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La risposta al terrorismo? Il Forum Sociale Mondiale 2015

Creato il 25 marzo 2015 da Allocco @allocco_info

Il Comitato organizzativo del Forum Sociale Mondiale 2015 non cede al terrore. Soltanto poche ore dopo l’attentato al Museo del Bardo di Tunisilo scorso mercoledì 18 marzo, il coordinatore della manifestazione, Abderrahmane Hedhili, ha comunicato che il programma non avrebbe subito cambiamenti di alcuna sorta. Una dichiarazione dovuta, dato che, come nel 2013, il Forum riverserà decine di migliaia di persone, associazioni e gruppi che lottano per la giustizia sociale e i diritti umani nella capitale tunisina, a una settimana esatta dall’attacco terroristico costato la vita a 21 persone. L’attaccamento a questa esperienza di democrazia, concepita come una diretta emanazione della Rivoluzione dei Gelsomini, appare più forte dei timori di un’altra strage. L’invito non è solo a non spezzare l’unità ideale dei movimenti sociali, civili, e degli attori politici, in primis tunisini, ma a superare i numeri della partecipazione all’evento (ben 40mila nel 2013), intesa come una concreta azione di opposizione al terrorismo, al fanatismo religioso e a tutto ciò che interferisce col processo di costruzione di una Tunisia democratica, libera e pacifica.

La democrazia siamo noi, sono i cittadini che agiscono democraticamente” ha ricordato all’indomani della strage la professoressa Ouejdane Mejri, presidentessa diPontes, l’associazione che riunisce i tunisini in Italia. La convivenza in Tunisia di ebrei, cristiani, musulmani è assicurata da secoli e senza particolari frizioni, come ha mostrato la messa in commemorazione delle vittime celebrata nella Cattedrale cattolica di Tunisialla presenza dei ministri del governo. Tuttavia oggi il Paese, che non a caso ha acceso la scintilla della cosiddetta “Primavera araba” nel 2011, è stretto in una morsa che ne evidenzia tanto le specificità nel senso della democrazia e di una sostanziale laicità delle istituzioni, quanto i rischi dettati dal trovarsi preso tra i gruppi terroristici algerini che da oltre vent’anni intervengono lungo la frontiera, e il caos del dopo Gheddafi in Libia. Il pericolo non è però solo esterno, come testimoniano i tragici fatti di una settimana fa. L’avvio del processo democratico dopo l’abbattimento del regime di Ben Ali ha avuto una gestazione lunga oltre 4 anni: solo con le prime elezioni libere per il Parlamento e il Presidente della Repubblica, rispettivamente nell’ottobre e nel novembre scorsi, la transizione ha segnato un punto di arrivo nel percorso verso la democrazia evidenziando l’“eccezionalità” del laboratorio politico tunisino. Un esempio è dato dal mancato inserimento della Sharia, la legge coranica, nella nuova Costituzione che la Tunisia si è data nel gennaio 2014; o anche nell’opposizione a Ennahda, partito islamico moderato che aveva inizialmente cavalcato la rivolta popolare e ottenuto la maggioranza alle elezioni dell’ottobre 2011, lasciando però libero corso al terrorismo salafita culminato con l’assassinio tra il febbraio e il luglio 2013 di due oppositori, Chokri Belaïd e Mohamed Brahmi. Tuttavia, come ha ben evidenziato la ricercatrice Leila El Houssi sulle pagine di Mente Politica, da questi risultati politici non può tuttavia essere scisso il contesto economico di forte crisi, che ha deluso le aspettative delle giovani generazioni protagoniste della cacciata di Ben Ali nel 2011. La forte disoccupazione e la mancanza di valide alternative di mobilità sociale hanno favorito un disagio tale da indurre alcuni giovani a rivolgere lo sguardo verso organizzazioni terroristiche, alla ricerca di un riscatto o forse di un capro espiatorio per le ingiuste condizioni di vita. Democratizzazione e rilancio economico devono quindi continuare a essere gli obiettivi del governo guidato dal moderato Habib Essid per eliminare alla base il rischio di infiltrazioni terroristiche.

La manifestazione popolare spontanea che ha attraversato Avenue Bourguiba, la via principale di Tunisi, nella stessa sera dell’attentato al Bardo ha espresso un chiaro “No” al terrorismo. Analoghe veglie sono state condotte in altre città della Tunisia, dando dimostrazione al mondo intero che lo spirito che ha animato la Rivoluzione dei gelsomini non è affatto perduto. Paradossalmente l’attentato potrebbe essere riuscito a rinsaldare tanto la società quanto il governo, con l’obiettivo comune di restringere lo spazio di manovra dei terroristi sul territorio. Sono diversi gli analisti politici e i giornalisti che guardano con una sguardo positivo al futuro della Tunisia, a dispetto dei recenti accadimenti. Dalla redazione del Corriere di Tunisi, mensile della comunità italiana a Tunisi, Mafalda Posco ha raccolto voci che indicano: “Sapremo sostenere il nostro Paese, irrobustiremo la nostra economia, rilanceremo il turismo, ci rimboccheremo le maniche ed eviteremo di drammatizzare”. Proprio la “giovinezza” della democrazia tunisina induce a valutare con forte ottimismo che si tratta di un processo in evoluzione. “Ci sono state le elezioni, è stato eletto un presidente moderato, il Paese si sta ancora abituando a questo tipo di governo”, ha commentato ancora Posco, “ma il percorso è ancora lungo, ci vorranno anni perché si possa parlare di stabilizzazione”.

È innegabile che la kermesse altermondialista del Forum Sociale, quest’anno ancora più che negli anni precedenti, metterà in campo questioni che attraversano, con spaventosa urgenza, l’intero globo: l’estremismo religioso e il terrorismo, ma anche la disperazione sociale e le rivendicazioni dei più poveri, la transizione verso forme di maggiore democrazia o la negazione dei diritti umani in nome della sicurezza. Il villaggio globale, riunito da oggi a Tunisi fino al prossimo 28 marzo, tenterà di dare una risposta. Una voce che si spera non resti inascoltata.

di Miriam Rossi da Unimondo.org

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