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La neve

Da Nubifragi82 @nubifragi

La ragazza con la treccia bionda, la figlia del calzolaio, si voltò e sorrise. Finalmente. E dire che aveva ormai riposto ogni speranza. Tutto sommato cambiava poco, aveva pensato, non si poteva e non si voleva dire innamorato di lei e comunque a scuola fiorivano ragazze in ogni dove. Già aveva puntato una moretta bassa ma tanto carina. L’altro giorno nell’ora di ricreazione si erano pure guardati e chissà… ma ora non serviva più, con un colpo di coda la prediletta, la fiamma più fulgida, l’incontrastabile biondina dalle trecce scolpite nel grano, proprio lei, gli porgeva i suoi favori. Un rumore iniziò a insinuarsi nell’ambiente. Non capiva cosa potesse essere, forse un aratro all’esterno, ma no, era molto più esterno. Il fastidioso sottofondo allontanava l’angelico sorriso, le labbra inarcate si facevano sempre più piccole, l’immagine sfumava. Rang rang rang. Metallo, metallo contro pietra. Un badile? Ora anche una voce, stridula voce di madre. Cosa ci faceva la madre a scuola? No, ora iniziava a capire. Merda, no, no, no. Si aggrappò con tutta la sua energia mentale, ma non c’era nulla da fare, lo sapeva. Un attimo, avrebbe dato chissà cosa per un attimo ancora. Non si poteva fare nulla. L’immagine sbiadì del tutto. Lontana, lontana. Fine. Che strani, i sogni. Quando capisci che sono solamente sogni, se ne vanno, anche se tu sei disposto ad accettarli per quello che sono, sogni.

Aprì gli occhi controvoglia. Guardò la stanza. Mentre si stropicciava gli occhi pensò che non ci si poteva fare niente, la biondina era e rimaneva un sogno, niente più. Guardò l’orologio. Erano le otto. Otto! Tardissimo! Come era possibile che nessuno lo aveva svegliato per andare a scuola? Eppure distingueva benissimo la voce della madre. Quella donna era puntuale come Pasqua e Natale, non era possibile si fosse dimenticata. Ci doveva essere un altro motivo. Stirò il corpo e si fece coraggio. Abbandonate le coperte, il freddo rapace lo circondò e si impossessò in breve delle sue membra. Freddo infame. La biondina sarebbe rimasta là, sotto le coperte calde, lontano dalla realtà, lontano da lui. Sotto la sua finestra poteva sentire il rumore metallico che per primo si insinuò nel suo sogno rovinandolo poco a poco. Spalancò gli stipiti e davanti ai suoi occhi il mondo si presentò in tutto il suo candore. Neve ovunque, tutto era bianco. Il fratello, da sotto, posò il badile e imprecò contro lo scioperato consanguineo. Che non si vergognava a starsene a poltrire, bastardo, mentre lui doveva sfondarsi la schiena peggio che un cosacco? Maledetto maggiorascato, beata inezia infantile dei secondi arrivati.

Allora tutto era chiaro. La madre non si era dimenticata, il pulmino non sarebbe passato. Niente scuola. La felicità fu scalfita dalla consapevolezza che i suoi occhi non si sarebbero posati sulle amate trecce. Ma in fondo che importava? Non l’aveva mai considerato e probabilmente non l’avrebbe mai fatto. Sentiva il freddo accarezzargli la schiena e stringergli in una morsa le articolazioni. C’era una sola cosa da fare. Richiuse gli stipiti e non fece caso al turpiloquio del fratello, il quale non si negò per lo meno lo sfizio di silurare la persiana con una palla di neve. Si tuffò tra le lenzuola e scomparì tra le coperte. Un abbraccio caldo lo avvolse. Una treccia bionda sembrò materializzarsi nel buio.



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