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La Nazionale degli snob (by Bruce Wayne)

Creato il 18 luglio 2013 da Simo785

La Nazionale degli snob (by Bruce Wayne)

Lo snobismo da Mondiali è uno sport che procede di pari passo con l’attenzione che gli italiani riservano alla Nazionale di calcio. Ovvero: più sale l’entusiasmo più si ostenta lo snobismo.

Il quale, va da sé, può assumere molte forme. Può essere l’ostentazione di una perlomeno dubbia indignazione civile: sentirsi italiani grazie ad undici bellimbusti che corrono dietro ad un pallone è indice di minorità culturale. Ma può essere anche una denuncia di tipo etico-morale: perché (ad esempio) tanto fracasso per gli azzurri nel 2006, mentre la vittoria della nostra Nazionale ai Mondiali di pallanuoto dell’anno successivo è passata inosservata? E, ancora, può essere una critica che nasce da ragioni sociali: con la crisi che viviamo questi trogloditi stanno lì ad entusiasmarsi per i Mondiali. E, infine, può essere un’esibizione di anti-italianità, atavico vizio dell’italiano medio: io non mi sento italiano.

Ma tutte queste forme hanno un’unica matrice: lo snobismo intellettualistico. Ovvero: l’idea che, per essere qualcuno e formulare giudizi seri sullo “stato presente dei costumi del’italiani” (per citare Leopardi – e scusate se faccio lo snob), occorra adoperare parole gravi e denunciare imminenti disastri dovuti all’altrui rozzezza. Sia chiaro: altrui. Mai propria.

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Perché in effetti lo snobismo in formato-indignazione-civile non regge. E non regge perché, molto banalmente, saremo (e siamo) un popolo con scarso senso civico ed un’infima percezione della nostra identità nazionale, ma il problema non è che ci sentiamo italiani quando giocano gli azzurri. Il problema, semmai, è che ci sentiamo italiani (quasi) solo quando giocano gli azzurri e non anche in altre occasioni. Il che è come dire che la Nazionale di calcio non solo non è un limite, da questo punto di vista, ma al contrario attesta l’esistenza di un pur esile e certo non sufficiente tessuto civile condiviso. Immaginassero, gli snob nostrani, se manco lì gli italiani riuscissero più a sentirsi membri di un’unica comunità nazionale. Sarebbe meglio?

Ancora più duro da digerire, poi, è lo snobismo in formato-etico-morale. Perché gli italiani seguono il calcio e si entusiasmano per il calcio (molto meno per la pallanuoto o mille altri sport) semplicemente perché in quell’attività agonistica e non in altre riescono a sentirsi figli della stessa patria. E certo, è una cosa che può piacere o non piacere, ed è perfettamente legittimo che i nostri pugili (ad esempio) sentano il desiderio di parlare al Paese nella stessa maniera in cui ci riescono i nostri calciatori. Ma non è un crimine avere uno sport nazionale, così come non è un crimine, a livello individuale, preferire la cioccolata alla marmellata. Sono, semplicemente, dati di fatto.

E che dire, poi, dello snobismo in formato-critica-sociale? Ovvero: dell’idea che, se stai male, non devi curare quei piccoli, momentanei ma importanti piaceri che possono giungerti da un attimo d’evasione, da una partita di calcio, da una vittoria della Nazionale? Diciamo che è un po’ come lo snobismo in formato-anti-italiano. Perché se non ti senti legato al tuo Paese – senza, naturalmente, disprezzare gli altri – puoi anche espatriare.


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