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La presenza cristiana nei Paesi ateo-comunisti

Creato il 13 giugno 2013 da Uccronline

Cristiani in CoreaSono passati oramai 23 anni da quando in Albania è caduto il regime comunista con la sua ideologia di ateismo di stato, tuttavia ancora se ne vedono gli effetti al giorno d’oggi. La situazione è di poco diversa per la Corea del Nord, in quanto la dittatura è attualmente in vigore.

Iniziamo dall’Albania che una volta era uno stato dalle forti radici cristiane, fondato da santi e martiri come Giorgio Castriota Scanderberg, che fu nominato dal Papa come Athleta Christi (il Campione di Cristo) e che impedì l’invasione ottomanna in Europa fino alla sua morte. Eppure ancora oggi questo stato sta cercando di smaltire i postumi del regime comunista che diventò carnefice dei molti cristiani, prelati, vescovi e laici. Al giorno d’oggi l’Albania non ha trovato la sua identità religiosa e di stato, come testimoniava Teodor Nasi (giovane avvocato cristiano albanese) alla presentazione di una mostra sulle radici dell’Albania al Meeting di Rimini 2012. Dopo 25 anni di regime il popolo fatica a credere di essere libero, tanto da confondere la libertà con l’emigrazione verso un altro paese.

E’ in questo contesto odierno che tuttavia vengono alla luce molti volti cristiani che nonostante le circostanze fanno risplendere la loro fede. Tra questi c’è Maria Dhimitri, una donna semplice che faceva l’organista in una chiesa a Kavaja e che rimane oggi una dei pochi colti cristiani sopravvissuti al comunismo. L’accesso alla chiesa durante gli anni dell’ateismo di Stato era vietato perché “tutti i sacerdoti sono stati arrestati, uccisi o rinchiusi in prigione e il governo minacciava le persone dicendo che “i muri hanno orecchie e che avevano spie statali ovunque”. Come molti altri cattolici Maria si chiudeva in casa e pregava con i suoi familiari cercando di non fare il minimo rumore sospetto, fino al 1990 quando il Comunismo cadde.

Guardando la situazione odierna della Corea del Nord di Kim Jong-un si nota una forte similitudine per quanto riguarda i diritti umani, come mostrano i recenti casi di cannibalismo dovuti alla povertà e alla fame del popolo. E’ incredibile notare che, anche in una situazione come questa, il volto di Cristo si fa presente tra gli ultimi attraverso la sua Chiesa: si parla di Gerald Hammond Crossing, ovvero l’unico sacerdote cattolico in grado di poter entrare regolarmente in Corea del Nord. Nato negli Stati Uniti è arrivato come missionario nella penisola coreana appena dopo la fine della guerra fratricida che divise il Paese tra Nord e Sud. Oggi Padre Gerald si occupa dei malati di tubercolosi insieme ad un medico, un infermiere e alcuni esperti di tbc.

“I medici e i pazienti sono molto grati per l’aiuto che portiamo. Sono sempre stato accolto in modo molto cordiale. Sanno che noi andiamo da loro solamente per portare aiuto umanitario” Tuttavia “io sono un sacerdote e ho anche altro da dare alla gente. Posso dare la speranza. Io parlo di questo e parlo anche di riconciliazione tra il popolo del Nord e quello del Sud”. Racconta ancora Padre Gerald: “ll Governo parla di circa 3mila cattolici su 23 milioni di abitanti. Ma non c’è in alcun modo una presenza visibile della Chiesa. All’inizio della Guerra di Corea, iniziata nel giugno del 1950, tutti i vescovi, i sacerdoti, le suore e i catechisti sono stati arrestati o uccisi.  Mi piace pensare che sto andando in un luogo di pellegrinaggio. Perché, se guardiamo con gli occhi della Chiesa, quello è un Paese imbevuto del sangue dei martiri e della gente che soffre. Per me è un pellegrinaggio.

Continua ancora Padre Gerald: “Dicono che non dovrei aiutare un Paese terrorista, che è un regime comunista e tutto il resto. Ma a me la politica non interessa. Io credo che questo sia quello che Cristo ci chiede di fare. Ci chiede di prenderci cura delle persone più trascurate. Io la chiamo “pastorale della presenza”: essere lì. C’è la dimensione religiosa, certo. Ma c’è il fatto che aiuti la gente e la gente sa chi sei tu. Tu gli dai vita, permetti loro di sopravvivere. Ma gli dai anche la speranza”.

Lorenzo Bartolacci


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