali d'elite della US Navy, la marina statunitense. A portare i Seals nell'area incriminata sembra sia stato il tradimento di una persona fidata di bin Laden. L'area dove era nascosto rappresenta una zona cruciale a metà strada tra l’Afghanistan, le aree tribali pakistane, il Kashmir e il confine con l’India. Un’area che ha visto la presenza di numerosi gruppi jihadisti pakistani dove negli ultimi anni ci sono stati diversi scontri con i militari di Islamabad.

La morte di bin Laden e lo spettro pakistano

Aree calde pakistane. Fonte: Limes-Rivista italiana di Geopolitica

Secondo quanto affermato dal Ministero degli Esteri pakistano in una nota ripresa dalla televisione satellitare al Arabiya, "il blitz che ha condotto alla morte del leader di al-Qaeda è stato condotto direttamente dagli Stati Uniti". A dare conferma dell'operazione condotta dagli americani, anche le televisioni indiane dicono che Islamabad è stata tenuta all'oscuro dei fatti.
Nell'annuncio del Presidente Obama si tiene a specificare che, pur essendo il risultato più importante nella lotta al terrorismo internazionale, quella che si combatte non è una guerra contro l'Islam. La domanda che potremmo porci è se è realmente Bin Laden ad essere morto o se si tratta di un camuffamento di Washington. Il dubbio potrebbe suscitarlo anche il fatto che il corpo sarebbe già stato gettato in mare, in una zona non precisata, per evitare fanatismi e isterismi popolari. Tuttavia, anche altre volte si era parlato di bin Laden morto in un bunker sperduto dell’Afghanistan, o di un bin Laden gravemente malato, ma alla notizia non veniva mai data questa risonanza. Questa volta i fatti sono riportati dallo stesso Obama che dichiara di essere stato egli stesso a dare l via libera alle operazioni dei servizi segreti, esponendosi, perciò, in prima persona e parlando di un grande traguardo politico per il suo governo. Sebbene il successo dell’operazione rappresenti un toccasana per la traballante giunta democratica e si prospetti come un volano per le prossime elezioni presidenziali, sarebbe azzardato per il Presidente americano programmare una messinscena di così vasta eco.
La morte del cinquantaquattrenne Bin Laden probabilmente segna l’inizio di uno spostamento del teatro di guerra dall’Afghanistan al Pakistan. Non a caso proprio quest'ultimo Paese è sempre stato un alleato ambiguo di Washington, perchè da un lato combatteva i Taliban in casa propria, ma, dall'altro, finanziava loro e la guerriglia del mondo jihadista in Afghanistan in funzione anti-americana e anti-occidentale, in genere. Pertanto ora cambiano gli scenari. Anche i rischi di nuovi attentati terroristici, in risposta all'omicidio del leader qaedista, sono molto alti. Proprio per questo motivo diviene di vitale importanza il Pakistan.
L’operazione contro Bin Laden arriva in un momento in cui le relazioni diplomatiche e di intelligence tra i due Paesi avevano, tra l’altro, raggiunto un minimo storico, a causa della cattura, a fine gennaio, di Raymond Davis, con le inevitabili ripercussioni politiche. Il 27 gennaio scorso, a Lahore, il cittadino americano Raymond Davis, agente della CIA, uccise due membri doppio-giochisti dell'ISI, il servizio segreto pakistano. L'uomo era in missione per conto del governo USA, ma l'azione è stata poco gradita ad Islamabad, tanto da incarcerare Davis per l'atto commesso. Washington ha dunque scatenato un’offensiva diplomatica senza precedenti per riprendersi Davis, minacciando il governo pakistano di interrompere ogni aiuto finanziario, rimandando un paio di vertici internazionali, giurando che Davis sarebbe comunque stato processato in patria e, infine, spedendo di corsa a Lahore John Kerry per cercare di risolvere il pasticcio. La questione è stata risolta in sostanza secondo la legge islamica e tribale (Shari'a), che prevede il ‘perdono’ e quindi l’assoluzione dell’assassino se ai congiunti della vittima viene pagato quello che si definisce ‘prezzo del sangue’. L'episodio ha provocato polemiche velenose e il congelamento delle relazioni tra Pakistan e Stati Uniti. Per l'opinione pubblica pakistana tale atto è l'ennesima conferma di una penetrazione americana nel territorio attraverso spie, mercenari e basisti. In secondo luogo, nonostante in teoria CIA e ISI lavorino insieme nella “guerra contro il terrorismo”, gli americani ultimamente hanno proceduto autonomamente nelle operazioni militari e di intelligence: tramite l’ammiraglio Mullen, gli USA hanno lanciato nuove pesanti accuse all'intelligence pakistana, colpevole di tenere ancora in piedi strette relazioni con il network terroristico di Haqqani che fornisce armi, addestramento e risorse ai guerriglieri che combattono le truppe della coalizione in Afghanistan. Non solo: da gennaio in poi i servizi segreti pakistani sono stati bersaglio di una rinnovata campagna denigratoria da parte di Washington e di pesanti accuse di connivenza con militanti islamici vari. Se aggiungiamo anche i recenti raid americani nel Waziristan (la parte settentrionale del Paese al confine con l'Afghanistan, dove si ritiene siano presenti cellule terroristiche), che hanno ucciso per errore diversi civili, allora la frittata è fatta.
Secondo l’intelligence indiana, vicino ad Abbottabad, dove è stato ucciso bin Laden, si troverebbero alcuni campi di addestramento dei Taliban e di al Qaeda. Possibile, pertanto, che l'ISI non sapesse che a pochi km di distanza da una sua base militare si trovava l'uomo più ricercato al mondo? Al di là del vuoto di potere politico esistente in Pakistan, della vera o presunta spaccatura tra gli stessi servizi segreti, tra i servizi segreti e l’esercito (o parte di esso) e tra l’esercito e un governo debolissimo, rimane un problema: il rischio è che la morte di bin Laden possa segnare una svolta negativa nella lotta al terrorismo, incrementando gli attacchi dei militanti, anzitutto su suolo pakistano, e, di conseguenza, l’esacerbarsi del conflitto afghano. La scomparsa del leader di turno non comporta certamente la fine delle varie organizzazioni islamiste che agiscono nell’area, in quanto un cambio al vertice è stato già digerito e, presumibilmente, al-Zawahiri subentrerà nel comando dell'organizzazione. Quello che accadrà da adesso in poi sarà una riorganizzazione del network terroristico transnazionale che perseguirà nuove tecniche e tattiche per colpire i governi “miscredenti”. Il vero problema che ora sembra profilarsi è in seguente: affrontare non tanto l’Afghanistan, ma il caos all’interno del Pakistan.

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