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La storia si ripete: I falchi statunitensi volteggiano sull’Iran

Creato il 19 ottobre 2011 da Tnepd

Global Research
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La storia si ripete: I falchi statunitensi volteggiano sull’Iran
Se le richieste di guerra contro l’Iran hanno lo scopo di placare gli alleati americani in Medio Oriente che non riescono a digerire le sue presunte ambizioni nucleari, sono un tentativo di riaffermare il predominio statunitense nella regione ricca di petrolio, o sono gli ultimi segni di un impero cadente che va all’attacco con abnegazione, coloro che anelano ad un nuovo mattino in America potrebbero benissimo accelerare il suo crepuscolo imperiale.

La storia sembra ripetersi mentre i falchi che hanno chiesto il rovesciamento di Saddam Hussein nel 2003  ora fanno tintinnare le sciabole per la guerra contro l’Iran. Ma perché  quelli che una volta chiedevano un Nuovo Secolo Americano restano irrimediabilmente bloccati nel passato?

In una bellicosa diatriba pubblicata nell’ultimo numero del Weekly Standard, il redattore capo, William Kristol, accusa l’Iran di avere il sangue dei soldati americani sulle mani. Sostenendo che la "forza" è l’unica lingua che il regime comprende, chiede al Congresso degli Stati Uniti di prendere in considerazione la possibilità "di autorizzare l’uso della forza contro le entità iraniane che facilitano gli attacchi contro le nostre truppe, contro l’ IRGC (Corpo della Guardia Rivoluzionaria Iraniana) e altri elementi del regime che favoriscono il terrorismo e contro il programma di armi nucleari del regime."

In un Bollettino del Foreign Policy initiative (FPI) del 17 Ottobre, il direttore esecutivo Jamie Fly indica la stessa linea, proclamando:

"Fino ad ora, il presidente ha scelto di essere la sventurata vittima delle macchinazioni dell’Iran. E’ tempo che il presidente Obama segua le orme dei suoi predecessori e si erga contro i tiranni che uccidono gli americani e minacciano i nostri interessi."

"E’ ora di intraprendere un’azione militare contro gli elementi del governo iraniano che appoggiano il terrorismo e il suo programma nucleare. La diplomazia non è più una risposta adeguata".

Parlando a Fox News Lunedi, l’ex ambasciatore USA alle Nazioni Unite John Bolton ha detto che è "deplorevole" che l’Iran non tema una possibile risposta militare alla luce delle recenti accuse di un complotto omicida iraniano sul suolo americano. Con un po’ di ironia, Bolton ha descritto anche la recente decisione del presidente Barack Obama di inviare 100 soldati in Africa centrale per arginare una crisi umanitaria perchè "dannosa per i nostri sforzi di preservare il nostro bilancio militare".

Non c’è da stupirsi che il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad affermi che l’ultima accusa secondo cui l’Iran ha cercato di assassinare l’ambasciatore saudita negli Stati Uniti ricorda stranamente le affermazioni sulle armi di distruzione di massa che hanno fornito il casus belli per l’invasione dell’Iraq nel 2003.

"In passato l’amministrazione americana ha affermato che c’erano armi di distruzione di massa in Iraq. L’hanno affermato con tanta forza, hanno offerto e presentato la documentazione e tutti dicevano "sì, ci fidiamo di voi, ci crediamo’", ha detto Ahmadinejad in un’intervista in diretta alla televisione Al Jazeera.

Il motivo di allarme di Ahmadinejad potrebbe essere giustificato date le circostanze. Fin dal Discorso sullo Stato dell’Unione del 29 Gennaio 2002 di  George W. Bush, durante il quale l’Iran (insieme a Iraq e Corea del Nord) sono stati etichettati come "Asse del Male", gli arroganti politici neo-conservatori e alti funzionari del governo hanno tenuto il paese nel mirino. E proprio come per l’Iraq, il casus belli è mutevole e adattabile come l’opinione pubblica a cui si rivolge.

Kristol da parte sua è stato uno dei principali sostenitori del cambiamento di regime in Iraq, sottolineando la situazione in un libro del 2003, di cui è co-autore, dal titolo La guerra in Iraq: la tirannia di Saddam e la missione dell’America. Ma il suo desiderio di effettuare un cambio di regime in Medio Oriente nascono ancora prima.

In un articolo del Foreign Affairs del 1996, William Kristol, sfidando ciò che egli considerava "un tiepido consenso che accetta il declino del potere Usa nel mondo come inevitabile", chiese una politica estera neo-reaganiana che avrebbe perseguito un’"egemonia benevola" e "adoperato sfacciatamente la sua autorità ".

Nel giugno del 1997, William Kristol, insieme a diversi altri importanti neo-conservatori che avevano posizioni amministrative di alto livello nell’amministrazione Bush (tra cui Dick Cheney, Paul Wolfowitz, Donald Rumsfeld e Elliot Abrams), per non parlare di suo fratello Jeb Bush, firmarono una dichiarazione di principi destinati ad inaugurare un’era serena di forza militare Americana e chiarezza morale. Questa dichiarazione di principi avrebbe definito il Progetto per un Nuovo Secolo Americano.

I quattro principi chiave proclamati erano per l’aumento delle spese per la difesa e la modernizzazione della forza militare, il rafforzamento dei legami con gli alleati democratici e la volontà di affrontare i regimi ostili agli interessi americani, la promozione della libertà politica ed economica all’estero, e la "necessità di accettare la responsabilità del ruolo esclusivo dell’America di preservare ed estendere un ordine internazionale favorevole alla nostra sicurezza, alla nostra prosperità, e ai nostri principi ".

Successivamente, il 26 gennaio 1998, il gruppo inviò una lettera all’allora presidente Bill Clinton, sollecitando la sua amministrazione a realizzare "una strategia per rimuovere il regime di Saddam dal potere."

La storia di quello che è successo quando una compiacente amministrazione Bush e i tragici eventi del 11/9 hanno fornito il pretesto per l’attuazione dell’attuale politica estera neo-reaganiana, è un terreno già molto battuto. La domanda è: perché lo stanno facendo di nuovo?

Secondo la maggior parte delle opinioni, le accuse contro l’Iran sembrano sfidare la logica. Scrivendo sul Time Magazine, l’ex ufficiale di stato maggiore della CIA  Robert Baer ha affermato che la trama, come descritta dal direttore dell’FBI Robert Muller era qualcosa che si potrebbe trovare in "una bruttissima sceneggiatura di Hollywood." Ha continuato dicendo che "niente di tutto questo è all’altezza dell’insuperabile abilità dell’Iran nella conduzione di omicidi".

Ma mentre l’idea di un iraniano-americano venditore di auto usate che tenta di organizzare un colpo contro l’ambasciatore dell’Arabia Saudita attraverso  un cartello della droga messicano non si intona con l’orgogliosa professionalità delle brigate al-Quds – un’unità speciale della Guardia Rivoluzionaria iraniana responsabile per le operazioni extraterritoriali – l’inverosimile storia sembra in abbinamento perfetto con l’immaginario americano. Una tale ricchezza di teatrale inventiva è stata già esibita precedentemente, in particolare, quando l’allora Segretario di Stato americano Colin Powell ha sollevato una fialetta e ha detto che poteva contenere antrace, parlando al Consiglio di sicurezza dell’ONU il 5 febbraio 2003.

Tuttavia, con il debito nazionale degli Stati Uniti a circa 15 miliardi di dollari, 1 milione di milioni di dollari in potenziali tagli di spesa per la difesa sul tavolo, e un recente rapporto effettuato dal Progetto di Ricerca Eisenhower alla Brown University che prevede che il costo della guerra in Afghanistan e in Iraq potrebbe raggiungere circa 4.000 miliardi di dollari, il pubblico americano avrà il coraggio o i mezzi per portare avanti un’altra guerra?

Considerando tutti questi fattori, il torbido mondo della realpolitik e del multilateralismo al quale molti neo-conservatori hanno contribuito spingendo aggressivamente l’America verso l’espansione imperialistica negli anni di Bush, mal si accorda con un’ideologia che vede il mondo secondo la logica binaria bene contro male. Kristol da parte sua, ha visto sprofondare l’America nel baratro durante un’epoca in cui il ​​dominio economico e militare degli Stati Uniti inaugurò il termine iperpotenza nella coscienza collettiva.

Ma mentre una radicata crisi economica limita la capacità degli Stati Uniti di proiettare il suo dominio militare e un decennio di guerra ha volatilizzato la sua valuta morale in tutto il mondo, è diventato chiaro che molti dei neo-conservatori che fanno pressione per la guerra contro l’Iran, ora in definitiva devono incolpare i loro stessi principali ideologi per il precipitoso declino dell’America. Se le richieste di guerra contro l’Iran hanno lo scopo di placare gli alleati americani in Medio Oriente che non riescono a digerire le sue presunte ambizioni nucleari, sono un tentativo di riaffermare il predominio statunitense nella regione ricca di petrolio, o sono gli ultimi segni di un impero cadente che va all’attacco con abnegazione, coloro che anelano ad un nuovo mattino in America potrebbero benissimo accelerare il suo crepuscolo imperiale.


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