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La politica come professione: come leggere Weber in maniera distorta e strumentale

Creato il 26 maggio 2012 da Giovannipaoloferrari
Chi ha già un'attività, chi e' libero professionista, chi e' dipendente pubblico e percepisce già uno stipendio, chi ha delle rendite e delle entrate esterne dovrebbe rinunciare alle indennità e ai rimborsi.  Il fraintendimento, purtroppo, ha origine da una conferenza tenuta da Max Weber nel 1918 all'Universita' di Monaco, intitolata "La politica come professione", che e' stata presa ad esempio per decenni come l'inconfutabile necessità del politico di diventare un professionista della politica. In realtà Weber nella sua conferenza intendeva il "Beruf" (la professione) come "vocazione", come missione. Di fatti parla di "etica della responsabilità". Weber, cioè, parla di "valori" e dell'importanza che i valori debbano ricoprire nell'agone politico. Questo per dire che la politica dovrebbe essere fatta per vocazione, per passione e solo per brevi periodi (massimo due legislature aggiungerei). Del resto anche Platone nella Repubblica indicava a guidare la comunità un governo di "filosofi", come li chiama lui, di giusti, di saggi. Ecco perché sarebbe giusto che tutti coloro che percepiscono già uno stipendio o hanno altre entrate rinuncino all'indennità da amministratori, perché amministrare, guidare la propria comunità e' un onore, un "privilegio", nel senso di dovere, di responsabilità di fronte alla cittadinanza; nel senso di mettersi al servizio dei cittadini. L'eletto, perciò, si mette al servizio del cittadino. Non ha vinto un concorso pubblico per un posto fisso, non e' un impiegato statale. E' soltanto un cittadino che ha deciso di dedicarsi al bene della propria comunità, donando il suo tempo e le sue capacita' al servizio della cittadinanza che ne beneficia. Dovrebbe essere così, ma, purtroppo, nel tempo sono state create storpiature concettuali e ideologiche che hanno distorto il vero senso del fare politica; a giustificare, invece, i lauti guadagni dei politici. Si tratta del mal costume perpetrato da quando sono nate le democrazie occidentali: quello di retribuire i politici! L'eletto e' un cittadino come gli altri che si offre, si mette a disposizione, al servizio dell'intera comunità, che d'altra parte con la delega del voto ne riconosce il valore. Il politico di professione e' una distorsione del sistema dei partiti: non esistevano politici di professione prima della Rivoluzione Francese. Era l'aristocrazia e il potere monarchico che gestivano il reame e i rapporti diplomatici con gli altri regni. Nella democrazia ateniese era previsto un compenso per chi svolgeva attività politica nelle istituzioni quel tanto che bastava alla sopravvivenza. Adesso dove sta scritto che i cittadini dovrebbero finanziare i partiti? Dove sta scritto che sempre i cittadini dovrebbero pagare i loro amministratori? Dove sta scritto che gli amministratori debbano sedere per un'intera vita su uno scranno in un Comune o in Parlamento? Si legge nella nostra Costituzione che la nostra Repubblica e' fondata sul "Lavoro" non sui partiti e che la sovranità appartiene al "Popolo" non e' partitica. I partiti, le liste civiche e qualsiasi tipo di compagine elettorale sono solo degli strumenti per partecipare alla competizione elettorale. Se poi falliscano o meno, si dissolvano o meno, questo non rientra nell'interesse della collettività.  L'onore di rappresentare la propria comunità, la propria gente non ha prezzo e non dovrebbe ricevere alcun compenso!

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