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“La nuova bussola quotidiana” perde la bussola sui figli naturali

Creato il 17 luglio 2013 da Cagliostro @Cagliostro1743

“La nuova bussola quotidiana” perde la bussola sui figli naturaliIl dibattito sui figli naturali è tornato recentemente all’attenzione dei media. Il 27 novembre 2013 il parlamento ha approvato il disegno di legge che equipara del tutto i figli naturali (ossia nati fuori dal matrimonio) a quelli legittimi (nati da una coppia sposata). Infatti, paradossalmente, chi era nato da una coppia non sposata avviava rapporti legali di parentela solo con i genitori ma non con gli altri parenti (zii e nonni): ciò aveva rilevanti effetti anche in termini successori perché i figli naturali non avrebbero potuto eventualmente ereditare.
Inoltre in caso di morte dei genitori naturali il bambino non sarebbe stato affidato automaticamente ad eventuali parenti (con cui non aveva nessuna relazione legale) ma sarebbe andato in adozione ad estranei.
Per eliminare questa situazione erano stati presentati diversi disegni di legge (successivamente unificati) che vedevano tra i proponenti parlamentari come Paola Binetti, Rosi Bindi, Gabriella Carlucci ed Alessandra Mussolini. A seguito di un emendamento in cui veniva introdotta la possibilità di riconoscere i figli nati da incesto Paola Binetti aveva deciso di votare contro il disegno di legge che vede il suo nome tra i proponenti.
L’esecutivo guidato da Monti avrebbe dovuto presentare il decreto attuativo della legge approvata ma, a causa della crisi di governo, questo incarico è passato all’esecutivo guidato da Enrico Letta.
Proprio la presentazione del decreto attuativo è stata l’occasione per Tommaso Scandroglio su La nuova bussola quotidiana, sito cattolico di informazione, di titolare “Decreto filiazione, un’altra spallata al matrimonio”.
Secondo Scandroglio «Tutti ovviamente plaudono a questa modifica del diritto di famiglia, ma in realtà si tratta di un ulteriore vulnus alla famiglia fondata sul matrimonio». In effetti – prima dell’introduzione della possibilità di riconoscere i figli nati da incesto – il disegno di legge era stato approvato il 30 giugno del 2011 alla Camera con una larghissima maggioranza (476 favorevoli, un astenuto e nessun contrario) ed anche i cattolici più oltranzisti avevano appoggiato questo disegno di legge che per Scandroglio sarebbe «un ulteriore vulnus alla famiglia fondata sul matrimonio». Ironico che questo “vulnus” sarebbe stato apportato addirittura da una parlamentare “ultra cattolica” come Paola Binetti.

Sempre il giornalista de La nuova bussola quotidiana si domanda: «Perché il legislatore che redasse il codice civile volle inserire questa distinzione tra figli naturali riconosciuti e figli legittimi? Per il semplice motivo che il principio di uguaglianza predica che situazioni uguali devono essere disciplinate in modo identico, e situazioni differenti in modo diverso». Bisogna precisare che il Codice civile è temporalmente antecedente alla Costituzione della repubblica italiana (che è superiore al Codice civile nella gerarchia delle fonti) e l’articolo 30 della nostra “Magna Charta” prevede che «La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima». Resta da chiarire quali siano queste “situazioni differenti” tra figli naturali e figli legittimi di cui scrive Scandroglio.

Il giornalista continua: «Come ha scritto Mario Palmaro nell’articolo “Incesto legale, ultima frontiera” (Il Timone, Gennaio 2013) è di lapalissiana evidenza che “di fronte a situazioni di fatto differenti, segue un legittimo trattamento giuridico differente, anche quando queste ‘diversità’ non siano ‘imputabili’ ai diretti interessati. Del resto, anche i figli dei divorziati e dei separati non hanno colpa della scelta dei loro genitori: perché nessuno prova a limitare il diritto al divorzio nell’interesse della prole?”. Non si possono dunque riconoscere diritti propri del vincolo matrimoniale a soggetti che non vivono nella realtà matrimoniale». Tutto questo con buona pace non solo della nostra Costituzione ma anche di una basilare umanità che vorrebbe che i figli nati da coppie non sposate non solo possano avere, da un punto di vista legale, dei genitori ma anche dei nonni, degli zii e dei cugini soprattutto nel caso in cui i loro genitori dovessero morire. Ma forse a bambini rimasti orfani si potrebbe facilmente spiegare che non possono essere affidati a zii o a nonni perché la loro situazione è “differente” da quella di altri bambini i cui genitori erano sposati.

Scandroglio si domanda se la differenza (per fortuna abrogata) tra figli naturali e legittimi sarebbe un “atto discriminatorio” ma la risposta è pronta e lucida: «No, per nulla. Infatti ai figli nati fuori dal matrimonio da sempre sono stati riconosciuti i diritti fondamentali: vita, salute, educazione, libertà, etc.». Ma come sono fortunati questi figli nati fuori dal matrimonio: possono vivere, essere curati, andare a scuola ed addirittura non andare in galera se non hanno commesso un reato. Peccato che la nostra Costituzione non prescriva di riconoscere ai figli nati fuori dal matrimonio solo “i diritti fondamentali” ma prevede esplicitamente «ogni tutela giuridica e sociale».

Per il giornalista cattolico «è una contraddizione assegnare ai figli di genitori non sposati, che non si sono assunti nessun particolare obbligo giuridico, quei diritti che sono frutto invece di un impegno reciproco delle coppie coniugate». Forse il comma 1 dell’articolo 30 della Costituzione smentisce l’assunto che essere genitori non sposati non comporti “nessun particolare obbligo giuridico”: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio». Insomma per la nostra Costituzione non importa se sei sposato o no: se hai un figlio lo devi mantenere, istruire ed educare. E non a caso il comma 4 dello stesso articolo prescrive: «La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità». In soldoni: se un uomo non riconosce un figlio avuto (magari da un rapporto occasionale) può essere portato in tribunale, la sua paternità può essere stabilita ed è obbligato a riconoscere ed a mantenere il figlio.

Scandroglio riconosce che «Qualcuno potrebbe obiettare che questo trattamento a doppio binario faceva pagare ai figli le scelte personali dei padri» ma al tempo stesso è del parere che «i genitori devono essere responsabili delle proprie scelte anche nei confronti dei figli. Se due conviventi non si vogliono sposare, sappiano che questa decisione inciderà anche sui figli». Con buona pace dell’articolo 30 della nostra Costituzione che invece prevede che la decisione dei genitori di non sposarsi non deve incidere sui figli.

Il giornalista per fortuna spiega quale fosse il motivo di questa (ex) differenza: «Il nostro ordinamento giuridico conservava uno status giuridico differente tra figli naturali e non proprio perché voleva educare i cittadini alla consapevolezza che l’unico luogo adatto per mettere al mondo i propri figli è il matrimonio. La distinzione operata era a favore del matrimonio ed insieme rappresentava un deterrente per le unioni libere». Dalla lettura dei citati commi dell’articolo 30 della Costituzione sembra invece che i Padri Costituenti (in maggioranza cattolici) volessero dire che non è importante se i figli nascessero da coppie sposate o meno e se fossero voluti o frutto di rapporti occasionali: ogni figlio ha il diritto di essere educato, istruito e mantenuto ed i figli nati fuori dal matrimonio devono avere «ogni tutela giuridica e sociale».

Scandroglio paventa quali possono essere i “rischi” di questa legge: «Ora invece questa ulteriore modifica legislativa farà nuovamente da sponda alle convivenze e andrà a detrimento del matrimonio, vero soggetto discriminato dall’iniziativa del governo Letta. Infatti se i figli dei conviventi avranno gli stessi ed identici diritti dei figli nati nel matrimonio perché sposarsi?». Forse dovrebbe considerare che, legge o meno, dalla metà degli anni Novanta in poi è aumentata considerevolmente nel nostro Paese la quota dei bambini nati da coppie non sposate: nel 1997 erano l’otto per cento del totale mentre nel 2007 si è passati  al 15 per cento. Nel 2011 ci si è attestati addirittura al 24,5 per cento dei bambini nati in quell’anno era figlio di genitori non sposati. Insomma – a prescindere dalle legge – gli italiani decidevano di fare figli ma di non sposarsi: il legislatore (anche cattolico) ha solo preso atto di questa situazione.

Nonostante la Costituzione sembri smentire quanto riportato da Scandroglio, il giornalista in un successivo articolo titola Decreto filiazione: è incostituzionale” e, dopo aver riportato il pensiero di alcuni componenti dell’Assemblea costituente, scrive: «I lavori preparatori fanno dunque capire che la legge 219 del 2012 e il decreto dell’altro ieri del governo sono incostituzionali, proprio perché i padri costituenti consideravano di vitale importanza mantenere una distinzione sostanziale e formale tra figli nati nel o fuori dal matrimonio, stante il riconoscimento a tutti i figli dei loro diritti fondamentali». Per questo motivo si domanda: «Ora cosa si fa? Dovremo metter mano alla Costituzione?». Scandroglio può stare tranquillo: non c’è da mettere mano alla Costituzione. Lo prevede la stessa Corte costituzionale nella sentenza 494/2002 riguardante i figli naturali nati addirittura da incesto. Per la nostra Corte «le responsabilità, anche penali, dei genitori incestuosi non giustificano la limitazione dei diritti dei figli, che non possono essere pregiudicati da fatti e scelte a loro non attribuibili». Se la Corte si esprime in questo modo per quanto riguarda i figli incestuosi (ed infatti anche questi possono essere riconosciuti previo consenso del Tribunale) c’è da essere certi che la Corte Costituzionale non potrebbe mai considerare incostituzionale l’equiparazione dei figli naturali a quelli legittimi. E per fortuna.

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