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La ricerca dell’identità prosegue…

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La ricerca dell’identità prosegue…

Il periodo fra le due guerre mondiali vede affermarsi cineasti europei, specialmente austriaci e tedeschi, di grande spessore artistico ma poco, se non per nulla conosciuti, se non tra i cinefili più appassionati. Tra questi, spicca su tutti il nome di George Wilhelm Pabst  (25 Agosto 1885 , Radnice -Repubblica ceca- 29 Maggio 1967 , Vienna) . I suoi film sono caratterizzati dalla tematica psicologica incentrata sul sesso come corruzione, fortemente emotivi. Si afferma subito nel 1925 con “La via senza gloria” dirigendo due grandi attrici: Asta Nielsen( bellezza atipica lontana dai canoni imposti dal sistema hollywoodiano) e la divina Greta Garbo, qui però ancora signorina Gustaffson (è il suo ultimo film europeo prima di partire per Hollywood). Il cineasta boemo adotta il Kammerspiel per indagare sulla società e la vita quotidiana, in maniera cruda e realistica. Dopo film dimenticabili arriva il primo capolavoro: “Lulù”(1928): una donna perversa interpretata dalla diva dal celebre caschetto nero opposta alla Garbo, Louise Brooks. L’anno successivo è ancora Louise Brooks la protagonista di “Diario di una donna perduta;, geniale, suggestivo, sarcastico.

Nel 1930 gira “Westfront 1918”dove P. presenta la guerra senza maschere ma anche nella sua fatalità, senza però spiegarne le cause. “La tragedia della miniera” lancia il suo messaggio di fraternità tra popoli, specialmente tra operai che non conoscono frontiere come quelle imposte da chi governa.

“L’opera da tre soldi” rappresenta una fedele trasposizione dell’opera di Becht per quanto riguarda l’ironia ma non la tematica sociale, tuttavia avvincente nel ritmo.

Nel 1932 si cimenta nel fantastico con “Atlantide”dove ancora una volta mette in risalto la sua bravura narrativa. Curatissimo poi il suo “Don Chisciotte” ma che secondo diversi critici risulta come un mero esercizio di stile, freddo e decorativo. Sicuramente da  rivedere. “Mademoiselle  docteur” rievoca una particolare atmosfera , quella di una città greca crocevia, durante la prima guerra mondiale, di spie come la sua protagonista.

“Il processo” del 1948 è basato su un fatto vero, il suicidio , in un villaggio ungherese di una serva, per disperazione. P. tramite questo film volle riscattarsi per i due film del cinema tedesco di Goebbels del 1941-43.

Nel 1955 ricostruisce gli ultimi 10 giorni di Hitler nel bunker della cancelleria nel film “L’ultimo atto”, potente nella sua lezione antitotalitaria; dello stesso anno è anche “Accadde il 20 luglio” sul tentativo di attentare alla vita di Hitler, meno suggestivo del precedente .

Per il medico, sceneggiatore ed infine regista, Arthur Robinson poi è ancora più ragionevole parlare di espressionismo rispetto a Murnau o Lang, basta prendere come esempio il film “Notti d’orrore” oppure “Ombre ammonitrici” dove l’ipnotismo mette in crisi un matrimonio. Cosi come lo è per  Paul Leni che predilige la psicologia (“Il gabinetto delle figure di cera”). Più tormentato è il rumeno Lupu Pick che , pur volendo, non riesce a sfuggire alle istanze espressioniste   come si nota ne “La rotaia”. Anche Karl Grune aspira al realismo ma ne “la strada” adotta tutte le tematiche e le visioni tipiche dell’espressionismo.

Meritano poi particolare menzione per il loro grande contributo alla piena resa dell’espressionismo sceneggiatori e scrittori  come Carl Mayer (“Aurora” per citarne uno) , scenografi-pittori come Reimann,  Warm, Hunt e direttori della fotografia come Arno Wagner, Seeber . Freund , Rittau.

di A. Grasso

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