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La poule au pot

Creato il 03 luglio 2011 da Yellowflate @yellowflate

La poule au potSe c’è un re che mi ha rovinato l’esistenza questo è sicuramente Enrico IV re di Francia e di Navarra. Non per l’Edito di Nantes, che proprio non c’entra con la mia vicenda, ma per quella dannata poule au pot che aveva promesso ai francesi.

“Voglio che ogni contadino possa mettere il pollo in pentola la domenica”, ordinò, preoccupato che i suoi sudditi,  per la durata del suo regno, potessero mangiare degnamente almeno un giorno la settimana. Da allora pare abbia origine la tradizione dei francesi di far bollire quel maledettissimo pollo con le verdure tra cui la verza che non è di certo tra le mie preferite. Personalmente, non ho niente contro il pollo a patto che venga messo al forno. Così sì che fa figura sulle nostre tavole. Bollito fa schifo. Fa schifo sia per la pelle che diventa gommosa che per l’aglio e la cipolla che inevitabilmente galleggia nel suo ripugnante brodo oleoso.

Noi, da buoni emigrati, eravamo italiani convinti, soprattutto in cucina, e in teoria eravamo immuni alla cucina francese. I ravioli e i gnocchetti sardi fatti in casa erano quindi garantiti la domenica. Non avevamo tuttavia fatto i conti con una certa una donna di finestra – sia maledetta per l’eternità – che, con tutta la perfidia di cui fu capace, comunicò a mia madre la fatidica ricetta.

Ricordo ancora la nostra prima poule au pot: resistetti cinque buoni minuti prima di andare in bagno a vomitare. Le volte successive, i tempi s’accorciarono. Ma non erano quelli tempi in cui ti potevi permettere di scegliere quello che stavi per mangiare, per cui mi dovevo solo rassegnare, il capo chino, cercando almeno di evitare l’aglio e la cipolla bollita e lasciando la ributtante pelle per ultima…

Dopo mesi di tortura dominicale, mio padre sbottò: “E basta con questa porcheria! Spaghetti per tutti!” Fu così che con mia grande sorpresa scoprii in mio padre il più prezioso degli alleati e che la poule au pot, per la mia grandissima gioia e per quella dei miei fratelli e sorelle, fu bandita dal nostro regno.

Lino Soddu

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