Magazine Cinema

La strada

Creato il 20 novembre 2013 da Misterjamesford
La stradaRegia: Federico FelliniOrigine: ItaliaAnno: 1954Durata: 108'



La trama (con parole mie): Gelsomina, una ragazza introversa dalla particolare sensibilità, è spinta dalla madre a divenire l'assistente di Zampanò in sostituzione della sorella defunta. L'uomo, un artista di strada specializzato in numeri che prevedono l'utilizzo della forza bruta dal carattere burbero e spigoloso dedito all'alcool e alla violenza, diviene dunque il maestro ed il padrone della giovane, che spesso e volentieri soffre i suoi modi bruschi.Quando l'incontro con un altro artista detto il Matto pone Gelsomina di fronte ad una nuova prospettiva della sua esperienza, quest'ultima decide di rimanere accanto a Zampanò quasi si trattasse di una missione, o di una predestinazione: la tragedia, però, è dietro l'angolo, e per l'insolita coppia giunge il momento di affrontare la dura realtà delle rispettive nature.
La strada
Tradurre i propri pensieri, le esperienze e le idee in poesia non è mai un'impresa facile, di qualsiasi campo artistico si stia parlando: spesso e volentieri, superando il confine che separa il racconto quotidiano dal lirismo del sogno e dell'interpretazione, si rischia per scivolare nel radicalchicchismo sfrenato - e qui al Saloon tanto osteggiato - oppure nel patetico.Fortunatamente ogni tanto, nel nostro percorso umano, incrociamo il cammino di nomi come quello di Federico Fellini, tra i pochi registi in grado di riuscire a farsi interprete del significato più puro del termine poesia senza per questo rinunciare alla pancia o al cervello: uno degli esempi più importanti in questo senso è senza dubbio La strada, titolo che diede notorietà assoluta ed internazionale al cineasta riminese e che gli valse l'Oscar per il miglior film straniero, lanciando di fatto uno stile ed un approccio che sarebbero stati presi d'esempio e modello per i decenni successivi - e lo sono ancora -.In realtà questa ennesima visione de La strada mi ha condotto - come spesso accade con le opere dei grandi - ad un'altra interpretazione della stessa, meno riferita ai consueti pareri in merito, al mondo del circo, all'amore, al vagabondare, quanto più al complesso rapporto che legò per una vita Fellini e sua moglie, Giulietta Masina: in un certo senso, quello che ho visto questa volta nella storia spesso triste di Gelsomina e Zampanò è stato una sorta di rivisitazione del rapporto tra il regista e l'attrice, inseparabili anche nella morte - la Masina scomparve neppure sei mesi dopo il Maestro - eppure decisamente lontani da un rapporto idilliaco in vita.
Il carattere strabordante del geniale Federico e quello più remissivo di Giulietta, uniti alle avventure che il primo spesso e volentieri si concedeva con le protagoniste che ispiravano i suoi film - su tutte è nota la storia d'amore con Sandra Milo -, i conflitti e le ombre si sono proiettati dal primo all'ultimo su Zampanò e Gelsomina, in perenne lotta eppure necessari l'uno all'altro anche di fronte alla tragedia, e alla morte.La leggerezza quasi ostentata della ragazza spinta dal Matto a credere che la ragione della sua vita potesse essere effettivamente quella di stare accanto ad una persona "che nessuno avrebbe voluto" e l'aggressività a tratti incontenibile dell'uomo, apparentemente privo di qualsiasi sensibilità o pensiero rivolto a qualcosa che non sia il suo viaggiare ed i numeri da circo, l'alcool e le donne, si incastrano alla perfezione come soltanto i grandi amanti ed i grandi nemici possono riuscire ad incastrarsi, facendo da motore ad una tragedia profondamente realista ed altrettanto aerea nella sua rappresentazione, ritratto non tanto di un Paese - come fu per Amarcord o La dolce vita - quanto della parte "straziata" dello stesso, quella del cuore.Un film da amare incondizionatamente anche nei suoi momenti più terribili, traboccante la passione per la vita che Fellini non ha mai fatto mancare al suo pubblico, in grado di rendere profondo e tragicamente affascinante proprio Zampanò, talmente forte ed aggressivo da intimorire eppure fragilissimo e solo in uno dei finali più struggenti che il Cinema italiano sia mai riuscito a portare sul grande schermo, così come la delicata Gelsomina, talmente decisa a credere da risultare quasi fastidiosa agli occhi di chi, al contrario, più che alla Fede è dedito alla Vita, eppure incapace di rinunciare alla parte di sogno necessaria per sopportare la realtà.
MrFord
"Lui ti offre la sua ultima carta, 
il suo ultimo prezioso tentativo di stupire, 
quando dice "È quattro giorni che ti amo, 
ti prego, non andare via, non lasciarmi ferito". 
E non hai capito ancora come mai, 
mi hai lasciato in un minuto tutto quel che hai. 
Però stai bene dove stai. Però stai bene dove stai."
Francesco De Gregori - "Pezzi di vetro" -

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines