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La sfida alimentare in America Latina

Creato il 04 marzo 2014 da Bloglobal @bloglobal_opi

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di Francesco Trupia

Aspettando i risvolti politici che seguiranno Fifa 2014 e le sfide elettorali di fine anno in Bolivia e Brasile, l’America Latina ospita l’ennesimo evento di un Continente volto al continuo incremento della propria economia sub-regionale e deciso a fuoriuscire dalle stagnazioni degli ultimi mesi. A Città di Città del Messico, dal 4 al 6 marzo, l’Industria Alimenticia – insieme a multinazionali straniere ed in collaborazione con il Culinary Institute of America – ha organizzato il Congreso de Alimentos y bebidas de America Latina che promuoverà alternativi processi di sviluppo alimentare e la progettazione di nuove formule sicure da realizzare per l’intero settore. [1]

La partecipazione di note multinazionali sembra fuorviare i buoni propositi della conferenza poiché, attraverso i propri mezzi di comunicazione, quest’ultime – come la Pepsi&Co ad esempio – hanno ufficializzato la loro presenza motivate dalle chanches concesse dallo sviluppo di prodotti innovativi e capaci di offrire ai mercati opzioni alimentari più sane. La Baja Brewing Company, altra partecipante, sponsorizzerà invece la coltura di piccole piante in ecosistemi da proteggere da quegli interventi lesivi che attualmente si utilizzano inquinando. [2] Anche se storicamente la contaminazione con pesticidi, il deflusso dei nutrienti e le emissioni di gas serra aggravano il debito ambientale dell’industria agricola, al Congreso verranno ugualmente affrontati temi come l’utilizzo delle bio-tecnologie capaci di risolvere – secondo gli esperti – il problema del soddisfacimento alimentare del 36%. Ma ciò che preoccupa ecologisti e sostenitori di politiche sostenibili sono i precedenti: poche settimane addietro la Sala Segunda della Cámara del Trabajo ha condannato la Monsanto poiché rea di aver distrutto diverse zone con prodotti chimici e transgenici nelle zone di Malvinas Argentina. [3] Il fenomeno tipicamente latinoamericano dell’interculturalizar, stimolante nella sua riflessione comparativa nei diversi settori scientifici, potrebbe stimolare lo start-up di nuove politiche di sviluppo alimentare, che tutti i Paesi in Via di Sviluppo dovrebbero sostenere per la loro crescita, ma avallare contemporaneamente veri disastri pubblici. Con la tipica decisione che lo condusse a diventare l’attuale Presidente boliviano, Evo Morales guida l’attuale G77 alle Nazioni Unite sponsorizzando modelli alternativi di crescita che passano dalla difesa di beni comuni.

L’aspetto ʻeducativoʼ dell’evento, a differenza delle consone impostazioni economiche e di marketing commerciale, rappresenta l’aspetto più interessante in quanto afferma la volontà di promuovere modelli educativi volti al rispetto dell’ambiente ed al riconoscimento del diritto all’alimentazione. Sul panorama internazionale molte organizzazioni come la Food and Agricolture Fondation (FAO) o la Global Agro-Ecological Zones (GAEZ) hanno sostenuto negli ultimi anni una progressiva promozione di importanti campagne in difesa delle attività agricole (compreso silvicoltura, pesca, acquacoltura, pascolo comune) che rappresentano per l’America Latina e i Carabi oltre il 60% della produzione totale di cibo. Difendere l’economia agricola e pastorale di Paesi come Paraguay, Cile, Perù, Ecuador e Bolivia, significa salvaguardare oltre il 70% del settore occupazionale nazionale, che ruota intorno ad un uso tradizionale del suolo da cui derivano diverse prodotti conosciuti come “esotici” nei mercati internazionali.

Nell’ultima riunione del Celac il Presidente del Messico Peña Nieto ha ribadito la volontà di aprire nuovi orizzonti di crescita socio-economica attraverso nuove prospettive produttive fortemente legate alla sfide comuni. Preparando i governi dell’America Latina alla partecipazione al Congreso de Alimentos y Bebidas, in qualità di Paese ospitante, il Presidente messicano ha sottolineato la sua ferma volontà di coinvolgere proprio il gruppo Celac in un’agenda di crescita inclusiva che realizzi «una dipendenza di vicinanza, fisica ed obbligatoria», capace di risolvere storici problemi come quello della fame, della povertà e della disuguaglianza sociale e di genere. [4] Il Messico ed i Paesi del blocco economico dell’Alianza del Pacifico, infatti, potrebbero ritrovare nei nuovi mercati sostenibili del settore alimentare ulteriori punti di forza per supportare la crescita delle economie nazionali già prossime ad un trend positivo nel biennio 2014-15. [5]

Il sistema economico ed il regime politico più preparato ad una tale prospettiva appare quello del Paraguay, grazie anche alla collaborazione della FAO ed alla promulgazione del decreto-legge che dallo scorso dicembre promuove lo sviluppo di nuovi meccanismi istituzionali rivolti all’acquisto di beni di consumo prodotti all’interno del circuito dell’agricoltura familiare. Tale decreto-legge permetterà la commercializzazione di prodotti agricoli attraverso il loro inserimento nei settori scolastici e sanitari nazionali, spostando la loro fruizione dal semplice nucleo familiare ai servizi pubblici dello Stato. Tale disegno politico colmerà un quadro giuridico inottemperante all’interno delle fasce medio-basse della popolazione, cercando di migliorare le politiche occupazionali e, di conseguenza, la produzione di alimenti tradizionali sicuri e sani che garantiranno quotidianamente un pranzo ed un pasto alternativo a ciascun cittadino. La sostenibilità dello sviluppo agroalimentare promossa dall’evento di Città del Messico rientra non solo nei piani di sviluppo del Paraguay, ma anche nelle prospettive poste dal Meeting Specialized on Family Farming ed all’interno dei due blocchi economici principali: il Mercosur e l’Alleanza del Pacifico. Nelle dichiarazioni del Ministro degli Esteri del Paraguay Eladio Loizaga, a proposito di crescita interregionale, si evidenzia la speranza di concludere nel prossimo giugno l’accordo di libero scambio (FTA) con il Messico, migliorare la cooperazione all’interno dell’Alleanza per promuovere una maggiore integrazione tra i due mercati statali.

Se in Paraguay la rilevanza delle politiche ambientali è cresciuta in quanto legata indissolubilmente alla produzione di alimenti tradizionali prodotti in ecosistemi sani ed inseriti nel circuito pubblico dello Stato, l’integrazione nella policy-making evidenzia un andamento diametralmente opposto. La distorsione sistematica di tale fenomeno è la conseguenza diretta dei mercati nazionali ed internazionali guidati dal profitto. Il Paese latinoamericano è stato caratterizzato negli ultimi giorni dal litigioso triangolo i cui vertici sono rappresentati dalla Yaguaerte Pora S.A. (leader nell’esportazione di carne bovina nei mercati europei, russi ed africani), dalle popolazioni locali dei Ayoreo e dal Ministro dell’Ambiente Cristina Morales. Dopo aver promosso il decreto-legge sull’agricoltura familiare, il governo del Paraguay ha dovuto mediare tra le comunità Ayoreo e l’allevatore della multinazionale Marcelo Bastos Ferraz che, dopo aver ricevuto il lasciapassare del governo, è tutt’oggi impegnato nella deforestazione della foresta per creare nuovo spazio per il proprio bestiame. Le pressioni di ONG come Survival International al Ministro Morales non sembrano riuscire a distruggere una cultura di sviluppo economico convergente negli indicatori di crescita ormai universalmente riconosciuti. «I diritti delle popolazioni indigene» – aveva dichiarato in tempi non sospetti Jared Diamond – «andrebbero difesi sul terreno delle ragioni morali e non con falsità passibili di confutazione», come le dichiarazioni della Yaguarete Pora S.A. che affermava di proteggere la foresta col suo operato e creare una “riserva naturale”. [6]

Analizzando l’attuale scenario verrebbe da chiedersi cosa resta ai popoli ed all’ambiente se, al di là delle campagne internazionali e dei buoni propositi delle tavole rotonde, lo Stato rimane l’indiscusso garante della proprietà, dell’ordine interstatale e dei propri mercati? Ed ancora: che senso avrebbe per popoli con mezzi di sussistenza elementari, la nozione di progresso o la scelta di un “modello di sviluppo” se a quest’ultimi è stata tolta la possibilità di raggiungere la soglia della semplice esistenza? [7] E’ evidente che la crescita di zone come l’America Latina siano legate a logiche di progresso economico che i governi nazionali difficilmente bolleranno come fallimentari. Non si riuscirebbe a comprendere le differenze che intercorrono tra la situazione presente oggi in Paraguay e quella nel Perù sudorientale. Sebbene quest’ultimo sia un Paese in forte crescita nel prossimo biennio, il popolo peruviano dei Machiguena che occupa un ambiente marginale, privo di spazi sufficientemente ampi o fertili, non è sottoposto all’ingerenza di governi o corporantions. Dinnanzi al distonico operato del governo paraguayano, palesatosi anche in altre regioni latinoamericane, e non solo, è evidente come numerosi popoli abbiano la volontà di resistere alla ricezione del modello occidentale di sviluppo. [8] Appare evidente che usare metodi assurdi, disinformati e miopi per forzare la crescita di frutta o pomodori, spogliando di conseguenza colline ed alberi del loro ciclo vitale, non può essere considerato progresso né all’interno del settore agroalimentare né in qualsiasi altro.

Il sesto Congresso del Movimento Sem Terra, svoltosi a Brasilia dal 10 al 14 febbraio scorso sotto l’auspicio di Lutar, construir Reforma Agrária Popular, evidenzia la volontà di collaborare con entità statali e multinazionali affinché si possa realizzare un agro-business-campesiños parallelo alle logiche degli attuali mercati, promuovendo parallelamente la difesa di prodotti alimentari, riconoscere il diritto all’alimentazione e imporre una seria politica per la sovranità alimentare.

La domanda non pone difficoltà sul “come” fare ma, in realtà, se la sfida di uno sviluppo sostenibile ed alternativo possa essere raccolta o rigettata.

* Francesco Trupia è Dottore in Politica e Relazioni Internazionali (Università di Catania)

[1] Per maggiori informazioni dell’evento: http://www.latinamericanfoodcongress.com/index.php/esp/;

[2] L’uso di pratiche tradizionali legate all’uso di piante curative è riconosciuto dal programma sanitario nazionale della Bolivia, come previsto dal secondo paragrafo dell’art. 30 della sua Costituzione;

[3] Gli inquinamenti in Argentina pongono la recidività della Monsanto che, come descritto dal Washington Post nel 2002, aveva avvelenato una cittadina dell’Alabama scaricando rifiuti tossici nei corsi d’acqua prospicienti la loro sede di Anniston.

[4] L’auspicio del Presidente Peña Nieto sembra ricordare quello kantiano espresso dal filosofo in Per la pace perpetua che molti internazionalisti ricordano nella descrizione di contesti in cui l’interdipendenza si pone come fattore facilitante per la crescita e la pacificazione di una determina area;

[5] Per un approfondimento rimando all’interessante lettura di Global Trend 2014;

[6] Jared Diamond è professore di Geografia all’University of California di Los Angeles. Tra i tanti riconoscimenti internazionali ricevuti quello più importante è il Premio Pulitzer grazie alla pubblicazioni di Armi, acciaio e malattie.

[7] Si sono cimentati in interessanti risposte gli studiosi Jared Diamond (Il mondo fino a ieri, 2013, Einaudi Editori), Francois Rigaux (Il diritto dei popoli, 2013, Ed. Gruppo Abele) e Raj Patel (Il valore delle cose e le illusioni del capitalismo, 2012, Ed. Feltrinelli);

[8] Non sempre la cultura indigena in tema di cooperazione si è rilevata positiva. Sempre in Perù, il popolo dei Machiguenga – praticanti un’orticoltura seminomade – non si sono mai rivolti positivamente alla cooperazione che risulta di gran lunga inferiore rispetto ad altre comunità indigene.

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