Piemme
RATING:
La serrata campagna pubblicitaria de "La ragazza del treno" ha saputo vendere bene un romanzo giallo anche a chi come me ha sempre preferito un'altra cromia in ambito letterario, purtroppo, però, a volte le vincenti strategie di marketing si rivelano delle armi a doppio taglio se il prodotto venduto non è all'altezza delle aspettative create a tavolino dai pubblicitari.
Confesso di essere una vittima di questo sistema. Dopo tanto bombardamento mediatico mi sono concessa l'acquisto del "thriller dell'anno" e, ahimè, fin dalle prime pagine ho dovuto ridimensionarne la fiducia.
L'andamento del romanzo procede lento come quel treno che collega la periferia al centro di Londra ospitando una passeggera che di motivi per viaggiare non ne ha più. Rachel è un'alcolista che ha distrutto famiglia e carriera per il suo indomabile vizio ma ciò che è peggio è che pian piano sta distruggendo anche sè stessa. Si aggrappa ad illusioni dell'obnubilo per dare un senso alle sue giornate passate a fantasticare sulle vite degli ignari abitanti di quella casa che ha l'inconsapevole colpa di essere situata proprio in prossimità di un semaforo ferroviario.
Un inizio un po' deprecabile per una storia che dovrebbe avvincere. Con un po' di pazienza però la trama inizia a ingiallirsi e vediamo frequenti flash back e alternanza di PoV spezzare la continuità narrativa.
I tre binari su cui procede il thriller sono binari muliebri che acquisiscono l'identità della già nota Rachel, di Megan la tristemente protagonista del caso di cronaca, e Anna, la nuova compagna dell'ex marito di Rachel. Tre donne che dovrebbero differire per circostanza e ruolo ma che si trovano a condividere erroneamente la stessa caratterizzazione. L'intrecciarsi delle loro vite non fa altro che peggiorare l'abbaglio, enfatizzando quest'assenza di un necessario distinguo.
Giunti all'acme della vicenda questa deraglia bruscamente nelle poco appetibili lande della prevedibilità, risolvendo la narrazione con un epilogo facilmente intuibile e poco originale. Un merito va comunque riconosciuto al ritmo che in dirittura di arrivo acquisisce la giusta cadenza riuscendo a impegnare nella lettura d'un fiato anche il più restio lettore.
L'inevitabile condanna, però, io non la attribuirei a Paula Hawkins, perché lei è responsabile solo di aver scritto un libro come tanti altri senza infamia nè lodi, chi ha davvero messo il cappio al collo al libro é stato proprio il sistema pubblicitario che ha elevato le aspettative di un romanzo che di eccezionale ha ben poco.
Minor aspettative avrebbero portato minor delusione e quindi una critica meno aspra da parte di quei lettori, che come me, sono stati vittime di questo sistema dovendone pagare il caro prezzo, letteralmente parlando.
Cosa ne pensate di questo fenomeno editoriale? Lo avete già letto? Avete intenzione di leggerlo? Ditemi la vostra con un bel commento!