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La signora senza camelie (1953)

Creato il 01 ottobre 2012 da Af68 @AntonioFalcone1
La signora senza camelie (1953)

Michelangelo Antonioni

Cento anni fa, il 29 settembre del 1912, nasceva a Ferrara Michelangelo Antonioni, autore che, in un’evidente fase di stanca del Neorealismo, rappresenta nella cinematografia italiana uno dei primi passi verso una necessaria modernità, da un punto di vista estetico, formale e di linguaggio.

Dopo le attività di critico cinematografico, assistente alla regia, cosceneggiatore, ed una serie di cortometraggi, esordisce con Cronaca di un amore, ’50, imbastendo su una struttura di genere, il giallo, una costruzione particolare che, attenta all’interazione ambiente-personaggi, si sofferma su questi ultimi, sulle loro sfumature psicologiche, piegando il linguaggio cinematografico all’esigenza di descriverne il disagio esistenziale nel continuare la vita di sempre, tra trasformazione ed evoluzione; dopo I vinti, ’52, e La signora senza camelie, qui analizzato, pellicola tutta da riscoprire, lo stile di Antonioni appare ormai volto ad un’espressività autonoma ed originale.

La signora senza camelie (1953)
La commessa Clara Manni (Lucia Bosè) diviene attrice per caso, notata per la sua bellezza, sfruttata a dovere dai produttori Ercolino Bora (Gino Cervi) e Gianni Granchi (Andrea Checchi) in film a basso costo baciati dal successo. Gianni, invaghitosi di lei, la sposa e, estremamente geloso, le proibisce di continuare a recitare: Clara insiste al riguardo, per cui il marito si adopera nel cambiargli repertorio, facendole interpretare Giovanna d’Arco, ma alla prima, a Venezia, e poi nelle sale sarà un fiasco colossale, tanto da indurlo a tentare il suicidio.

La donna per aiutarlo riprende la lavorazione di un film, anche se nel frattempo, tra delusione e noia, ha avviato una relazione con un diplomatico, confidando nel suo amore, ma questi è alla ricerca di una semplice avventura e non vuole scandali: sostenuta da un amico attore, che le farà comprendere come non potrà sempre fare affidamento sul suo fascino, inizia allora a studiare, ma il mondo del cinema si rivelerà spietato ed quando anche l’ormai ex marito le offrirà la solita parte, non potrà fare altro che rassegnarsi, accettando di interpretare un filmetto di un produttore concorrente, disillusa tanto dal sogno che dalla realtà.

La signora senza camelie (1953)
Se la sceneggiatura (opera dello stesso regista, con Suso Cecchi D’Amico, F. Maselli, P.M. Pasinetti), appare incerta tra commedia e dramma psicologico, con qualche lungaggine di troppo, la scelta registica è invece piuttosto evidente:nella citata correlazione ambiente-personaggi, Antonioni visualizza con estrema concretezza sia l’illusoria “normalità” di una realtà borghese, sia la doppiezza del mondo del cinema visto allo stesso tempo come macchina da guerra produttiva e dispensatrice di sogni, volta a far sperare nuove opportunità di vita, almeno nell’ottica della protagonista, uno dei più bei ritratti femminili dell’immediato dopoguerra, insieme alla viscontiana Maddalena-Magnani e alla felliniana Wanda-Brunella Bovo dei quasi coevi Bellissima e Lo sceicco bianco, rispetto alle quali il suo personaggio si ammanta di più intense sfaccettature.

Clara entra nel sogno, lo vive in pieno, ma è costretta ad uscirvi per scendere a patti con il mondo reale e i suoi compromessi, pur confidando di evitarli, ingenuamente, facendo leva sulla forza pura dei sentimenti, arrivando mestamente ad una resa incondizionata, forte simbolo, ancora attuale, di un paese alla ricerca di una propria identità, anche, se non soprattutto, morale.


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