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La Nigeria e la convivenza religiosa: un caso di studio per il mondo

Creato il 08 novembre 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
La Nigeria e la convivenza religiosa: un caso di studio per il mondo

La pubblicazione in lingua italiana dei migliori interventi del recente 10o Forum di Rodi prosegue, dopo Tiberio Graziani, Hans Köchler e Vladimir Jakunin, con il discorso di mons. John Onaiyekan,, arcivescovo di Abuja (Nigeria), alla sessione plenaria del 4 ottobre scorso.

 

Introduzione

È un grande onore essere stato invitato a far parte di questa conferenza di dialogo delle civiltà. Il mondo nel quale oggi viviamo offre la speciale opportunità di produrre per la prima volta nella storia umana una comunità realmente globale. Comunque, essa è allo stesso tempo piena di pericoli di disordine globale o anche di conflitto generale che potrebbero segnare la distruzione della nostra famiglia umana. È perciò dunque che deve essere profuso ogni sforzo per intraprendere un dialogo finalizzato alla cooperazione, con franchezza da parte di tutti gli uomini e le donne di buona volontà. La nostra famiglia umana è complessa, ci sono differenze in tutti gli aspetti della nostra esperienza umana, sia come individui, sia come comunità.

Quello del “dialogo di civiltà” è un concetto complesso, in particolar modo se intendiamo la civiltà in un senso onnicomprensivo che racchiuda non solo i modelli di pensiero, le lingue e le arti, ma anche la religione e la filosofia. Il mio contributo a questo dibattito è incentrato sulla questione religiosa. Sono consapevole del fatto che vi siano altre problematiche che portano conflittualità e delle quali occorra occuparsi, ma non c’è dubbio che nel mondo di oggi la religione – o, meglio, quello che alcune persone fanno in nome della religione – sia diventata un problema di grande importanza, se non addirittura di grave preoccupazione. Non molto tempo fa, parecchie persone ritenevano che la religione fosse marginale rispetto alle questioni mondiali. Esse credevano che fossero passati i tempi in cui la religione aveva la priorità nelle questioni internazionali. Ora dovrebbero capire fino a che punto si siano sbagliati. In ogni caso, coloro che credevano nell’irrilevanza della questione religiosa sono sempre stati una minoranza, ma pur sempre una minoranza che si è fatta sentire. Ora, anche quelli all’interno di questa rumorosa minoranza sono stati costretti a rivedere le proprie posizioni. Non deve quindi sorprendere che siano stati fatti degli sforzi per cercare di capire il fenomeno della religione nella sua dimensione positiva e non solamente come una ragione ulteriore di conflitto e disordine.

Nel mio Paese, la Nigeria, prendiamo la religione molto seriamente e nessuno sostiene che essa non abbia importanza. A partire da questo, abbiamo plasmato una relazione sulla base di una nazione costruita “sotto Dio”. La nostra è una Nazione nella quale c’è un pluralismo di sistemi e di credenze religiose, ma con la libertà per ogni persona di seguire la propria coscienza. Il progetto di una società religiosamente pluralistica nella quale ci siano giustizia e uguaglianza di diritti è un impegno arduo e in continua evoluzione. In questo intervento, inizierò a descrivere brevemente l’esperienza nigeriana a tale riguardo, gli sforzi che abbiamo fatto e il valore dei traguardi che abbiamo raggiunto. Non chiuderemo comunque gli occhi davanti alle sfide e ai fallimenti con i quali abbiamo avuto a che fare. Nella seconda parte dell’intervento, mi auguro di riuscire a delineare alcune osservazioni su ambiti nei quali credo che l’esperienza nigeriana possa fornire al resto del mondo delle proposte utili per cercare di costruire una moderna società umana dove le diversità di cultura e di fede siano accolte in modo positivo e cooperativo. In tutta la mia analisi, nutro la fiducia e la convinzione costante nel futuro della nostra umanità. Ho fiducia nella capacità della comunità umana di lavorare su un dialogo per il bene comune, costruito sull’ampio margine di cose in comune che tutti noi esseri umani condividiamo. Come cristiano, credo anche che ciò sia completamente in linea col significato escatologico del messaggio di Cristo, che confida in un paradiso e in una terra nuovi, un Regno di Dio, nel quale prevalgono la giustizia, la pace e l’amore.

Parte II: La religione in Nigeria

1. La Nigeria nei media

La Nigeria è stata citata molto spesso dai mezzi di informazione internazionali nel corso dell’ultimo anno, e sfortunatamente per ragioni che sono ben lungi dall’essere positive. Le notizie erano incentrate sugli atti di violenza di un gruppo terroristico islamico generalmente chiamato Boko Haram (BH), un soprannome che potrebbe essere liberamente tradotto come “l’educazione occidentale è un abominio”. Dico “soprannome” perché il gruppo si fa chiamare, in arabo, Jama’atu Ahlis Sunnah lil Dawa’ati wal Jihad. Questa lunga denominazione può essere liberamente tradotta come “Associazione di Musulmani Sunniti per la Diffusione della fede (da’awah) e per la Battaglia per l’Islam (Jihad)”. Qualunque sia il loro nome, ciò che è andato su tutti i giornali è la serie di atti violenti da essi perpetrati, soprattutto nelle zone settentrionali della Nigeria. Viviamo in un mondo violento e il nostro Paese, la Nigeria, ha avuto più della sua giusta quota di violenza. Per un certo periodo, abbiamo affrontato la prova del dilagare di rapine a mano armata e di sequestri di persona, di scontri etnici, della militanza socio-politica nel delta del Niger e di altre forme di disagio sociale. Ma il BH ha portato qualcosa di nuovo e di scellerato nella nostra esperienza di atti violenti almeno in due modi: a) è particolarmente aggressivo nei propri attacchi, i quali comprendono l’uso di tattiche terroristiche suicide e b) proclama di agire nel nome di Dio, prendendo deliberatamente di mira i cristiani e le loro istituzioni, probabilmente per favorire la diffusione dell’Islam. Sebbene i membri siano pochi e costituiscano una piccola minoranza all’interno della comunità islamica nigeriana, essi rappresentano un effettivo pericolo per l’intera comunità nigeriana perché sono dei fanatici con una logica perversa e delle menti contorte. Costoro sono quasi riusciti a polarizzare la nostra nazione lungo i confini religiosi, cercando di colpire la nostra delicata armonia costruita nel corso di molti anni di pazienti sforzi e tentando di renderci l’uno nemico dell’altro. Sono certamente riusciti a darci la pessima fama di una nazione instabile e non sicura, dove i cristiani sono perseguitati e impunemente uccisi senza distinzione da parte di terroristi musulmani esplicitamente violenti.

2. La libertà religiosa in Nigeria

Nonostante quello che abbiamo detto in precedenza, soprattutto riguardo alle attività del BH, ho sempre avuto la convinzione, e ancora ce l’ho, che in Nigeria ci sia di base un’atmosfera di libertà religiosa. La Costituzione stessa della Nigeria evidenzia due punti importanti. Il primo è che la religione viene riconosciuta come un elemento importante nella nostra Nazione, dal momento che la Costituzione enuncia il dovere di costruire una nazione unita e fiorente “sotto Dio”. L’altro punto è incentrato sul fatto che né il Governo federale né alcun governo locale deve adottare una fede come religione di Stato. Inoltre, i principi generali delle libertà fondamentali esprimono chiaramente la libertà di ogni nigeriano, secondo le disposizioni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite per la libertà di culto e di pensiero. La nostra Costituzione prevede non solo la libertà di aderire ad una religione di propria scelta, ma anche di cambiare la propria fede se lo si desidera. Questo divieto alla religione di Stato ha portato certi ambienti a definire la Nigeria uno “Stato secolare”, terminologia che ha scatenato molte controversie sul suo reale significato. Durante il dibattito all’Assemblea Costituente, tale espressione è stata abbandonata dal progetto; c’è stato invece chi l’ha rifiutata per il fatto che essa potrebbe essere interpretata nel senso che la Nigeria sarebbe considerata una Nazione “senza Dio”. Che la Nigeria NON sia una Nazione “senza Dio” è un punto sul quale cristiani e musulmani generalmente sono d’accordo. La disposizione sulla proibizione della religione di Stato è arrivata come una formulazione di compromesso per soddisfare entrambe le posizioni. In ogni caso divergenze, a volte gravi, sono sorte per ciò che riguarda la denominazione “religione di Stato” per una religione in particolare. Fino a che punto il governo può promuovere le preoccupazioni religiose e i programmi di un determinato culto? Un esempio significativo è la posizione della Shari’a islamica all’interno del nostro sistema legale. Questo ha generato un grande dibattito che ancora deve risolversi in modo soddisfacente per tutti gli interessati.

3. La realtà delle religioni in Nigeria

La verità è che i circa 170 milioni di abitanti della Nigeria si dividono abbastanza equamente tra musulmani e cristiani. Questo ha reso la nostra nazione “la più grande nazione cristiano-musulmana nel mondo”. Con questo, intendo che non c’è altro Paese con così tanti cristiani che vivono al fianco di così tanti musulmani, all’interno della stessa nazione, con uguaglianza e rispetto reciproci. Una delle due religioni può essere prevalente in alcune aree, ma entrambe sono presenti ovunque in una certa misura. Continuare a parlare del “Nord musulmano” e del “Sud cristiano” è estremamente fuorviante e inesatto, sebbene possa essere comodo per un giornalista. Se nelle zone più a nord e a sud-est vi sono soprattutto musulmani o cristiani, nella cintura intermedia del Paese e nel sud-ovest essi sono distribuiti in modo piuttosto eterogeneo. Questo è il motivo per cui ogni discorso su una divisione della Nigeria in un Nord musulmano e in un Sud cristiano non solo ha poco o nessun senso, ma è addirittura una strada che conduce al caos.
A causa delle nostre occasionali e sporadiche crisi di violenti scontri etnico-religiosi, c’è una spiacevole tendenza a trascurare il fatto molto importante che nella vita quotidiana della nostra gente ci sia un’encomiabile dimensione di convivenza pacifica e armoniosa a prescindere dai confini religiosi. A parte i venerdì e le domenica, quando le nostre strade si separano per i riti settimanali, affrontiamo gran parte delle nostre vite come cittadini della stessa nazione, che vivono e si sforzano di vivere nelle stesse condizioni socio-economiche e che a volte sono membri della stessa famiglia. Per apprezzare questo fatto, basterebbe solamente visitare qualsiasi ufficio governativo, qualche mercato o delle botteghe.

4. Contatti interconfessionali

Poiché il BH ha una dimensione chiaramente religiosa, ci si aspettava che i leader religiosi ricoprissero un ruolo chiave nel portare pace e riconciliazione. Sfortunatamente, ciò non è accaduto. Il principale gruppo di contatto cristiano-musulmano, il Consiglio Interconfessionale Nigeriano (NIREC), è stato profondamente menomato, forse soprattutto a causa dell’intenso clima di tensione religiosa. Fino ad ora non è stato in grado di riunirsi, né di rilasciare dichiarazioni comuni o di agire congiuntamente per la pace. Questo però non significa che i leader religiosi e le comunità non abbiano fatto nulla. Una serie di azioni ed iniziative interreligiose sta spuntando a differenti livelli e in svariate parti del Paese.

Leader religiosi, donne e gruppi di giovani si sono messi in comunicazione per dire “no” alla polarizzazione religiosa. Per esempio, con un gruppo di leader musulmani e cristiani ad Abuja, abbiamo fondato un “Forum di Abuja per costruire la Pace Interconfessionale”. Le donne, sotto la guida di una suora cattolica, la Rev. Suor Agatha Chikelue (delle Figlie di Maria Madre di Misericordia) e di una donna leader di un gruppo musulmano, chiamata Hajia Myriam Dada Ibrahim, si sono organizzate nella “Rete delle Donne di Fede di Abuja”, associata a un gruppo internazionale con lo stesso nome, formato da donne, sotto gli auspici del Religions for Peace-International, con sede a New York. Anche i giovani hanno fatto qualcosa di simile. Attraverso queste nuove strutture, abbiamo compiuto dei gesti simbolici per proiettare il messaggio di pace e cooperazione al di là dei confini religiosi. Esempi di simili gesti includono “l’Albero della Pace” piantato dai giovani, la mobilitazione delle donne dai livelli di base per trasmettere atteggiamenti pacifici, programmi radio-televisivi e, infine, credenti cristiani che assistono alle fasi di “rottura del digiuno” del Ramadan nella moschea.

I nigeriani credono molto nelle preghiere e gran parte di esse è salita verso il Cielo dalle chiese e dalle moschee. Noi ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Un amico musulmano, il Segretario Esecutivo della Moschea Nazionale di Abuja Alh. Ibrahim Jega, mi ha recentemente spiegato che la nostra crisi attuale sarà usata da Dio per arrivare a una Nigeria migliore, dove le religioni saranno in grado di ricoprire il proprio ruolo positivo nella nostra vita nazionale. Io credo che questo accadrà se faremo la prossima mossa su alcuni sviluppi positivi che stanno ora iniziando.

5. Altri fiumi da attraversare

La nostra crisi odierna ha messo in luce alcune questioni che dobbiamo affrontare in modi diversi e positivi, se vogliamo consolidare le fondamenta della nostra nazione, se vogliamo che sia un Paese multi-religioso, pacifico e stabile. Ecco alcune di tali questioni:

Dialogo: le incerte proposte governative per il dialogo con il BH devono essere attuate con accresciuto vigore e trasparenza. Le persone che il governo ha sempre descritto come “gente senza un volto” devono essere smascherate. Se questo dialogo è nell’interesse di tutti noi, arriva un momento in cui abbiamo bisogno di essere adeguatamente informati – e il momento è arrivato. Allo stesso modo, il governo ha bisogno di inserire nella discussione altre parti interessate, in particolar modo i gruppi religiosi, politici, economici e socio-etnici. Un simile dibattito faciliterebbe un approccio più benevolo nel trovare delle soluzioni durature.

Chiarezza costituzionale: una visione quasi unanime in Nigeria ritiene che la nostra Costituzione abbia delle lacune e delle incongruenze. In questi giorni si sta infatti parlando molto della necessità di riesaminare, rettificare o addirittura riscrivere totalmente la nostra Costituzione. Qualunque cosa si decida di fare, dobbiamo chiarire meglio il ruolo della religione nella nostra vita nazionale. Da una parte, la Costituzione impedisce l’adozione di alcuna religione di Stato. Dall’altra, alla luce della nostra esperienza passata, ciò non sembra aver adeguatamente persuaso il governo a cimentarsi in questioni e programmi di tipo religioso. Il caso più clamoroso è quello della Shari’a, che è espressamente citata nella Costituzione. È questo il momento di riordinare il documento e liberarlo delle sue molte incongruenze e in questo modo garantire la libertà di culto per tutti, l’autonomia della religione all’interno della legge e anche un aiuto nella tutela di tutte le confessioni, specialmente tra cristiani e musulmani.

Trattenere i cani sciolti: anche se parliamo del BH, dovremmo sapere che essi non sono il primo gruppo di fanatici musulmani che abbia turbato la quiete religiosa della nostra terra. Ci sono stati molti casi in passato. Ricordiamo qui il gruppo di Maitatsine che ha terrorizzato gran parte del settentrione tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Questo potrebbe non essere collegato col seguito di violenza che è stata storicamente associata alla diffusione e allo stabilirsi dell’Islam in gran parte del Nord. Qualcuno ha insinuato che sia questo il motivo della differenza tra l’Islam nel Nord e quello nel resto del Paese, per esempio nel territorio degli Yoruba. Sappiamo che il Sultano regnante di Sokoto e altri governanti musulmani del Nord hanno da tempo accantonato l’idea di diffondere e sostenere l’Islam attraverso la conquista e la forza delle armi, ma alcuni atteggiamenti aggressivi sopravvivono ancora in alcuni ambienti e devono essere tenuti sotto stretto controllo. Comunque non solo l’Islam deve convivere con i propri cani sciolti. Ci sono fanatici anche all’interno della compagine cristiana, le cui dichiarazioni e atteggiamenti sono tutt’altro che pacifici. Gli Yoruba traducono “fanatici religiosi” con “Agbaweremesin”, che letteralmente significa “coloro che hanno adottato con la loro fede anche la follia”. Attraverso un sistema di auto-regolazione dei loro predicatori, gli organismi religiosi hanno il dovere di eliminare qualsiasi genere di pazzia dai propri seguaci. Dal momento, però, che spesso molti di questi “pazzi” predicatori non sono sotto il controllo di nessuno, spetterà allo Stato di monitorare l’uso della libertà di parola e insistere sul fatto che le dichiarazioni pubbliche debbano rientrare entro i limiti della civiltà, assoggettate alle sanzioni giuridiche. Questo è un ambito nel quale gli organismi interconfessionali e le attività possono essere più efficaci se tenuti a una collaborazione con lo Stato.

Buon governo: l’esperienza con il BH ha palesato l’importanza di un governo capace di gestire quel genere di crisi che abbiamo dovuto affrontare. La politica non è solo un mezzo per ottenere potere e usarlo negli interessi dei governanti. È soprattutto un meccanismo d’instaurazione di una società giusta in grado di garantire il bene comune dei cittadini con libertà e solidarietà. Il governo dovrebbe dunque intraprendere una guerra implacabile alla povertà, alle malattie e alla corruzione a tutti i livelli. In alcuni ambienti, qualcuno ha detto che i giovani armati di bombe e pronti a farsi saltare in aria siano stati spinti a farlo dalla disperazione dovuta alla povertà e alla disgrazia. Questo, ovviamente, non giustifica affatto il massacro di uomini, donne e bambini innocenti. Un clima di malgoverno, però, indebolito dalla corruzione e dalla mancanza d’interesse per il bene comune, diventa terreno fertile per numerosi atti illegali. Un esercito di giovani disoccupati e inabili al lavoro è una bomba a orologeria che aspetta solo di esplodere, in senso più che figurato. A questo riguardo, la nazione nigeriana si trova di fronte ad una grande sfida.

Casi localizzati di oppressione: ci sono luoghi della Nigeria nei quali la fede cristiana è ancora fortemente sotto pressione e dove i cristiani patiscono enormi forme di discriminazione, dovute a molte ragioni, spesso compresa la loro religione. Dobbiamo sostenere che tali circostanze abbiano un estremo bisogno di immediata attenzione. In molte zone del Nord nelle quali prevalgono i musulmani, si riscontra ancora un po’ quella sensazione precoloniale di essere in una comunità islamica in cui i cristiani vengono, nel migliore dei casi, tollerati. Questo è un sentimento superato, per due ragioni. In primo luogo, la Costituzione nigeriana vieta una religione di Stato nell’intera nazione e quindi in ogni sua zona. Così, anche se uno Stato è per il 98% musulmano, esso non può operare come un’enclave islamica all’interno della Nigeria. In secondo luogo, non solo ci sono molti cristiani nelle zone dominate dai musulmani, ma si trovano anche importanti comunità cristiane indigene in questi Paesi, le quali vengono spesso ignorate, emarginate e trattate come se fossero composte da cittadini di seconda classe, anche se appartenenti allo stesso Stato. Le politiche e le azioni ufficiali dello Stato e del Governo locali spesso discriminano i cristiani, arrivando ad una reale persecuzione e alla negazione della vera libertà religiosa. Di esempi, solo per citarne alcuni, se ne trovano in questioni quali la disponibilità dei terreni per le chiese, l’accesso ai pubblici mezzi d’informazione, la diffusione della conoscenza religiosa cristiana nelle scuole pubbliche, le pari opportunità riguardanti l’occupazione e l’ammissione nelle pubbliche istituzioni. Il culmine di tutto questo è la recente dichiarazione della “Legislazione della Shari’a” come sistema legale di alcuni Stati del Nord. Anche se tali leggi hanno avuto l’approvazione di una parte schiacciante della maggioranza dei Parlamenti composti in prevalenza da musulmani, questa decisione rimane contraria nella forma e nella sostanza alla nostra Costituzione. È necessario ammettere che simili atteggiamenti e azioni alimentano un clima di intransigenza islamica – che incoraggia e favorisce i furiosi programmi dei fanatici. Non sono a conoscenza di cose simili negli Stati del Sud dominati dai cristiani. Non possiamo continuare a rinviare o sminuire la piena uguaglianza e la libertà di religione nella nostra terra.

Sullo sfondo della situazione che abbiamo appena descritto, vorrei ora arrischiarmi a offrire alcune riflessioni su come io concepisca il ruolo della religione nella costruzione di un’umanità migliore, in questi nostri turbolenti ma emozionanti giorni. Dalla nostra esperienza di nigeriani, riteniamo di essere nella posizione giusta per mostrare al mondo un esempio di come cristiani e musulmani possano vivere insieme in una nazione, con reciproco rispetto e uguaglianza. Nonostante i nostri casi molto conosciuti di conflitti interreligiosi, siamo riusciti a rimanere uniti, ad andare avanti per una maggiore integrazione e unità nazionale.

Parte III: il ruolo della religione nel costruire un’umanità migliore

1. La realtà della religione

La stragrande maggioranza dell’umanità professa un credo religioso. Più ci conosciamo l’un l’altro, più iniziamo a capire, nonostante le differenze che ci possono essere, l’esistenza di un comune elemento di fede interno al principio fondamentale della vita che guida l’umanità. In differenti lingue ed espressioni, lo chiamiamo “Dio”. Non sono realisti coloro che ritengono che noi dovremmo limitare e isolare la religione nell’ambito delle nostre vite private o addirittura ignorarla del tutto. Infatti, più le persone cercano di ignorare la religione, più essa irrompe, a volte anche nei modi più strani e singolari. Sembra quindi che sia preferibile e più sensato prendere sul serio il fenomeno della religione. Insieme ad altri elementi che definiscono la nostra identità umana, dovremmo cercare terreni comuni per una comunità umana pacifica e armoniosa. Questa iniziativa non può essere affidata in gran parte a politici e governanti. Questo deve essere un ruolo importante ricoperto da coloro che si dichiarano leader religiosi, sotto qualsiasi nome. Quindi, ciò mette in risalto l’importanza di istituzioni e iniziative che uniscono i leader religiosi perché possano consapevolmente tracciare una teoria comune. Noi adesso sappiamo che quasi ogni religione aderisce alla concezione di un Essere Supremo, sebbene alcune di loro possano avvicinarsi a questo Essere Supremo in modi diversi e con una molteplicità di manifestazioni. L’unità di Dio è quindi una solida base per l’unità del genere umano. Di fatto, per quelli fra noi che credono apertamente in un Dio, non concepiamo un’altra robusta base per l’unificazione dell’umanità oltre al fatto che tutti siamo conseguenza diretta delle mani dello stesso “unico Dio creatore del cielo e della terra”. Abbiamo bisogno di sottolineare questo fatto prima di tutto tra di noi, e poi farlo capire anche a coloro che normalmente non prendono con serietà questi argomenti.

2. Le Due Grandi Religioni Mondiali

Ci sono molte religioni del mondo, ma due di loro meritano un’attenzione speciale da parte nostra per quello che riguarda la pace religiosa nel mondo, precisamente: il Cristianesimo e l’Islam. Queste due religioni hanno un elemento in comune, vale a dire che entrambe sostengono di poter essere valide per tutta l’umanità e ognuna di loro si sente investita di una missione divina per riuscire ad abbracciare l’intera umanità. Questa è la fonte dell’entusiasmo che il Cristianesimo e l’Islam possiedono nel diffondere la propria fede in tutti i territori, a tutte le culture e in ogni nazione. Sia il Cristianesimo sia l’Islam sostengono che questa sia una missione affidata loro da Dio. Fino a quando queste due religioni sono rimaste praticamente limitate a parti diverse del mondo, è stato possibile continuare a cullare le rispettive ambizioni nei nostri differenti angoli di globo. Tuttavia, con l’irreversibile processo della globalizzazione, non vi è più alcuna parte del mondo dove queste due religioni non esistano. Quindi, la grande sfida è capire come riconciliare le rispettive pretese universali con il bisogno di vivere in pace l’uno con l’altro e rispettarsi reciprocamente. Questo è un progetto importante che il mio Paese, la Nigeria, ha dovuto affrontare. La stragrande maggioranza dei nigeriani concorda sul fatto che le due religioni siano destinate a durare. Realisticamente, non possiamo assolutamente pensare che una delle due religioni possa eliminare l’altra. Così stando le cose, dovremo trovare il modo di accettarci e rispettarci l’un l’altro in ogni aspetto della nostra vita nazionale. È questo il progetto che abbiamo intrapreso. È importante notare che agevolare e accettare la realtà della presenza e delle azioni di persone di fede diversa non compromette in alcun modo il senso della nostra missione data da Dio. Quello che ciò veramente implica è che noi troviamo i modi per interpretare il nostro senso della missione in una maniera che rispetti anche il nostro dovere dato da Dio per vivere in pace con tutti gli altri esseri umani. Ritengo che questo sia anche il dovere del nostro mondo moderno.

3. Alla ricerca di basi comuni

Sfortunatamente, abbiamo la tendenza a definire le nostre identità rispetto a ciò che non siamo piuttosto che a ciò che siamo. Troppo spesso poniamo l’accento sulle cose per le quali siamo diversi dagli altri e tendiamo a non considerare e a dare per scontate le cose che abbiamo in comune con tutti coloro che ci circondano. Credo che nel nostro mondo moderno, dove la tecnologia ha in pratica trasformato l’intera umanità in un’unica famiglia globale, per noi sia importante perseguire il più possibile gli obiettivi comuni che abbiamo. Nell’ambito della religione, tale compito non solo NON è inutile, ma è anzi molto gratificante. Nonostante le loro ovvie differenze, il Cristianesimo e l’Islam possiedono un ampio margine di elementi comuni, partendo dalla concezione fondamentale primaria che vi sia un solo Dio. Quando cerchiamo di identificare ulteriori elementi in comune, siamo piacevolmente sorpresi nello scoprire quanto condividiamo nell’ambito delle confessioni religiose e dei nostri principi morali. Non deve stupire che i cristiani e i musulmani possano vivere insieme, guidati dalla stessa varietà di principi morali di base. E quando ci prendiamo la briga anche di guardare nelle nostre Scritture, gli elementi comuni sono fin troppo chiari sia in termini di personalità sia di contenuti. Questo significa, quindi, che non dobbiamo aver paura di ammettere che non siamo gli unici che possiedono il nostro apparato di valori religiosi. La Chiesa Cattolica, nel Concilio Vaticano II, ha indicato chiaramente queste verità fondamentali ed è per questo che la Chiesa è capace di arrivare ad un dialogo con tutti gli uomini appartenenti a credi religiosi esistenti. Questo è il principio che sta alla base della creazione e delle operazioni del “Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso” di Roma e delle sue controparti a livello di nazioni e diocesi. Nonostante le differenze, ogni religione dovrebbe compiere gli stessi sforzi affinché si possa progressivamente vederci l’un l’altro come persone di fede, fede non in un qualcosa, ma in un Dio reale e personale.

4. Celebrando le nostre differenze

È piuttosto ovvio che ci siano delle differenze tra le diverse confessioni religiose. Quello che non è così ovvio, è che abbiamo bisogno di celebrare tali differenze. Purtroppo, c’è la tendenza a pensare che ciò che è diverso sia sbagliato o addirittura malvagio. Con una mente più creativa, saremmo capaci di scoprire che le diversità delle espressioni e delle idee religiose possono diventare come differenti colori di un arcobaleno, che causano una bellezza tale da richiedere una celebrazione. Inoltre, non possiamo scoprire la bellezza degli altri se non siamo disponibili ad ascoltarli e a condividere la loro esperienza. È qui che ogni sforzo ed ogni istituzione tesa alla ricerca di una reciproca comprensione religiosa diventa un passo verso la giusta direzione. Per quanto riguarda la comprensione reciproca interreligiosa, un dato di fatto è molto incoraggiante e cioè che la maggioranza di semplici credenti non ha difficoltà ad instaurare rapporti con persone di altre religioni. È questa l’esperienza nel Paese da cui provengo, dove cristiani e musulmani affrontano la propria vita quotidiana nelle differenti situazioni della nostra realtà nazionale senza alcuna difficoltà, rispettandosi l’un l’altro e agendo insieme nella lotta per la vita.

5. La pericolosa minoranza dei fanatici

Quella parte delle comunità religiose che rifiuta di riconoscere ideologicamente qualcosa di buono negli altri è veramente una piccola minoranza. Queste persone sono quelle che normalmente chiamiamo “fanatici”. Essi esistono in tutto il mondo, come gruppo piccolo ma pericoloso. La cosa triste è che molto spesso le frasi negative e le attività di questi fanatici prendono il posto del discorso sui rapporti interreligiosi. In questo modo, per esempio, un uomo probabilmente pazzo che produce uno stupido film su Maometto è riuscito a catturare l’attenzione dei media internazionali, mentre nessuna delle splendide cose che i cristiani e i musulmani stanno facendo insieme in tutto il mondo attira alcun tipo di attenzione mediatica. Questo significa che la grande maggioranza di coloro che credono in una convivenza armoniosa deve rompere il proprio silenzio e trovare dei modi e dei mezzi per ottenere ascolto anche a livello mediatico. Per tutto il tempo in cui i fanatici tengono banco, essi cercano di dettarci l’agenda e, di fatto, possono riuscire a cambiare i nostri atteggiamenti positivi in senso contrario. In questo caso, la responsabilità della stampa non potrebbe essere più enfatizzata. I fanatici, il cui mestiere è generare scontri e promuovere la violenza, devono essere rinnegati dalla maggioranza delle comunità religiose alle quali appartengono. Dovrebbero essere condannati per quello che sono veramente, cioè dei criminali, piuttosto che concedere loro di presentarsi come eroi in difesa della propria fede. Abbiamo spesso sentito persone dire “questi uomini non ci rappresentano”. Noi dobbiamo andare oltre il semplice discorso e, anzi, condannarli e isolarli in modo che il resto del mondo possa vivere in pace.

6. La religione, il nostro Ordine del giorno e i problemi

Infine, come avevamo già detto nell’introduzione, le nostre vicende umane sono caratterizzate dai programmi che siamo costretti a seguire: il linguaggio culturale, la politica, l’economia e senza dubbio anche il discorso religioso. In molti casi, purtroppo, diverse battaglie vengono combattute in nome della religione, soprattutto perché la religione può essere facilmente utilizzata per generare entusiasmo per qualsiasi causa, nobile o malvagia. Inoltre, in numerose situazioni, la religione incide su ogni aspetto della vita e quindi spesso è difficile separare il religioso dal non-religioso. Questi sforzi, tuttavia, devono essere fatti in modo tale da liberare la fede dai problemi di altri ambiti, che sono forse anche legittimi, ma certamente non religiosi. Anche le diverse vicende passate e il bagaglio storico del rapporto interreligioso spesso hanno un forte impatto sul modo di vivere oggi questo nostro rapporto. In ogni caso, è importante risalire alla natura della fede e capire come la pratichiamo. Ogni volta che si verifica una violenza o un conflitto in nome della religione, è buona norma mettere in dubbio l’autenticità di quelle affermazioni religiose. Regolarmente, si scoprirebbe che qualcuno da qualche parte sta usando la religione per battaglie con altri scopi.

Conclusioni

Quelli tra noi che hanno grande fiducia nella religione hanno il dovere di continuare a esigere che la nostra fede sia una forza per il bene nel mondo di oggi. Ciò sarà credibile e significativo solamente se faremo veramente dei passi concreti per assicurarci che ciò che noi diciamo e il modo in cui pratichiamo la nostra religione portino veramente ad una convivenza armoniosa tra i figli di Dio. Oggi più che mai, le religioni hanno bisogno di unirsi; esse, però, non si uniranno per caso. C’è bisogno che i rappresentanti delle differenti religioni, che parlano a nome delle proprie congregazioni, vengano visti collaborare e soprattutto affrontare le sfide comuni del nostro mondo moderno. Queste sfide comuni, le abbiamo davanti agli occhi: una forma di buon governo in molti Paesi, una conduzione etica delle relazioni economiche internazionali, uno sfruttamento saggio e sostenibile delle risorse non rinnovabili della terra, la ricerca della pace e la conclusione degli scontri, l’inserimento degli interessi nazionali all’interno di una comunità mondiale, verso la quale tutti provino un senso di appartenenza. Queste sono solo alcune delle sfide. Temo che non ci sia altra possibilità se non quella di lavorare seriamente in questo senso. Se le persone di fede non possono vivere in pace nel mondo di oggi, allora non vi è quasi alcuna speranza di pace nel nostro mondo in generale. Dal momento che la speranza è un principio essenziale della religione, non possiamo non guardare a un futuro migliore per la nostra famiglia umana.

(Traduzione dall’inglese di Stefano Contini)


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