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La politica si è appesa alla Nazionale: salvatori di quale patria?

Creato il 04 luglio 2012 da Nicola Spinella @ioparloquantomi

Gli Azzurri accolti in trionfo nonostante la sonora batosta rimediata in finale contro la Spagna. La politica si appende alla scialuppa del calmiere sociale. Per salvare la faccia e sentirsi più vicina al popolo…

Era solo una partita di pallone, come quelle che cantava Rita Pavone. In campo non c’erano soluzioni anticrisi o piani di tagli per gli sprechi della macchina pubblica. C’erano ventidue atleti strapagati che entrano in crisi solo quando qualcuno che non veste la loro stessa maglia si sgola gridando “GOL!”.

Nulla di epocale, insomma. Ma è l’unico appiglio cui la politica ha potuto appendersi, in un momento in cui sono le massime istituzioni del paese ad aver perso il rispetto e l’affetto del popolo sovrano.

E’una promozione che Napolitano porta avanti dalle prime battute di Euro2012: comprendiamo bene la passione di un uomo (e di un presidente!) per il calcio. Un po’ meno l’ossessivo riferimento all’intensa attività telefonica intercorsa tra Re Giorgio l’impopolare e gli Azzurri. Cavalcare l’onda di un facile entusiasmo per provare a dirottare l’interesse: non è certo una ricetta complessa da eseguire per chi il potere lo mastica da tempo. 

Ed è così che una squadra di calcio diventa emblema di patriottismo,benché sul campo dimostri molto meno di quel che servirebbe per passare alla storia. Noi italiani siamo celeberrimi per l’aver vissuto di rendita per quasi quarant’anni, grazie a quella semifinale che passò alla storia come “la partita del secolo”, il famoso match “Italia-Germania 4-3″. Adesso, per i prossimi sei mesi si parlerà di un quattro a zero, per evitare di ricordare gli scandali scommesse, le riforme del lavoro, il costo della vita insostenibile.

L’abilità di chi ha il compito di distogliere l’attenzione è persino in grado di inventarsi (?) una presunta lite tra Buffon, il portiere che scommette, ed il padano un po’ scuro Balotelli. Tutti argomenti eventuali, di cui non si sente alcun bisogno.

Il presidente Napolitano si lascia andare in  dichiarazioni che, se lette nel verso giusto, suscitano perplessità e restituiscono la dimensione dell’evento, utilizzato dal “potere” come specchietto per le allodole: “vi ha guidati l’amore per l’Italia!”. Probabile, ma anche sponsor e trombe del successo devono aver avuto il loro peso.

Come Chiellini ha dichiarato ai microfoni, i calciatori della Nazionale erano stati invitati in Quirinale a prescindere dal risultato che la Finale avrebbe consegnato agli almanacchi: bella forza, era necessario per il potere accompagnarsi a quegli “eroi popolari” che sono i reduci da Polonia-Ucraina 2012. Aveva ragione Churchill: noi italiani perdiamo guerre come fossero partite e le partite come fossero guerre.

Gli Azzurri, secondo i più, hanno portato in alto il nome della nazione e dei valori che essa esprime. Peccato che la realtà quotidiana del calcio sia fatta di scommesse, violenze tra tifosi, sperequazioni, ignoranze.

Quale patria hanno salvato gli azzurri, giocando sul campo di calcio? Forse quella degli esodati e del 36% di disoccupati? O quella dell’IVA che si avvicina sempre più all’aliquota del 23% che annienterà il paese? Ma abbiamo distrutto la Merkel o solo vinto una semifinale contro la Germania?

La politica si è appesa alla Nazionale: salvatori di quale patria?
Parallelismi che fanno il gioco di chi utilizza il calmiere sociale.

Se il calcio rimanesse un gioco sarebbe di certo il più bello del mondo. Ma…

Con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Per cui ci fermiamo qui. Come l’Italia, che in un mese ha perso un po’ della consapevolezza che aveva acquistato nei mesi scorsi.


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