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La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia Mandanici

Creato il 18 giugno 2010 da Pagu
La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia MandaniciTutti i lettori di fumetti si chiedono prima o poi domande del tipo: come viene pensato e creato un fumetto? Quanto tempo occorre per farne uno? Quali sono gli strumenti di un fumettista? Da dove traggono ispirazione i disegnatori di fumetti?
E cose di questo genere. Noi, abbiamo posto queste, ed altre domande, a Patrizia Mandanici, disegnatrice di varie testate (Legs Weaver, Nathan Never, Gregory Hunter) della Sergio Bonelli Editore. Lei è stata così gentile da rispondere alle nostre numerevoli curiosità. Ne è risultata una lunga ed interessante intervista che spazia dalla professione generale del disegnatore di fumetti, alle scelte personali e particolari di Patrizia. Per chi volesse sapere qualcosa in più sulla disegnatrice che con tanta cortesia e simpatia si è prestata al nostro "terzo grado", può trovarla in rete sotto lo pseudonimo di La Fumettista Curiosa.
Pagu: - Ciao Patrizia, facciamo un po' la tua conoscenza con qualche domanda che riguarda te e il tuo lavoro. Quando hai iniziato a disegnare e quando hai deciso che questa sarebbe stata la tua professione? Cosa ti ha spinta a voler diventare una disegnatrice di fumetti?
Patrizia Mandanici: - Disegno da sempre, come la maggior parte dei disegnatori di professione: ho iniziato da quando ho avuto la possibilità di avere in mano carta e matita e non ho mai smesso. La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia Mandanici Non c’è stato un momento in cui ho “deciso” cosa avrei fatto nella vita, è stata una successione di opportunità e di coincidenze, e fino a quando non sono venuta a Milano (avevo 27 anni) non avevo ben chiaro come avrei potuto guadagnarmi da vivere. Disegnare come professione era un sogno, una possibilità; pensavo fosse più facile trovare lavoro come illustratrice che come fumettista ( a Roma, da dove provenivo, avevo avuto esperienze come illustratrice per un settimanale, “Avvenimenti”).
Il fumetto è stata la mia passione primaria, il modo con cui mi sono espressa da sempre, fin da piccolissima. Ho continuato a disegnarli per me, perché mi piaceva, perché erano il mio mondo. Non pensavo che ne avrei fatto un lavoro, ho iniziato a farci un pensierino solo dopo i 20 anni, ma mi sembrava un sogno abbastanza irraggiungibile.

Pagu: - Hai fatto studi di settore per migliorare le tue abilità nel disegno e se sì quali?
PM: - Ho frequentato prima il liceo artistico, poi l’Accademia di Belle Arti (scenografia) a Roma. Non ho poi frequentato altri corsi, men che meno rivolti al fumetto. In questo sono autodidatta, per così dire.
Pagu: - Puoi parlarci un po' della tua carriera. Per che editori hai lavorato, a quali progetti, con che autori, quale dei tuoi lavori ami particolarmente?
PM: - A Roma avevo frequentato per un po’ la redazione di Comic Art (intorno al 1990) diretta da Rinaldo Traini. Rodolfo Torti oltre a fare (benissimo) il fumettista si occupava di visionare i lavori degli aspiranti fumettisti. Non ricordo affatto come capitai lì, comunque a un certo punto mi ritrovai a fare delle prove per un fumetto (scritto da un altro esordiente). Non se ne fece nulla perché ero ancora estremamente immatura nel segno, specialmente nel ripasso a china. In compenso Comic Art mi pubblicò su “Spot” (allegato de L’Eternauta) una tavola che non era propriamente un fumetto (accanto ad altri nomi allora sconosciuti: Leo Ortolani, Frezzato...). Probabilmente questo allegato fu notato da Massimo Galletti del Centro Fumetto Andrea Pazienza di Cremona, che allora editava Schizzo; fui contattata e così per la prima volta dei miei fumettini furono pubblicati.
Non ricordo bene, ma forse fu Galletti a consigliarmi di contattare Marcello Toninelli quando mi trasferii a Milano (fine 1991, ma Toninelli lo contattai dopo). Contemporaneamente ho conosciuto Luigi Bernardi che allora dirigeva la mitica Granata Press: ho disegnato diverse illustrazioni per la rivista “Kaos”. Anche in questo caso non ricordo come diavolo venni a contatto con i “bolognesi”, probabilmente tramite Galletti o Toninelli (la memoria non è mai stata il mio forte!).
La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia MandaniciPer la Ned 50 ho iniziato la mia vera gavetta da fumettista inchiostrando le tavole di Alfio Scalisi per “Dark”, che ebbe vita breve. Ma l’incontro con Marcello per me è stato fondamentale: oltre a darmi consigli su come migliorare il mio stile mi ha procurato il lavoro per L’Intrepido: nel 1992-93 ho disegnato tre episodi della serie “Billiteri” di Giuseppe De Nardo (che però non ho mai incontrato). Contemporaneamente ho disegnato le matite di 4 episodi della serie “Agenzia Scacciamostri” di Toninelli (usciva su “Il Giornalino”). Nel 1993-94 ho conosciuto Laura Scarpa - ai tempi curava l’edizione rinnovata de "Il Corrierino” - e così ho disegnato tre episodi della serie “Jordi eroe galattico” scritta da Giorgio Pelizzari - forse la mia unica incursione nel fumetto per ragazzi, che mi ha divertito molto.
Nel 1994 un’altra tappa importante della mia “carriera”: sempre grazie a Toninelli mi viene affidata la parte grafica del progetto “Ossian”, scritta da Martino Barbieri per la Star Comics. Nello stesso tempo la Star pubblicava nello stesso formato pocket “Sprayliz” di Enoch e “Shanna Shokk” di Toninelli. Io mi occupavo anche di fare le copertine (tranne la colorazione), e devo dire che è stata un’esperienza molto formativa e faticosa! Certamente avevo ancora molto da imparare e delle immaturità nel segno, ma comunque questo lavoro ha avuto un riconoscimento nel 1996 da parte dell’Anafi che mi ha dato la targa del premio “Rino Albertarelli”.
“Ossian” in effetti mi ha dato una certa visibilità, perché quando andai l’anno dopo a fare vedere il mio lavoro ad Antonio Serra questi lo conosceva già, anzi, si aspettava il mio arrivo! L’idea di provare in Bonelli mi è stata data sempre dal buon Toninelli; io non ero affatto certa di poter essere all’altezza degli standard bonelliani (non avevo neanche un segno molto realistico), ma Marcello insistette molto, e io con fatica superai la mia timidezza e i miei timori.
La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia MandaniciFatte delle tavole di prova per "Legs Weaver" iniziai a lavorare sul mio primo numero, “Un’avventura per May” (il numero 11, uscito nel 1996), storia scritta da Alberto Ostini. Successivamente ho disegnato storie di Stefano Piani e solo una volta di Serra - se non sbaglio. Dopo Legs ho disegnato storie di “Gregory Hunter”, e dopo la chiusura di questi sono passata a “Nathan Never” - per me un punto di arrivo importante, anche perché ho dovuto sforzarmi per sviluppare un segno più realistico e preciso. Su Nathan ho collaborato spesso con Stefano Vietti, e adesso, con il lavoro che sto svolgendo per Universo Alfa (La squadra fantasma) anche di più!
Non saprei dire quale dei miei lavori io ami di più. In quasi tutti è presente la ricerca di un miglioramento, o di un adattamento a stili che non sono i miei naturali. Disegno sempre cercando di adattarmi a ciò che mi si chiede, ma se volessi davvero disegnare come voglio probabilmente userei uno stile più grafico, più linea chiara.
Devo dire che ho dei bei ricordi del lavoro fatto su Ossian - forse perché ho potuto dedicarmi anche alle copertine, occasione mai più avuta. E poi se devo menzionare un altro lavoro che ricordo con piacere è quello svolto su Gregory Hunter - lì ho potuto divertirmi disegnando alieni e scene “esagerate”, fuori dagli stilemi normali della Bonelli: una bella esperienza, una parentesi spensierata.

Pagu: - Parliamo un po' del lavoro del fumettista in generale. Cosa vuol dire essere un disegnatore di fumetti? Cosa c'è dietro al tuo lavoro e quante ore al giorno passi a disegnare?
PM: - Be’, essere un disegnatore di fumetti vuol dire non avere una vita che scorre su binari abbastanza precisi come in tanti altri lavori - non so, le ferie, la malattia pagata, gli orari prestabiliti. Bisogna avere una propria capacità di darsi delle regole, altrimenti è facile distrarsi (di solito un disegnatore di fumetti ha molte altre passioni collaterali - videogiochi, cinema, letture varie, ecc.).
Una volta disegnavo di più, con più “passione”, con più necessità; adesso ho voglia di fare tante altre cose - leggere libri e fumetti, vedere film, informarmi su quello che succede intorno a me e nel mondo. Non c’è solo il disegno nella mia vita, ma alla fine, causa la mia lentezza, il fumetto riempie gran parte del mio tempo. Non saprei quantificare le ore complessive di lavoro - che poi non c’è solo quello sulla carta (o sul pc) puro e semplice, ma anche lo studio della documentazione, la lettura di fumetti o la visione di film che possono essere importanti per l’ispirazione grafica; comunque le ore non sono tante come una volta, faccio frequenti pause, porto giù il cane, vado a fare la spesa, lavo, stiro, cerco di fare un minimo di attività fisica, ecc. Tante cose da fare, non rischio di annoiarmi di certo!
Dietro il mio lavoro di fumettista c’è come prima cosa la necessità di guadagnare! L’autonomia e la tranquillità di vita sono per me molto importanti. Una volta avrei messo la necessità di disegnare al primo posto, adesso no. Mi piace certo ancora molto disegnare, mi diverto, ma non morirei se non potessi farlo più come lavoro, come prima attività. Non sono un’autrice che deve per forza esprimere la propria visione del mondo; sono una disegnatrice, lavoro su storie altrui. Se posso farlo vivendoci... bene; se dovessi farlo per la gloria no, non ho più vent’anni!

Pagu: - Come è strutturata una sceneggiatura per un fumetto e come si passa dalla sceneggiatura al fumetto stesso?
La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia MandaniciPM: - La sceneggiatura è strutturata in modo da essere suddivisa in fogli corrispondenti alle pagine del fumetto: 1 foglio (di solito A4), 1 pagina. Dei numeri segnalano la sequenza di ogni vignetta, e per ogni vignetta c’è la descrizione dell’azione e il dialogo.
Credo che ogni disegnatore abbia una maniera di lavorare un po’ personale; io ad esempio mentre leggo la sceneggiatura faccio già un abbozzo piccolissimo della tavola, mi serve per capire come sistemare le vignette, di quale grandezza farle, e noto se certe sequenze funzionano visivamente una dietro l’altra. Poi disegno la matita a grandezza “naturale” di un gruppo di 3 o 4 tavole; infine le inchiostro (da un anno e mezzo circa scansiono le tavole a matita e poi le ripasso digitalmente al computer).

Pagu: - Qual è il processo produttivo di una tavola? Come viene pensata, creata e realizzata e quando viene considerata completata? Quali sono gli studi che fai prima della sua realizzazione? Quanto lavori sulle bozze e quante ore può prenderti l'esecuzione di una singola tavola?
PM: - In parte ho già risposto in precedenza, comunque io in particolare faccio attenzione nel cercare di variare sempre le inquadrature, specialmente se c’è una scena lunga di dialogo che potrebbe risultare un po’ statica e “noiosa”.
Leggendo la sceneggiatura cerco di immaginarmi subito la disposizione dei personaggi e la sequenza dei loro spostamenti; questo per non trovarmi poi degli ambienti e degli sfondi incongruenti.
La fase con gli abbozzi è molto veloce, e ultimamente dedico meno tempo alla definizione delle matite per concentrarmi sull’inchiostrazione e poi l’apposizione dei retini (sempre digitalmente).
Vietti e Perniola (gli sceneggiatori con cui sto lavorando) mi mandano a corredo della sceneggiature molta documentazione presa da ogni dove: internet, riviste, videogiochi, ecc. Spesso anche io ricorro a ricerche su internet quando si tratta di documentarmi su luoghi esistenti, animali, ecc.
La tavola per me finisce una prima volta con l’inchiostratura, poi, dopo essere stata passata al letterista, se ci sono ripensamenti di sceneggiatura o correzioni da fare ritorna tra le mie mani un’ultima volta (di solito alcuni mesi dopo la prima consegna, a ridosso della stampa).
Non ho idea di quante ore di lavoro necessiti una mia tavola: dipende dalla complessità della stessa, se devo fare particolari ricerche di documentazione, schizzi preliminari o studi di apparecchiature, veicoli, ecc. Mediamente una volta riuscivo a disegnare 14-15 tavole al mese, adesso meno.

La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia MandaniciLa professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia MandaniciLa professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia Mandanici
La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia Mandanici

Pagu: - Puoi spiegarci come scegli le inquadrature nelle tue tavole, magari illustrandoci il perché delle tue scelte e i significati dietro un'inquadratura. (se puoi fornirci qualche tuo disegno a supporto delle spiegazioni te ne saremmo grati).
PM: - Le inquadrature che scelgo sono sempre funzionali al racconto e alla comprensibilità di ciò che devo mostrare. Io non ho un grandissimo talento grafico e so che il mio punto forte è la “narratività” - qualità sommamente apprezzata in Bonelli. Questo significa che a parte cambiamenti postumi della sceneggiatura o piccoli errori di disegno io non ho quasi mai dovuto rifare tavole o cambiare inquadrature perché “poco chiare” o strutturalmente sbagliate; e i grafici quasi mai hanno dovuto rimpicciolire o addirittura intervenire sulle mie vignette perché lo spazio non bastava per i balloon (può capitare), di solito sto molto attenta anche a questo aspetto tecnico.La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia Mandanici Davvero non saprei farti l’esegesi delle scelte delle mie inquadrature, e mi sarebbe difficile scegliere degli esempi: quando leggo la sceneggiatura automaticamente mi si forma l’immagine in mente, è raro che abbia dei dubbi sulla scelta dell’inquadratura - sono molto istintiva in questo. La sceneggiatura poi di solito è molto chiara e indica sempre le panoramiche, i primi piani, o quello che di importante deve essere incluso nella vignetta.
La scelta delle inquadrature spesso è legata a ciò che ho disegnato prima o dopo quella tal vignetta. Sto attenta all’ordine in cui parlano i personaggi, ad esempio, per disporli in maniera adeguata ( e spesso i campi e controcampi dipendono da questo, così come le scelta di inquadrare dal basso e obliquamente se non è possibile rispettare “l’ordine” dei dialoganti - a sinistra chi parla per primo).

Pagu: - Puoi aiutarci a capire un po' di più, prendendo spunti da quelle che sono le tue esperienze, quello che è il rapporto lavorativo tra sceneggiatore e disegnatore. Come le due figure collaborano tra di loro. Quanto lo sceneggiatore si inserisce nei disegni dell'illustratore e quanto è il disegnatore a entrare nelle dinamiche della storia.
PM: - In Bonelli come si sa si producono ogni mese centinaia di pagine di fumetto. Gli sceneggiatori sono in numero molto limitato rispetto ai disegnatori, da qui la necessità per questi ultimi di lavorare a più albi contemporaneamente per far andare avanti i vari disegnatori. Disegnatori e sceneggiatori vivono sparsi per l’Italia: non sempre quindi si riesce a parlare a quattr’occhi tranquillamente di una storia per deciderne insieme le atmosfere. A volte le storie sono già decise e il disegnatore arriva dopo, a volte è il contrario. In generale, però, non si ha molto tempo per sviluppare insieme, non dico la trama, ma certi particolari in cui potrebbe portare il proprio contributo creativo il disegnatore; magari quest’ultimo lo farà in sede di disegno - sempre rispettando certe esigenze e certi paletti di struttura e di stile.
All’inizio di ogni storia di solito una lunga chiacchierata tra sceneggiatore e disegnatore chiarisce le atmosfere della storia, l’andamento della trama, la caratterizzazione dei personaggi, e altre esigenze particolari. Dopo, per lo più, ci si scrive via mail, e ogni tanto ci si telefona quando ci sono punti non chiari o problemi vari.
La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia MandaniciNon so quanto gli altri disegnatori intervengano attivamente a cambiare o adattare certe scene della storia, o quanto gli sceneggiatori permettano ciò. Personalmente non metto becco nelle scelte dello sceneggiatore, cerco di capire cosa vuole esprimere e cerco di interpretarlo il più fedelmente possibile, ove non mi accorga di incongruenze di sceneggiatura (ma non è quasi mai successo). Se la storia è stata immaginata e scritta interamente dallo sceneggiatore, e io non vi vedo delle cose terribili da disegnare, non vedo perché dovrei inserire dei miei cambiamenti, che magari peggiorerebbero la storia; mi limito a fare quello che mi riesce meglio, che già mi costa molti sforzi! Quando c’è l’occasione di poter decidere in anticipo la storia, Serra dà sempre al disegnatore la possibilità di esprimere un’opinione e magari anche di rifiutarla, se personalmente non gli piacesse o fosse troppo fuori dalle sue corde. Io preferisco vedermi come una semplice esecutrice/collaboratrice perché, a dire la verità, ciò mi toglie dall’imbarazzo di dover intervenire sul modo di rappresentare il “femminile” all’interno del fumetto (in generale). Questa mia sensibilità non è cosa che possa venir recepita come se si trattasse di cambiare una scena o un dialogo: evidentemente (a mio parere) ci sono ancora, e ben radicati, degli stereotipi che neanche vengono colti dagli sceneggiatori maschi (per lo più). La mia opinione la esprimo, dopodiché considero la storia di stretta pertinenza dello sceneggiatore (a scanso di equivoci tutti gli sceneggiatori con cui ho avuto a che fare sono, non solo delle persone molto intelligenti, ma anche dei “gentiluomini” come in giro se ne vedono pochi; io mi riferisco a schemi mentali che non credo cambieranno per qualche secolo ancora).

Pagu: - Entriamo un po' più nei particolari delle tue personali scelte ed esperienze. Quali sono i tuoi orari di lavoro e come organizzi la tua giornata lavorativa?
La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia MandaniciPM: - Col tempo sono diventata una disegnatrice un po’ più pigra e meno abitudinaria. Quello che non è cambiato è la mia predilezione per l’orario mattutino, che è quello più produttivo (mi sveglio molto presto la mattina, anche perché non sono una che ama lavorare la sera o addirittura la notte; io dopo cena mi disattivo, e poi comunque ho bisogno di 7-8 ore di sonno).
La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia MandaniciAdesso “perdo tempo” a curare il mio blog, a leggere quelli altrui, a tenermi informata: sto cercando di limitarmi ultimamente. Lavoro molto al pc ( e adesso ho raggiunto un po’ di “pace” con l’acquisto di un iMac da 21 pollici), ho una tavoletta Wacom Intuos 3 e non la cambierei con la mitica Cintiq: l’ho provata e non mi sono trovata bene.
Di solito lavoro su gruppi di pagine - 3 o 4 : inizio facendo i bozzettini veloci, poi le matite a grandezza naturale, poi le scansiono e le importo in Manga Studio: le inchiostro, le retino, ci applico qualche “effetto” alla fine. Quando ne finisco circa 10-12 vado a consegnarle direttamente in redazione sotto forma di files.
Sono molto casalinga e non esco molto la sera - raramente vado a mostre o incontri, persino al cinema. Le uniche mie “pause” me le prendo per andare in fumetteria e in libreria - adoro osservare gli scaffali ( e comprare le cose che mi interessano!).

Pagu: - Hai iniziato da subito ad utilizzare il computer nel tuo lavoro o ci sei arrivata in un secondo momento? In questo caso quanto il computer ha cambiato il tuo lavoro e quanto lo ha migliorato? Quali sono i difetti nell'utilizzare il pc invece di disegnare su carta. Quali sono i tuoi strumenti di lavoro? Disegni su carta e poi perfezioni al computer o usi direttamente la tavoletta grafica?
PM: - Il computer nel mio lavoro lo utilizzo solo da un paio d’anni circa. Tutto è iniziato quando ho cominciato a lavorare su Universo Alfa: Serra mi ha proposto di usare il retino e di cambiare un po’ il mio stile, per renderlo più realistico. La proposta mi ha intrigato e così ho iniziato a usare il programma Manga Studio per applicare i retini digitalmente, dopo aver scansionato le tavole già inchiostrate.La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia Mandanici I primi due numeri de “La squadra fantasma” sono stati realizzati così, ma dopo aver preso mano col programma ho voluto provare a inchiostrare delle tavole; dato che il risultato era buono, e che io ero ancora in cerca di un salto di qualità (oltre che di uno stile che mi soddisfacesse) ho accolto il suggerimento di Serra di passare totalmente all’inchiostrazione digitale sull’ultimo "Squadra fantasma" di questa trilogia iniziale (lo sto disegnando attualmente, uscirà in edicola a maggio 2011).
Per me i vantaggi dell’usare l’inchiostrazione digitale sono stati diversi. Prima di tutto non riuscivo più a disegnare bene i particolari più minuscoli (diventati minuscoli a causa della mia presbiopia), neanche gli occhiali aiutavano granché: con il pc posso zoommare quanto voglio. Poi posso lavorare al meglio sul segno perché è più facile e veloce cancellare gli sbagli (tasto “Undo”!). I risultati si vedono, non solo a parere mio: Serra e Vietti sono molto contenti di quello che sto facendo adesso.
La Wacom come tavoletta grafica ha una sensibilità eccezionale, per me è quasi come disegnare su carta - devo dire che quasi non mi manca il disegno a inchiostro con pennelli e pennarelli. Io, però, faccio poco testo, perché non sono mai stata una dal segno “talentuoso”, artistico o molto personale.
Il maggior difetto che posso trovare nel lavorare col pc è che prima di tutto non si hanno originali da mostrare, vendere, toccare (magari delle buone stampe, certo); poi che bisogna stare attenti a non lavorare troppo sulle tavole in grande: si rischia di perdere il senso delle proporzioni! Per ultimo, bisogna ricordarsi di salvare spesso e fare più copie digitali!

Pagu: - Si dice che una delle parti del corpo umano più difficile da disegnare sono le mani, è vero? Cosa ti piace disegnare e ti dà maggior soddisfazioni e cosa invece, ti dà più difficoltà e meno piacere. Che trucchi usi, per superare le difficoltà, quando qualcosa non ti viene come vorresti
PM: - Mah, le mani sono difficili da disegnare come altre parti del corpo, in particolare se bisogna fare delle inquadrature particolari (dal basso, incroci di mani, o braccia o gambe viste da prospettive inusuali). Mi piace molto disegnare le persone, le anatomie, i volti; meno le automobili e le panoramiche delle città.
Quando qualcosa non viene dopo un po’ di cancellazioni butto la vignetta refrattaria e ricomincio da capo cambiando angolazione; raramente cerco una foto o un riferimento preciso a cui ispirarmi (sono troppo pigra per copiare).

Pagu: - Dove trai ispirazione quando disegni gli sfondi e gli ambienti delle storie e i volti dei tuoi personaggi. Usi foto di paesaggi, di attori o amici o semplicemente li inventi?
La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia MandaniciPM: - Se lo sceneggiatore mi manda della documentazione visiva guardo quella - mi ispiro a ciò che vedo ma adattandola molto alle mie esigenze. Altrimenti se lo sceneggiatore non mi chiede delle cose specifiche cerco di inventare da me facendo degli studi, degli schizzi molto veloci, se non sono ambienti ricorrenti li disegno direttamente in tavola. Per i paesaggi dipende: se ho qualcosa in mente non guardo neanche i riferimenti fotografici, altrimenti mi procuro qualche foto ma la uso come indicazione generale - non copio mai paesaggi interi.
Per i personaggi invece mi piace inventarli di sana pianta - rarissimamente mi sono ispirata a volti esistenti, a meno che mi sia stato esplicitamente richiesto.

Pagu: - Se ti mando qualche mia foto, mi inserisci in un fumetti, magari come passante o persona sullo sfondo? Mi piacerebbe diventare un fumetto ;)
PM: - Be’, vedremo, di solito non lo faccio come regola generale (dovrei poi inserire anche amici e tutti quelli che me lo chiedono!). (Pagu: un po' me l'aspettavo questa risposta! Beh io ci ho provato! ;) :D )
Pagu: - Hai qualche rito che compi quando ti metti al lavoro? Tipo ascolti musica, bevi caffè o fumi o cose di questo genere?
PM: - Più che riti sono abitudini: ascolto sempre la radio, a seconda delle trasmissioni seguo Radio Popolare, Radio 24 e Radio Tre. Non bevo, non fumo, ma ho avuto un periodo in cui facevo frequenti pause mangiandomi schifezze. Dopo una “dieta” salutare ho preso l’abitudine di non mangiare più fuori pasto (anche se poi ho ripreso i chili che avevo perso, ma questa è un’altra storia!). Mi alzo presto la mattina ma il lavoro inizia tra le 9 e 30 e le 10, poi dopo la pausa pranzo riprendo il pomeriggio dopo aver portato la mia cagnolina a fare la passeggiata. Più o meno smetto prima di cena, o prima se ho lavorato “bene” durante il giorno.
La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia MandaniciLa professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia Mandanici
Pagu: - Quante e quali soddisfazioni ricavi dal tuo lavoro?
PM: - Le soddisfazioni sono tante - l’essere arrivata ad avere una certa competenza in ciò che faccio (indipendentemente dal valore che si dà al mio talento), sapere che ci sono delle persone che mi stimano, che si fidano di me, che sanno che prendo il mio lavoro molto seriamente. Anche sapere che molti lettori apprezzano quello che faccio è una soddisfazione non da poco - penso sempre a loro quando capita che mi senta insoddisfatta del mio modo di disegnare.
Pagu: - Qual è il tuo rapporto con il pubblico, con i lettori? Sei stata a molte mostre del fumetto e come ti relazioni con esse? (cioè ti annoia disegnare per gli appassionati o ti esalta vederli in fila per ricevere un tuo disegno, oppure ti piace intrattenerti con loro a parlare di fumetti... o cos'altro?)
La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia MandaniciPM: - Io sono una persona molto timida - l’età mi ha migliorato un po’, ma non troppo; quindi non amo il palcoscenico, il pubblico numeroso, l’esibizione. Facendomi forza mi è capitato però diverse volte di disegnare in mostre o fiere, magari cose piccole, schizzi. Capisco l’esigenza dei lettori di avere qualcosa di concreto di quello che a loro piace - se posso cerco di accontentarli. Negli ultimi anni ho partecipato a poche fiere - anche perché tendo a non spostarmi da Milano.
Devo dire che l’avere aperto un blog ha fatto sì che questo canale nuovo di comunicazione con i lettori mi abbia messo più a mio agio, forse riesco anche a esprimermi meglio su certe questioni, ed è comunque bello ogni tanto poter dialogare con persone le più varie senza sentirmi imbarazzata!

Pagu: - Puoi dare qualche consiglio a quelli che voglio intraprendere la tua stessa carriere? Come si diventa fumettisti?
PM: - Che domanda difficile! Penso che le strade per diventare fumettista siano tante e diverse, in mezzo ci sono occasioni, fortune, capacità di ascoltare i consigli, di essere umili e capire che un rifiuto può avere le sue motivazioni - e questo dando per scontato che ci deve essere un’abilità di base: senza quella non valgono anni di studi e fiumi d’inchiostro.
Un grazie di cuore da Gotham Library a Patrizia Mandanici per averci aperto questa finestra sulla professione del disegnatore di fumetti e sul suo mondo!
La professione del disegnatore di fumetti: intervista a Patrizia Mandanici

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