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La Regina di Ica di Daniela Raimondi

Creato il 05 novembre 2013 da Viadellebelledonne

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I seguenti testi sono tratti dal libro di Daniela Raimondi  La Regina di Ica, Ponte del Sale Edizioni, 2012.
Il libro, che già aveva ottenuto il Premio Ugo Foscolo come silloge inedita,  è risultato vincitore del Premio Mario Luzi e del Premio Città di Adelfia 2013.

Pike *
(Per Assia Wevill)

* Assia Wevill viene menzionata nelle biografie di Sylvia Plath, come la causa del divorzio fra Ted Hughes e la poetessa americana. È spesso considerata anche come l’artefice principale del suicidio della Plath. Nonostante Assia Wevill abbia vissuto accanto a Hughes per sei anni (lo stesso periodo di tempo che il poeta inglese trascorse con Sylvia Plath), e nonostante gli avesse dato una figlia, è praticamente assente dalle biografie del poeta e non venne nominata nelle interviste che Hughes diede durante la sua vita. La sua presenza fu praticamente cancellata dalla sua storia personale.

Assia nacque nel maggio del 1927 a Berlino, da una famiglia di origine tedesca, russa ed ebrea. Trascorse la sua gioventù a Tel Aviv e in Canada. Sposata al poeta canadese David Wevill, la coppia si trasferì a Londra dove Assia lavorò per un’industria pubblicitaria. Nel 1961, la casualità volle che Assia e David affittassero l’appartamento degli Hughes in Chalcot Road, mentre Sylvia e Ted si trasferivano nella casa appena acquistata nel Devon. Furono invitati dagli Hughes a passare un fine settimana in campagna e, poco dopo, iniziò la relazione tra Assia e Ted. Scoperto l’adulterio, Sylvia cacciò il marito di casa.
Al momento del suicidio della Plath, Assia era incinta di Ted, ma abortì. Poco dopo, Ted e Assia si trasferirono insieme ai figli di lui a Court Green, la casa nel Devon acquistata per Sylvia.
Assia era perseguitata dal ricordo della rivale. Leggeva con ossessione i suoi scritti e cominciò addirittura a usare oggetti che erano appartenuti alla Plath. Il 3 marzo 1965, diede alla luce una bambina, Alexandra Tatiana Eloise, soprannominata “Shura”. Ma, nonostante questo, non fu mai accettata dai genitori di Ted che iniziarono una campagna di ostilità nei suoi confronti. La situazione domestica a Court Green col tempo divenne insostenibile. Assia fu spinta da Hughes a tornare a Londra con la figlia. Qui visse il resto della sua vita insieme a Shura, figlia che Ted riconobbe ma che non trattò mai allo stesso livello dei due bambini avuti dalla Plath.

A Londra, Assia vedeva Ted solo sporadicamente, vivendo in uno stato costante di ansia e tormentata dal terrore di essere abbandonata. Si trovò isolata, dovendo anche affrontare serie difficoltà economiche. Negli anni scivolò sempre più profondamente nella depressione. Spesso menzionava agli amici il suicidio come unica alternativa alla solitudine e alle difficoltà che vedeva costellare il suo futuro e quello di Shura.
Il 23 marzo 1969, Assia Wevill si uccideva insieme alla figlia di quattro anni in un modo che ricorda molto da vicino il suicidio di Sylvia Plath. Dopo aver trascinato un materasso in cucina, sigillò porta e finestra, depose sul materasso la sua bambina addormentata, aprì il rubinetto del gas del forno e si stese accanto alla figlia ad aspettare la morte. Il suo suicidio fu ignorato dalla stampa inglese, che mise a tacere ogni connessione fra la sua vita e quella dell’ormai celebre poeta.

I. L’amante

Jealousy can open the blood
(Sylvia Plath)

Il suo corpo d’ariete mi lava e mi ingrassa.
Ha l’odore del sesso
il suo artiglio mi infilza la parte infetta del cuore.

Addenta. Mi inghiotte boccone a boccone:
prima un dito, poi un occhio, la spalla;
risucchia un’arteria, il muscolo dolce.

Sua moglie è la lupa di Romolo e Remo,
il volo nuziale dell’ape regina.
Depone bambini grassi sulle rive dei fiumi;
è la grande madre terra – sempre pregna, pregna.
Per ogni amore
io partorisco piccoli gnomi di pietra.
Ogni volta che amo, impasto una nuova morte.
Non sono più vera
di un sogno che bagna il lenzuolo.

Il fauno mi chiama
batte lo zoccolo sotto la luna.
Lo aspetto da sempre,
appesa a un gancio nel retrobottega.

II. Marionette

I saw the dreamer in her
had fallen in love with me and she did not know it.
That moment the dreamer in me
fell in love with her, and I knew it.
Ted Hughes

“Vede, Signora,
io sua figlia l’ho sempre amata.
Arrivavo ogni mattina con in tasca
pesci vivi, oroscopi e poesie.
Ma la sua bambina aveva nel corpo
lune insanguinate,
viveva nell’impronta infangata di uno stivale.
Il suo odio fermentava con le mele in cantina.
Il suo odio cresceva, strangolava la casa.

Vede, signora,
sono nato in una valle di fantasmi;
un paese di morti dove la notte
le divise dei soldati marciano vuote lungo le strade.
E ogni sera la sua bionda bambina
mi chiedeva di morire.
Ogni volta lasciava un cadavere nel letto.

È che un uomo ha in bocca la fame dei lupi:
ha sempre bisogno di mordere,
di succhiare il sapore selvatico.
Il mio sperma impazziva nei lombi.
Non cercavo un’amante, lo giuro.
Fu lei a trovarmi
seguendo un’orbita errata di stelle,
nuotando e nuotando contro corrente.
Allargava i suoi occhi nel buio,
fiutava il mio odore col ventre.

La chiamai dalla riva.
Era un luccio gigante,
una cornucopia che splendeva
nella marea del mattino.
Guizzò nell’aria:
aveva un feto nell’iride dell’occhio,
si dibatteva con furia
contro l’uncino del mio sesso.
Non ero che un baco senza pupille.
Lei mi chiuse le palpebre,
mi avvolse con un filo di bava
nel suo bozzolo d’oro.

E a casa la sua bambina bella
cadeva fra i narcisi.
Si rompeva in mille pezzi,
pura e dolorosa come un grido.
Un crack fra le mie mani, così.
La vita le usciva da un fianco,
il sangue tornava alla terra.
Io non centro, lo giuro.
Fece tutto da sola.”

III. Una santa americana

Now she is flying
more terrible than she ever was, red
scar in the sky, red comet
over the engine that killed her –
the mausoleum, the wax house.
Sylvia Plath

Ci sono amori senza paradiso.
Solitudini che seccano sul grembo.

Ted ha messo il suo cuore sotto spirito.
Lei adesso è immortale:
un altare, una statua,
un’icona.

È qui per restare.
Sole che nasce all’incontrario,
bocca magica che vomita gigli.
È una madonna che brilla sopra il nostro letto.
Ogni notte ci scruta in silenzio:
la bocca dolorosa, immobile come la luna.

Nel suo stomaco fermentano semi,
frumento, bulbi di fiori pronti ad esplodere.
È un geyser che schizza su un continente buio.
Una divinità preistorica:
corpo di marmo
senza ombelico,
senza padre, né madre.

IV. Gas

and from our opposite continents we wave and call.
Everything has happened.
Sylvia Plath

La bocca del forno è un animale buono,
lo sbadiglio di un cane sdentato.
La cucina è igienica come un crematorio.
Il gas è una sciarpa di seta,
ha l’odore pungente delle ascelle di Ted.

Shura dorme attaccata alla mia schiena.
È il mio piccolo innesto,
una farfalla avvolta nel tepore della coperta.
Il suo respiro è una garza.

Fuori la luna imbianca
la potatura senza sangue degli alberi.
Il prato è cangiante come una pellicola esposta.
Due pastiglie, perfette come una comunione
e orbito fuori dal mondo.
Ultimo volo sullo Zeppelin
contro l’irriducibile flusso delle maree.

Apro le orchidee dei bronchi
e respiro, respiro.
Un airone mi picchia dentro il cervello.

La casa è un polmone chiuso.
Il dolore ha il sibilo azzurro del gas.

—————————

Daniela Raimondi è nata in provincia di Mantova e ora divide la vita tra due isole, la Gran Bretagna e la Sardegna. Ha pubblicato: ELLISSI, (2005); INANNA (2006); MITOLOGIE PRIVATE (2007); il monologo in versi ENTIERRO (2009); il libro-CD DIARIO DELLA LUCE (2011) e il volume monografico LA POESIA E L’EMPATIA, Puntoacapo Editore, a cura di G.M. Lucini.
Il suo ultimo libro è un’antologia di testi in edizione bilingue: SELECTED POEMS (Gradiva, New York, 2013). Per maggiori informazioni: http://raimondidaniela.blogspot.com/



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