Ha pensieri che volano troppo in alto Giulia. Perfino quando parla di cioccolato e patatine pensa. Pensa a qualcosa, a qualcuno, a se stessa. Ci potrebbe morire di malinconia: adesso lo pensa sul serio.
Ha freddo. Le dita a stento riescono a tenere dritta la penna. La mano cerca di guidarla muovendosi al ritmo di quello che le sta fluttuando nella testa. Il freddo gelido ora le sta penetrando nelle ossa e le cinge le tempie. Ma adesso non le importa. Probabilmente con la febbre, domani le importerà di più. Adesso vorrebbe solo scrivere. Scrivere e bucare il foglio con quei pensieri che le tolgono il respiro. Questa è una di quelle volte in cui maledice se stessa e quella sua dannata capacità di complicarsi l’esistenza facendo capriole immense di pensieri.
Il vento le soffia tra i capelli, lei riesce a percepirne i sussurri. Sembra parlarle. Sussurri, poi parole, poi vortici. È una tempesta di pensieri la sua testa. Ma il freddo che le punge i fianchi la riporta sulla terra, su quella panchina su cui si è seduta da non ricorda più quanto ormai.
Intorno a lei regna il deserto. Neanche un passante, un vecchio che si trascina col bastone. Nessuno. Forse è meglio così, pensa. Meglio evitare sguardi indiscreti che potrebbero rubarle il segreto della sua anima. Il lampione dietro di lei getta luce proprio sulla panchina, aumentando il senso della sua solitudine. Ma anche questo non le importa ora. Il profumo del mare non le giunge: ecco, a questo non ha pensato.
Intanto scrive, immaginando che una mano si posi sulla sua spalla da un momento all’altro. Forse non ci spera veramente, ma le piace credere che possa accadere davvero. Poi si ferma d’un tratto e sorride scoprendo la sciocchezza delle proprie fantasie: in fondo lei non sta girando un film, non sta animando un libro di Coelho. Sta semplicemente tentando di imbrattare un po’ di carta, in modo che poi, rileggendole, quelle macchie d’inchiostro diano un senso al tempo che sta sprecando sotto un cielo buio che non si è neanche sforzato di regalarle una stella, alla luce di un lampione che risalta appena la sua figura minuta (a guardarla da lontano difficilmente sapresti distinguerla da una bambina), in una stradina di mare che nessuno frequenta.
E allora perché si trova lì? Pensa. Alla fine conclude che se glielo chiedessero, adesso lei risponderebbe: <<Aspetto>>. E si immagina l’espressione accigliata di una signora impellicciata che stupita le domandi: <<Scusi signorina, cosa aspetta?>>. Allora Giulia le sorriderebbe dicendole: <<Aspetto la vita>>.
Si, Giulia sta aspettando la “vita”. Aspetta lo sguardo di quel passante che le rapisca i pensieri, facendola sentire di nuovo partecipe del mondo dal quale ormai si è esclusa; aspetta che quella mano si posi sulla sua spalla, destandola dal sonno emozionale cui si è costretta a giacere; aspetta che il freddo diventi più clemente con la sua pelle (e con l’influenza che le verrà domani!), e aspetta che il lampione si spenga, oscurando tutti i “riflettori” che si è puntata addosso, scegliendo di andarsi a sedere su quella panchina.
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