Magazine Diario personale

La sedia e la signora

Da Perla

La giuria si pronunciò, con voce piatta,
sul destino dell'uomo in cravatta:
A morte! Che la legge sia rispettata 
e la sua salma non tumulata.
Che si adempia l’ultimo oltraggio,
 sia trattato come cane randagio,
cadavere insepolto alla mercè 
di chiunque voglia  e senza un perchè.
Che non ci si azzardi a dargli suffragio
e che non abbia alcun necrologio.

La vecchia signora fuggì inorridita

da quell’assise così costituita.
Tremava di orrore e di sdegno
per una barbarie senza ritegno
che della vita aveva disprezzo.
La rivoluzione esige il suo prezzo
- mormorò,  con dolore, la signora –
e la umana pietà spesso ignora
Ogni azione vien livellata
ad un unico ideale asservita
senza limiti né distinzioni
processando azioni e intenzioni.
Che grande barbarie la condanna a morte
come può un uomo, di un simil la sorte
determinare, come può arrogarsi tal privilegio,
come riesce ad essere tanto malvagio.
Solo l’uso intelligente della ragione
gli fa cambiare - talvolta – opinione
facendogli intravvedere, oltre il suo odio
spiragli di luce , senza dissidio.
Se semini calunnie, litigi, odio, rancore, illazioni
questi ti ritornano, alimentando le tue frustrazioni;
solo il germe d'amore sarà ripagato
da pace interiore, armonia col Creato.

Il sole sulla signora spandea il suo tepore

ma non riusciva a scaldare il suo cuore
curva su se stessa, sulla sua umanità,
giunse infine alla sua dimora, e con dignità
salì fino in soffitta, dove stava, abbandonata
in un angolo,una vecchia sedia spagliata
e su di essa si lasciò andare
senza più niente da dire o da fare.
Era una piccola sedia di paglia e bambù
compagna fedele della sua gioventù
che l’aveva da sempre seguita
fin da quando era una bimba riverita.
Una sedia che aveva tanto da raccontare,
- una intera vita, senza farsi notare -
che aveva accolto , con uguale amore,
il vecchio bovaro e il grande signore.
Quando ancora profumava di fieno
aveva la bellezza dell’arcobaleno;
quando era ancora utile e vigorosa
aveva offerto ristoro alla signora, sposa;
poi del bimbo avea tenuto i balocchi
e della bambina raccolto i suo fiocchi.

Ma il tempo passa, restan solo le tracce

che sian rughe di viso  o fili d’erbacce;
la signora e la sedia eran simil parecchio
l’una dell’altra eran lo specchio:
un po’ di polvere, tanta umiltà
una vita vissuta in gran dignità,
fino a quest’ultimo, grande dolore,
come può essere un figlio che muore.
Stavano lì, sotto i raggi obliqui del sole
in un silenzio   che grondava parole;
poi, piano, in un sussurro arrivò la sera 
non si distinguevano testa e spalliera
l'una taceva i suoi occhi asciutti
l'altra accoglieva i suoi sogni distrutti.
La notte, amorevole amica dalle tante stelle
stese su entrambe le sue mantelle,
le cullò con una dolce e lieve nenia
e da questa terra se le portò via.
La sedia e la signora


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