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La sottile linea rossa

Creato il 30 giugno 2013 da Rightrugby

La sottile linea rossa C'è poco da aggiungere alla considerazione che il massimo del rugby ogni quattro anni NON è il Mondiale ma la tournée dei Lions. Tanto da riportare alla mente per analogia, epopee alla the thin red line di Balaklava, Crimea (ai cui tempi i reparti già giocavano a rugby football tra una azione e l'altra, per la cronaca). Passione, focus, thriller, altissimo livello sia in campo che a disegnar piani per questa serie di tre eventi irripetibili; individualità motivatissime (altro che Test Match di giugno!) messe in gioco in modo sopraffino da allenatori scafatissimi. Il risultato del meglio è una serie di partite che si vivono tutte in piedi, che manco la Nazionale. In tal senso, vinca o perda chi deciderà il Fato dato l'equilibrio totale costantemente sul filo del rasoio visto in campo, l'assoluto vincitore è il Tour in sé, è il concetto dei Lions, con buona pace di chi non lo comprenda e lo viva come un ingombro nei calendari sempre più densi. E che magari potrebbe chiedersi come "clonare" (nostra proposta) tale Best Practice testata nei secoli e sempre vincente, anche fuor di Sudafrica dove raggiunge i vertici delle motivazioni storiche extra sportive.
Vale la pena di rivivere l'evento di Melbourne che ha livellato la Serie - giustamente: per quanto s'è visto in campo e per portare al tensione al diapason - in modo "asincrono", dando un'occhiata di massima a tattiche, reparti contrapposti (le "pagelle" individuali le lasciamo volentieri stilare ai tanti professorini calcificati in giro) ed eventi topici. Non per pontificare "verità" dall'alto ma per stimolare riflessioni altre rispetto al dilagante "Tizio ha giocato bene, Caio ha sbagliato formazione" - quello che in una parola definiamo "calcificazione" del rugby e troviamo fenomeno deteriore da pensiero debole, anche se animato dal sincero desiderio del proselitismo (così facendo, si porta il calcio nel rugby e non il viceversa).
La tattica
L'Australia ha fatto perbene i compiti per casa riguardo le fasi statiche. S'era già visto in Gara Uno. Si pensava che stavolta Gatland e i suoi approntassero delle contromisure che finalmente realizzassero la superiorità teorica del pack Lions, e invece anche stavolta è sofferenza, al massimo fasi alterne ma nessuna decisa superiorità, bisogna lottare su tutto e ogni evento in campo ha una storia a sè. E' un gran risultato per i Wallabies questo, come svellere le mura del castello avversario.
- La rimessa laterale  dei Lions viene regolarmente disturbata da Horwill e "frenata" nei suoi sviluppi. In particolare è ben marcata l'estremità, impedendo sviluppi veloci per i reparti arretrati. I Wallabies soffrono solo la maul, che nel primo quarto diventa arma quasi letale, "barattata", forse malamente,  con tre punti di Halfpenny: a Gatland e ai suoi manca lo spirito sudafricano delle cose semplici ma efficaci.
- E siamo alla mischia ordinata: in Gara Uno erano stati i rincalzi a mettere in crisi i panchinari in Giubba Rossa nel secondo tempo, stavolta lo fanno anche i titolari, trovando il punto debole in Mako Vunipola, panchinaro promosso per necessità. Adam Jones protesta e si agita per i trucchetti del contrapposto Robinson (e lui quando non li fa?) ma sull'altor lato è fuoco concentrico dell'esperto Moore e dello scafato Alexander sul malcapitato ventiduenne dei Saracens. Forse sono anche Parling e Lydiate che non lo supportano a dovere come facevano O'Connell e Croft, forse è anche il tallonatore molto tecnico ma poco "pilone" Tom Youngs;  fatto sta che Jones deve finirla di giocare "di fino" (cioè borderline) e mettercela tutta per raddrizzare la baracca, manco fosse lui il pilone sinistro.  L'evoluzione del punteggio nel primo tempo narra con precisione quasi assoluta le alterne fasi della mischia: primo quarto dei Wallabies, secondo quarto per i Lions. Nel secondo tempo è equilibrio, nel finale dopo i cambi la supremazia stavolta torna ai Lions ma lì la mischia non è più un fattore e tale supremazia viene addirittura sfidata dagli Aussie in modo sorprendente, come vedremo. Rimane che quelle che dovevano essere IL safe harbour dei Lions, nei due primi eventi della Serie non sono mai state sotto controllo pieno.
Nelle fasi dinamiche, la superiorità della terza linea Lions in fase di recupero palla è evidente: Warburton (alla sua miglior partita dal Mondiale) si trova a meraviglia con Lydiate, i sincronismi del suo arrivar per secondo nei raggruppamenti  sono collaudati, riuscendo ad incastrare alla grande i portatori di palla in giallo, abituati agli arbitraggi australi sovente favorevoli per partito preso a chi attacchi la linea. I Wallabies rispondono in modo diverso: la difesa non si fa mai assorbire in forze, si adatta con gran dinamismo sia orizzontale che verticale,  Hooper (21 anni!) giganteggia per fiato e visione, ben supportato da Mowen. I flanker contrapposti sono come pugili in un ring da 100 metri per 50 e pure non perdono mai la concentrazione. Fantastici.
Le difese sono così asfissianti che il gioco lo possono articolare solo i mediani da dietro i pack; le aperture sono "primo uomo in piedi" per una frazione di secondo, quindi han scarse possibilità di lavorare su opzioni. Quindi gocano per lo più su offload e incroci vicinissimi, schemi graditi agli australiani (anche se perderanno un sacco di ovali agli impatti brutali coi difensori);  Sexton riesce raramente a distendere tutta la linea d'attacco come da piani e attitudini Leinsteriane,  mentre O'Connor si trova coi compagni un po' meglio che in Gara Uno (più spesso da ricevitore di offload che da assist man), sfruttando bene anche la pedata lunga (tranne che nel finale).  In tale situazione, la scelta di Deans di supportare il cosiddetto "primo uomo in piedi" con altri due "ragionatori" - Leali'ifano e Beale - alla lunga si rivela vincente.  Invece i due centri Lions sono sacrificati nella difesa e non trovano spazi.
Uno dei fattori più cruciali e sottili dell'incontro di pugilato a squadre giocato su una scacchiera (o viceversa, della partita a scacchi tra 15 pugili) è la selezione di chi va in panchina.  Palese l'effetto contrapposto delle scelte dei rincalzi nell'ultimo quarto:  Gatland ha portato O'Brien e Croft a coprire seconda e terza linea, due blindside. Mette O'Brien per Heaslip,  invece Deans ha Liam Gill e lo manda al posto di Palu (uno dei più "grillotalpati"), spostando al nr. 8 l'adattabile Mowen. Il patatrac è di lì a pochi minuti: Warburton s'infortuna, lo rimpiazza Croft, quindi hanno tre blindside in campo e sono senza fetcher, mentre gli Aussie scatenano due openside - Gill e Hooper - a dragar palle e rallentare gli attacchi. Sarà un caso che, nonostante la netta superiorità guadagnata in mischia ordinata dai Lions, nella fase cruciale tra 65' e 75' i Wallabies riescano a schiacciarli dentro i loro 22 metri?
In fase di possesso, i padroni di casa tendono a concentrare la difesa con ripetuti pick and go, intervallati da calci nel box di Genia o calci lunghi di O'Connor, per poi far partire i trequarti. I Lions provano invece come detto ad allargare il gioco, ma la densità della difesa Aussie impedisce gli sviluppi, tanto che occasioni di meta o rotture della linea del vantaggio per loro non ce ne sono.  Nel gioco aereo è equilibrio complessivo: non c'è più il mismatch d'altezza Ioane-Cuthberth di Gara Uno, inizialmente ci provano i Wallabies con Folau che fa vedere l'Ozzy Rule da cui arriva (non solo League, è stato campione anche di quel Codice), arrampicandosi col ginocchio su North che nel secondo tempo proverà a vendicarsi caricandoselo sulle spalle e portandolo via, salvo schiantarsi pericolosamente di testa.
Per reparto
Adam Jones giganteggia in prima linea e anche il rimpiazzo Cole spezza il numero uno avversario, sia esso Robinson o Slipper più di quanto non li subiscano; invece dall'altra parte Vunipola combina alcuni disastri con Youngs, riscattati da qualche buona portate di palla in fase dinamica, fino a quando arriva il più fisico Hibbard a dargli man forte in mezzo.
In seconda linea Douglas e Horwill si fanno preferire a Parling e Wyn-Jones sepolti nella routine. Sulla terza linea ci siamo dilungati e se alla fine la differenza è di un solo punto, molti dei motivi van ricercati proprio in quel reparto: i quattro ai lati producono una performance da antologia, mentre in mezzo non così bene Palu (comunque più attivo di Gara Uno) e anche Heaslip.
I mediani a questi ritmi sono gli unici che possono "inventare" (poi uno si chiede come mai in Francia ciò sia pacifico da tempo): Will Genia non si discute, è probabilmente il numero uno al Mondo nel ruolo; Ben Youngs offre una prova propositiva, sa far giocare gli altri anche con scarsa protezione e soprattutto li guida alla aggressività difensiva, al contrario del pure più solido ma più statico Phillips. Murray entra quando parrebbe esser tempo di difendere e giocar di piede, si produce in cose tutte pregevoli ma è l'equilibrio complessivo nel pack a piegare lievemente verso i Wallabies in quei dieci fatali minuti tra 65' e 75'.
Il reparto dove la differenza è più marcata a favore Wallabis è il centro. Leali'ifano è figura chiave non solo per la sicurezza con cui piazza, mentre Ashley- Cooper vince per ora la sfida tra leader in campo in termini di seniority, molto più e meglio del rinomato Brian O'Driscoll che resta nuovamente impantanato per tutta la gara. Anche Jonathan Davies viene completamente assorbito dal dinamismo di Leali'ifano e dalle frequenti incursioni sul suo canale delle ali Aussie. Il triangolo allargato non viene raggiunto facilmente, devono tutti andarsi a cercare occasioni: bella prova difensiva di Bowe sulle palle alte, North prova a mettersi in moto ma è sorvegliato speciale come del resto Folau, Tomane è pericoloso ma le maglie difensive sono sempre attente. I due estremi Beale e Halfpenny ci provano meno che in Gara Uno, in particolare quello in rosso, attento a presidiare il fondo campo.
Eventi topici 
La partita è equilibratissima, chiare opportunità di meta per i Lions ce n'è una nel primo tempo, una maul si fa strada fino a pochi passi dalla meta e procura due falli in sequenza, ma viene scambiata forse troppo prudentemente con tre punti di Halfpenny.
A favore dei Wallabies, con Folau addirittura raddoppiato ogni volta che va a cercarsi l'ovale (magistrale una sua presa in aria sulla testa del gigante North nel primo tempo, ma l'offload che tenta viene perso da O'Connor),  la prima svolta potenziale si materializza all'alba del 71': i Wallabies hanno il pallino grazie ai cambi anche se soffrono in mischia, ma l'unica marcatura del secondo tempo, al 55', è stata di Leigh Halfpenny. Sei punti sotto, gli Aussie guadagnano una punizione sotto i pali Lions, Se sono saggi piazzeranno, tempo ce n'è; se fibrillano, calceranno in rimessa. E invece Genia chiama la mischia! E' follìa pura, Vunipola ben appoggiato al fisico di Hibbard da una parte e Cole dall'altra, stan facendo regolarmente il .... a Kepu, Moore e Slipper. Invece  la mischia dei gialli produce un lieve avanzamento ma la successiva azione dei trequarti non è produttiva, come del resto tutte le altre da ambo le parti del campo sino a quel momento.
E' una opportunità sprecata dai Wallabies con una scelta strana, opinabile; cosa che di solito non porta bene, funziona un po' come la storia del gol mancato gol subìto del calcio. Invece i Wallabies non mollano, tengono il gioco entro i dieci metri Lions e dopo due minuti è Ashley Cooper perfettamente servito a trovare finalmente l'intervallo tra i due centri e marcare la meta decisiva, per la trasformazione ancor più decisiva del freddo collega di reparto Leali'ifano dalla tecnica di calcio deliziosa (non dimentichiamo che è un esordiente: e uno si domanda come sarebbe finita Gara Uno con un piazzatore sicuro quanto e più di Halfpenny in campo).
I Lions sono un punto sotto con cinque minuti da giocare: provano a riversarsi in avanti ma vengono tenuti sufficientemente lontani.  Allo scadere è O'Connor a rimetterli in gioco, calciando direttamente in touch una palla servitagli da fuori area. Per sua fortuna la rimessa laterale dei Rossi dentro l'area dei 22 metri viene come al solito sporcata, poi è Gill a lanciarsi per terra a una mano, stile palla vagante nel basket e rubare l'ovale decisivo.
L'ultimo momento di svolta potenziale a favore dei Lions è in buona sostanza un regalo di Joubert: il tempo è scaduto, i Lions stanno risalendo il campo - del resto son pieni di ball carrier; a uno di loro sfugge la palla che gli cade sui piedi, ma l'arbitro fa proseguire facendo cenno che è caduta indietro (difficile figurarsi un 46 di scarpe "all'indietro",  ma tant'è). Sugli sviluppi c'è il fallo che offre a Halfpenny la difficile chance di vincere la serie.
Niente da fare, così stava scritto, si va a Sidney come nel 2001. Destini incrociati, massima suspance e godimento e vinca il migliore; possibilmente in campo e non in tribunale, neh Gatland? 

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