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La superarchitettura e l’avanguardia radicale

Creato il 27 gennaio 2013 da Postpopuli @PostPopuli

di Fabio Focardi

Alla metà degli anni ’60 del ventesimo secolo, in tutto il mondo si inizia a respirare un’aria di “cambiamento“: un fermento che si fa largo in ambito politico, musicale ed anche in quello artistico-architettonico. Sono gli anni del boom economico, o per meglio dire l’inizio del consumismo ed il declino della civiltà rurale e contadina italiana, e sono anche gli anni in cui il desiderio di indipendenza dei giovani si manifesta con le prime occupazioni universitarie.

LA SUPERARCHITETTURA E L’AVANGUARDIA RADICALE

Manifesto Superarchitettura – da giannipettena.it

Nel 1963 la facoltà di Architettura di Firenze, seguendo gli esempi di Milano e Torino, viene occupata per accentuare la contestazione rivolta soprattutto verso il sistema accademico ritenuto dagli studenti obsoleto ed incapace di formare gli architetti del futuro; un futuro in una società nuova, che stava cambiando proprio in quegli anni. I contestatori, “figli traditi” del razionalismo, riconoscevano come propri maestri Le Corbusier, Louis Kahn e Mies van der Rohe, ma allo stesso tempo sentivano la necessità di rompere gli schemi accademici per i quali nella nuova società non c’era più posto. Ed è proprio in questo clima di cambiamento e di protesta che nella seconda metà degli anni ’60, nascerà un movimento d’avanguardia catalogato poi come movimento “radicale“. Il risultato deludente dell’occupazione, che aveva prodotto un cambio del sistema didattico nella forma ma non nella sostanza, spinse alcuni studenti a prendere posizioni progettuali che suscitarono perplessità agli occhi del corpo docente, ma che risultarono d’altro canto utili per la futura formazione di due dei gruppi del movimento radicale più influenti ovvero ARCHIZOOM (in prima formazione con Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello e Massimo Morozzi) e SUPERSTUDIO (in prima formazione con il solo Adolfo Natalini). Ufficialmente la data della loro nascita può essere presa quella della mostra intitolata “SUPERARCHITETTURA” tenutasi nel Dicembre del 1966 alla galleria d’arte Jolly 2 in via San Bartolomeo 17 a Pistoia. La piccola mostra fu commissionata ad Adolfo Natalini, già espositore nella stessa galleria come pittore, il quale propose di partecipare insieme a dei colleghi di università che decisero di unirsi per l’occasione sotto il nome di ARCHIZOOM: fu allora che lo stesso Natalini avrebbe deciso contestualmente al titolo della mostra “SUPERARCHITETTURA”, di darsi uno pseudonimo, ovvero quello di SUPERSTUDIO. Oltre al titolo, ideò e realizzò anche il manifesto, che recitava così: “La superarchitettura è l’architettura della superproduzione, del superconsumo, della superinduzione al consumo, del supermarket, del superman e della benzina super“.

LA SUPERARCHITETTURA E L’AVANGUARDIA RADICALE

da architettura.it

Ma facciamo un piccolo passo indietro: soltanto un mese prima, nella notte tra il 3 e il 4 Novembre del 1966 il fiume Arno decise di uscire dal suo letto sommergendo per intero la sua valle rendendo Firenze una città “alluvionata“, appellativo che si usava costantemente in quei periodi per le valli del Polesine. Lo spettacolo che si presentò ai fiorentini quella mattina del 4 Novembre, fu quello di un fiume maestoso come il Rio delle Amazzoni che stava attraversando la loro città. Quando poi le acque si ritirarono, si presentò un ulteriore spettacolo, quello disordinatamente creativo dell’impasto di fango con carcasse di auto e rifiuti di ogni genere, del quale i fiorentini si liberarono a colpi di pala e di sarcasmo tipico di una popolazione che non si arrende davanti a nessuna difficoltà. E’ proprio in questo clima emotivamente straordinario che è stata pensata, discussa e costruita la mostra “SUPERARCHITETTURA” e non a caso debuttando ad un solo mese di distanza in una città come Pistoia non invasa dall’inondazione dell’Arno.

LA SUPERARCHITETTURA E L’AVANGUARDIA RADICALE

da architettura.it

La mostra era ambientata in un sottosuolo di due stanze: all’ingresso c’era un’ imbuto, escamotage scenico per distrarre il visitatore dalle dimensioni ridotte del luogo, decorato ai lati da onde multicolori in rilevo e da nubi e raggi di sole che uscivano da una stretta apertura sul fondo nel quale era inquadrato un prisma con il logo della SUPERARCHITETTURA. Oltrepassato l’imbuto si presentavano davanti ai visitatori una serie di oggetti realizzati per l’occasione in un paio di settimane frenetiche di lavoro: c’erano una chaise-longue , un’improbabile scatola giradischi collegata ad una scatola cassa acustica, una cassettiera con decorazioni luminose, dei fiori tridimensionali di cartone, una scatola contenitore di forma cubica, due sedute ad onde a due livelli, una davanti all’altra in modo da riempire quasi per intero la seconda stanza; il tutto colorato in maniera esageratamente “vivace“, in chiaro stile pop. Un estro creativo che non si soffermava soltanto alla forma degli oggetti, ma dava loro anche un nome: Supersonik, La Mucca, SuperOnda e Per Aspera erano i nomi delle creature protagoniste della mostra allestita dagli stessi membri dei due gruppi, non seguendo strategie preconfezionate, ma lasciandosi trasportare dal loro atteggiamento spensierato ed ironico, con il quale erano destinati ad influenzare nel corso degli anni a venire, l’approccio “concettuale e progettuale al design e all’architettura” delle nuove generazioni nazionali ed internazionali, oltre che a rivoluzionare la visione dell’oggetto come “prodotto di design”.

LA SUPERARCHITETTURA E L’AVANGUARDIA RADICALE

da architettura.it

In tutto la mostra durò quasi due settimane e poi dopo lo smantellamento non rimase più traccia, se non per due oggetti che continuarono ad evocarne la memoria: il divano SuperOnda e la lampada Passiflora messi in produzione dall’azienda Poltronova. Una successiva mostra del 1967 commissionata stavolta ad Andrea Branzi dalla galleria comunale di Modena, vedrà un’altra volta insieme ARCHIZOOM e SUPERSTUDIO nel quale gruppo  Adolfo Natalini sarà affiancato da un giovane Cristiano Toraldo di Francia che da quel momento sarà parte fondamentale per le sperimentazioni e le ricerche del gruppo. Non solo, SUPERSTUDIO apre le sue porte ad altri nuovi componenti come Alessandro e Roberto Magris, Piero Frassinelli, e dal 1970 al 1972 Alessandro Poli. Il gruppo svolgerà fino al 1978 attività di ricerca teorica sull’architettura e sul design. Il Monumento Continuo (1969), Dodici Città ideali (1971) e Cinque storie del Superstudio: vita, educazione, cerimonia, amore morte (1973), sono progetti che mixano utopia, pessimismo e ironia, momenti estremi di una ricerca dissacrante e volta ad una rifondazione teorico-filosofica dell’architettura. Da ricordare anche gli oggetti di design e i complementi di arredo ancora in produzione (la serie Quaderna del 1970 prodotta da Zanotta).

Anche ARCHIZOOM apre le proprie porte a nuovi componenti; nel 1968 si aggregarono al gruppo originario, Lucia e Dario Bartolini. Il gruppo, dopo la mostra SUPERARCHITETTURA, partecipò alla XIV Triennale con il progetto Centro di cospirazione eclettica, e ad Italy: New domestic landscape al MoMA di New York, pur continuando l’attività di ricerca nel campo architettonico e urbanistico che culminerà con “No Stop City” del (1970-1972). Con la loro serie provocatoria di mobili per Poltronova (divani SuperOnda e Safari) si apre la stagione del “nuovo design” che porterà ARCHIZOOM alla ribalta internazionale. Il gruppo si scioglie definitivamente nel 1974. Oltre ai già trattati ARCHIZOOM e SUPERSTUDIO, all’interno dello stesso movimento d’avanguardia radicale orbitavano il gruppo 9999, il gruppo ZZIGGURAT, LAPO BINAZZI e i suoi UFO, REMO BUTI, ALESSANDRO MENDINI, ETTORE SOTTSASS e il gruppo STRUM.


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