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La Spia, A Most Wanted Man – La recensione

Creato il 25 ottobre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

La spia – A most Wanted Man: Corbijn tra spionaggio e dramma shakespeariano

Abbandonate il fascino di 007, dimenticate gli inseguimenti mozzafiato e dite addio alla spregiudicatezza e al romanticismo di certi agenti segreti a cui un intero genere cinematografico ci ha abituati. Fate spazio alla precisione quasi chirurgica e alle geometrie perfette con cui Anton Corbijn (Control, The American) porta sul grande schermo il  romanzo di John Le Carrè, “Yssa il buono”, l’ottavo a essere diventato un film, l’ultimo era stato “La talpa”. Difficile definire “La Spia – A Most Wanted Man” semplicemente un thriller di spionaggio: il film che disgraziatamente si carica anche della responsabilità di essere l’ultima interpretazione da protagonista di Philip Seymour Hoffman prima della sua prematura tragica scomparsa lo scorso febbraio a Manhattan, è soprattutto una storia di solitudine umana.

Quella di Gunter Buchmann, capo di una piccola unità segreta di spionaggio con base ad Amburgo invisa ai pezzi grossi dell’intelligence tedesca per i suoi metodi troppo morbidi. Buchman e la sua giovane squadra di collaboratori indagano su un rispettabile accademico le cui attività benefiche non sarebbero altro che una copertura per finanziare le attività terroristiche di alcune cellule jihadiste. Una caccia all’uomo che coinvolgerà un misterioso ceceno in fuga arrivato ad Amburgo per riscuotere un’ingente eredità, un banchiere (Willem Dafoe) e un ingenuo avvocato: ma su tutto pesa l’onnipresenza dei servizi segreti americani e dell’intelligence più in vista.

La Spia - Film 2014

La missione della piccola unità anti-terrorimo diventerà così una corsa contro il tempo per arrivare all’obiettivo il più in fretta possibile, prima che ci arrivino loro. Sullo sfondo il gelido clima di sospetto generato dopo l’11 settembre 2001, in quell’Amburgo dove alcuni dei dirottatori si erano incontrati per pianificare gli attentati ormai tristemente noti. Corbijn lascia tutti in campo ad affrontarsi: poteri forti, oscuri, nascosti, figure costrette ad agire ai margini della legalità, che aspettano pazienti, si infiltrano, conquistano la fiducia delle proprie vittime, ne diventano amici, amanti e confidenti. Una partita a scacchi tra manipolati e manipolatori, un thriller dove la potenza del dramma umano accompagna la chiara e lucida costruzione degli intrecci; su tutto campeggia la volontà dura e pura di Buchmann/Hoffman, solitario eroe segnato sin dall’inizio da un destino ben preciso. A fare da contraltare ad un ordito quasi perfetto l’impatto visivo dell’intero film, che conferma la cifra stilistica del regista olandese e un imprescindibile debito al mondo della fotografia, il suo primo grande amore.

Di Elisabetta Bartucca per Oggialcinema.net


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