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LA STORIA DELL’UOMO CHE AD AUSCHWITZ SI SALVò DALLE CAMERE A GAS GRAZIE ALLA SUA CALLIGRAFIA

Creato il 19 aprile 2010 da Madyur

Racconta la sua storia da ben sessant’anni : espulso da scuola a 13 anni perché ebreo, fu arrestato a 16 e condannato ai lavori forzati nella Germania nazista. Finché un giorno una SS non lo fece arrivare a pochi passi dalla morte certa , in un infermeria del campo di concentramento di Auschwitz. A salvargli la vita fu la calligrafia.

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Nel 1943, convinto di essere destinato alle camere a gas. Ernest W.Michel fu salvato da un colpo di fortuna e dalla puntigliosa scrupolosità con la quale i tedeschi tenevano nota di tutto. Era sempre rischioso offrirsi volontario in un campo nazista , quando chiesero se qualcuno con una bella scrittura si volesse far avanti, lui alzò la mano : dopo essere stato cacciato da scuola , infatti, su insistenza sul padre per puro caso aveva studiato la calligrafia.

Il lavoro che gli fu affidato consisteva nel redigere certificati di morte per si suoi compagni di prigionia deceduti. “A prescindere da come erano morti , come causa del decesso dovevo sempre scrivere infarto oppure debilitazione generale. Di certo non potevo scrivere camera a gas: avevo soltanto quelle due opzioni a disposizione”.

Michel , oggi 86 enne, ha un’occasione per sfruttare la sua calligrafia , che in questo caso serve a lui stesso per poter continuare ricordare “Ricordo con esattezza molti dettagli del campo, quello che la gente diceva, dove mi trovavo quando accadevano certe cose, ma non riesco assolutamente a ricordare che cosa è successo ieri..”.

Ad Auschwitz la sua calligrafia gli valse la promozione : divenne infatti un inserviente dell’ambulatorio medico , e uno dei compiti a lui affidati fu appunto quello di riempire i moduli per i pazienti prelevati dall’infermeria dai medici nazisti per essere fatti passare dai camini”.

Le cose che ha visto nella vita Michel, i mestieri che ha fatto, sono parte di un passato non modificabile che egli crede sia suo diritto rendere noto, ma non ha rimpianti di sorta dopo aver fatto tutto quello che poté sopravvivere e dice “Se non l’avessi fatto io , l’avrebbe fatto qualcun altro. Non ho mai avuto incubi su Auschwitz”.

Tra il 1939 e il 1945 Michel soffrì la fame, fu picchiato, visse l’orrore incessante di vedere i suoi compagni di prigionia giustiziati i suoi occhi o mandati nelle camere a gas. Dopo la fuga nel 1945 riuscì a raggiungere il fronte americano , divenne poi traduttore, poi reporter per conto del governo americano di occupazione durante i processi per crimini di guerra di Norimberga. In seguito si trasferì a New York per lavorare come organizzatore di raccolte di fondi per l’United Jewish Appeal , di cui , alla fine , è diventato vicepresidente . Si è sposato ha avuto tre figli e ha imparato a giocare e amare il tennis.

Da quando è in pensione Michel ha guidato una campagna volta a fermare la prassi della Chiesa dei mormoni di battezzare post-mortem gli ebrei morti nell’Olocausto , nel convincimento che nell’aldilà potessero abbracciare la loro fede. Quando ha capito che i mormoni non avrebbero desistito, ha rinunciato.

Michel ha scritto al figlio dell’uomo che chiese chi aveva una bella scrittura, Stefan Heyman. “Siamo stati in contatto per un po’ e adesso abbiamo fissato un appuntamento per conoscerci di persona . Sarà un’esperienza meravigliosa”.

madyur

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