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La solitudine dei figli, per primi

Creato il 18 novembre 2014 da Beltane64 @IrmaPanovaMaino

Una generazione di scrittori dannati.

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Non è la prima volta che ci occupiamo dell’universo giovanile, di quella fascia di età che va dai 13 anni fino alla maggiore età e il nostro interesse è volto, soprattutto, a come gli adolescenti riescono a percepire il nostro mondo adulto, o presunto tale. Noi ci sentiamo profondamente responsabili di quanto viene diffuso, non tanto da un punto di vista legale, quanto morale. Siamo noi (e a volte bisogna anche ammettere… purtroppo) coloro che dovrebbero guidare nelle scelte le nuove generazioni. Noi, che con i nostri esempi e le nostre esperienze, dovremmo aprire loro le strade e insegnare come superare gli ostacoli. Tuttavia, anche se pare banale sottolinearlo, non è affatto così. La nostra epoca ha segnato degli adulti che ancora cercano di capire in che modo lasciarsi alle spalle l’adolescenza e, se da una parte questo fatto ci rende “giovanili”, dall’altra esalta un’immaturità che non dovrebbe esserci, soprattutto quando le nuove leve già bussano alla nostra porta e pretendono (giustamente) di avere i loro spazi. L’articolo non vuole essere polemico e non vuole colpevolizzare nessuno, piuttosto cerca di dare una connotazione a certi aspetti che, soprattutto in campo letterario, sono piuttosto evidenti. Il boom dell’editoria ha demolito dei confini che, fino a dieci anni fa, erano raggiungibili solo da pochi eletti. L’avvento della piccola editoria e del self publishing hanno aperto le porte a quanti hanno scoperto la passione per la scrittura, offrendo opportunità impensabili. Ed è per questo motivo che il marasma creatosi ha facilitato una sorta di dilagante “egoismo”, attraverso il quale l’autore pensa a se stesso e poco si cura di quanto gli accade intorno. Tuttavia (e giornalmente di esempi ne vediamo tanti), spesso non si considera il reale profilo dell’autore che, altrettanto spesso, è un genitore a caccia della propria identità. Proviamo a soffermarci per qualche istante e consideriamo ciò che il panorama letterario offre ai nostri giovani… ebbene, sfogliando un qualsiasi catalogo online possiamo renderci conto che è davvero poco. Molto poco. Stiamo diffondendo i nostri sogni e le nostre illusioni, lasciando uno spazio esiguo alla speranza. Quindi le nostre responsabilità, come adulti, dove sono finite?

Quali sono i messaggi che lasciamo in eredità ai posteri? Che i vampiri possono luccicare sotto il sole? Forse che le ragazzine anoressiche e sfigate, prima o poi, troveranno il grande amore in angeli, demoni e altre creature inverosimili? Quali sono gli argomenti trattati nel panorama culturale odierno? Dov’è finito lo spessore culturale e i dipinti magistralmente tratteggiati che erano riscontrabili nelle opere del secolo scorso?

Detto in parole povere: qual è la cultura che oggi, noi, stiamo costruendo?

Una volta esistevano l’umanesimo, l’ermetismo, il rinascimento… e oggi? Il twilightesimo? L’underworldismo? La corrente Young Adult? Vogliamo parlare di questi presunti “Young Adult”, perdonatemi il tocco polemico, ma chi sarebbero i giovani adulti? Se andiamo ad analizzare il lettore medio, che legge libri appartenenti al genere, ci rendiamo immediatamente conto che così tanto “giovane” non è. Quindi siamo ancora noi. Noi che scriviamo storie pseudo adolescenziali che rispecchiano i nostri sogni e le nostre illusioni, ma che nulla hanno a che vedere con la gioventù odierna, quella vera.
Sedendoci intorno a un caffè… quali sarebbero gli argomenti che potrebbero arricchire noi stessi e che potrebbero gettare le basi per delle riflessioni in grado ispirare un nuovo movimento culturale?

Viviamo in un momento storico in cui è solo la tecnologia ad avanzare, a passi da gigante, ma noi restiamo indietro. I nostri pensieri non si evolvono al pari dei mezzi di diffusione. I preconcetti e la disinformazione ci tengono ancorati a dei macigni in grado di farci sprofondare nella miseria culturale, annaspando e arrancando alla ricerca di quel posto al sole che ci viene negato. E se non riusciamo a sopravvivere noi, come pretendiamo che ci riescano i nostri figli? Aggrappandosi a cosa? Al vampiro luccicante sotto il sole?
Questa sorta di menzogna mediatica sta diventando deleteria, si discosta dalla realtà in modo così disumano da poter essere seriamente associata a una forma vampirica, in cui è la nostra anima a essere risucchiata dal nulla. Se ora ci voltassimo a guardare, forse troveremmo i nostri figli che, osservandoci a loro volta, si chiederebbero quando saremo pronti per crescere.

E forse, noi, generazione di scrittori dannati, non lo saremo mai. Forse noi, Peter Pan dalla Penna facile, siamo già salpati per l’Isola che non c’è.


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