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Solo Curzio Maltese su Repubblica lo giudica come me un ottimo film (4 stelle) e anche se non condivido tutto quanto dice almeno sul voto finale ci siamo. Altri non ne ho trovati, tra i "critici noti", di ugualmente soddisfatti; ce ne saranno ma non so dove. Ho letto le ragioni degli "scontenti" di vario grado, ma non le comprendo né mi paiono ben motivate. Ad ogni modo non scrivo per confutarli, mi limiterò a esporre quel che penso io.
Una cosa però desidero dirla prima di chiudere quest'incipit: prima di scrivere con sufficienza, per non dire male, di un film di Almodovar bisognerebbe genuflettersi a quel che ha fatto nella sua ormai lunga e straordinaria carriera, pensare se magari non si è ben capito o apprezzato quel che s'è visto per propri limiti, e solo allora, se proprio non se ne può fare a meno di esprimere un giudizio negativo, usare perlomeno termini sommessi, perché a un Maestro si deve sempre rispetto. Così la penso e nulla e nessuno può farmi cambiare idea.
Il romanzo "Tarantula" (1984, tit. originale "Mygale") del francese Thierry Jonquet a cui Almodovar (anche sceneggiatore) s'è ispirato, sembra scritto apposta per un suo film. La storia parte quasi dalla sua fine. Ledgard è un rinomato e ricchissimo chirurgo plastico, anche noto ricercatore, la sua favolosa villa dispone persino di una sala operatoria con tutti i crismi. Ha una governante "quasi madre" e quando rientra dal lavoro fa visita a Vera (nome che suona molto ironico), una specie di "donna in vetrina" molto bella a suo esclusivo godimento, coperta da un aderente body che sa di sanitario. Chiusa a chiave, la va a trovare, le dà consigli, prescrizioni, e se ne va rinchiudendola. E' chiaro da subito che Vera ha qualcosa di atipico, a tratti sembra "finta"... A colpi di flashback ben descritti da didascalie scopriamo che il chirurgo ha alle spalle lutti gravi. La moglie, e a distanza di pochi anni l'unica figlia, sono tragicamente morte suicide, quest'ultima in seguito a un tentativo di stupro. Individuato il giovane autore dello stupro lo fa rapire e portare nella sua magione, dove attuerà una spaventosa vendetta, trasformandolo nella sua "cavia di studio", che è Vera appunto. Non sarà solo un cambio di sesso. Ledgard è uno che ha operato più volte in trapianti facciali e porta avanti ricerche su epidermidi transgeniche...
Ho giusto raccontato il plot essenziale e volutamente omesso molto. Dentro ci sono parecchi altri personaggi e situazioni.
Il film procede a incastri, come un giallo. Non tutti consequenziali, ma il meccanismo quasi "a mosaico" funziona, secondo alcuni è fin manieristico in questo. Fatto sta che il film tiene desti fino alla fine e non risiede nelll'espediente narrativo il distinguersi di questo film. Non si distingue nemmeno per punti di ripresa o funambolismi di mdp. Solita, eccellente, la fotografia con predominanza di rosso, un marchio distintivo del regista. Bravo e perfetto Antonio Banderas, che torna a recitare con Almodovar dopo più di 20anni (ultimo film fu "Légami!"), però il suo ruolo è anche relativamente semplice, Ledgard è espressivamente monolite, sempre serio, concentrato, qualche sfumatura verso la collera e nient'altro. Marisa Paredes, la governante-madre, fa anche lei un'ottima presenza, già un personaggio più eclettico il suo che non Ledgard, ma anche qua, come per Banderas, non può stupire. Bravissima da sempre, tra le attrici feticcio di Almodovar. A costituire una bella sorpresa, bravissima e all'altezza del ruolo di Vera (ex Vicente, da maschio) è Elena Anaya, di cui sentiremo ancora spesso parlare ne sono certo. Ha anche un gran talento morfologico, un caso di natura generosa. La vediamo in ogni forma espressiva, in ogni atteggiamento "umano e non", variegatamente truccata e abbigliata, e pure senz'abbiglio.
Immancabile una componente comico-grottesca nei film di Almodovar - altro suo marchio distintivo e tra quelli che me lo fanno amare particolarmente - ma non mi ha fatto ridere così tanto come raccontano sia successo a Cannes durante la visione. C'è una scena particolarmente bizzarra e va bene, altre piccole stoccatine qua e là e passi ancora, ma la vicenda è decisamente drammatica, un thriller che sfora a tratti in "horror-psicologico". A me addirittura, per questa volontà d'intervenire forzatamente sulla natura, Ledgard ha ricordato il mitico Doktor Heiter di "The Human Centipede", figuriamoci, altro che ridere! Però è vero, in sala molti ridevano più frequentemente e fragorosamente di me, ma non è che era anche un gesto liberatorio? La storia è tesa, e i meccanismi di difesa dal farsene trascinare sono in allerta...
All'uscita ho pensato - ecco, a differenza di altre volte, Almodovar ha messo un tocco di fantascienza nella trama - credendo non fosse possibile quanto visto, scientificamente. Errore: lo è. E' tecnicamente possibile, oggi, trasformare un uomo in una donna, interamente. Ho qualche dubbio che con un trapianto facciale possa venir fuori un pezzo di figliola come Elena Anaya, nella sostanza, ma in linea teorica sì.
Vicente prima, Vera poi. Un conto è volerlo diventare donna, ben altro addormentarsi e risvegliarsi tale per vaginoplastica coatta. Siamo in uno di quei casi che quanto tolto non è riattaccabile. Vero che anche un braccio, una gamba, una volta staccati son persi o quasi, ma garantisco che se mettete un uomo di fronte al bivio "pene o arto" sceglie l'arto. Battute a parte, quello che avviene a Vicente è angosciante, eteromascolinamente parlando ma anche gaymascolinamente: solo alcuni transgender si sottopongo a tale intervento. Eppure per una significativa parte del film Vera sembra essersi abbondantemente ambientata nel nuovo involucro e persino il suo creatore, che ha commesso l'errore di farla somigliare alla defunta moglie, ne ha sensazione, tanto da farci più che un pensierino. Peccato non poter citare il finale, non tanto per quel che è ma per quel che sarebbe potuto essere, altrimenti la domanda che dal film sorge - Qual'è la vera natura di un essere umano? - potrei spiegarla meglio. Sei uomo ma se cambi pelle puoi avere aspirazioni, compreso e soprattutto quelle sessuali, da donna; chi ti circonda, pur sapendo chi eri, ti riconosce ormai con la nuova identità; ...; cosa accidenti definisce la nostra sessualità? Non lo so, ma non mi sento affatto confuso per questo. Alla fine ognuno personalmente sa con chi vuole provare piacere intimamente.
Io personalmente, per l'ennesima volta, sono grato ad Almodovar perché, indipendentemente dalla forma, ha aperto l'ennesimo Dubbio su un argomento nel quale quelli che hanno certezze sono pericolosi, perché le loro riduzioniste idee spesso vogliono imporle agli altri.
Chiaro che se a uno non piace nulla di Almodovar, di quanto ha fatto, allora meglio lasciar perdere. Agli altri dico che non si può pretendere dal regista spagnolo, ogni volta, capolavori come "Tutto su mia madre", o "Parla con lei". Diciamo che siamo un paio di piani sotto il superattico, ma parliamo sempre di uno dei grattacieli più alti del pianeta.
Al cinema in questi giorni.
A mio parere, come tutti i film di Almodovar, da non perdere.
Robydick
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