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La Teoria dell’Attaccamento

Da Psychomer
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Matteo Radavelli
ottobre 8, 2010Posted in: psicologiaLa Teoria dell’Attaccamento

Un sano sviluppo della personalità dipende sia dall’adeguato sviluppo della sfera cognitiva, affettiva, sociale, sia dalle interazioni che la persona stabilisce con l’ambiente esterno nel corso della sua evoluzione. I fenomeni affettivi si dividono in: sentimenti, emozioni e umore.

La teoria dell’attaccamento, originariamente proposta da Bowlby e successivamente ampliata e precisata da Ainsworth, è il risultato di apporti derivanti da diverse aree di studio: quella psicanalitica, quella etologica e quella antropologica.

Bowlby è stato il primo ad integrare gli studi etologici con la psicologia dello sviluppo, notando che i comportamenti innati dei neonati si ritrovavano anche nei cuccioli degli animali. In quest’ottica si fa riferimento al concetto di “imprinting” proposto da Lorenz nel suo esperimento del “guanto giallo”, in cui un guanto giallo veniva posto, in movimento, allo schiudersi delle uova di pulcino, che di conseguenza metteva in atto un comportamento di seguimento. L’elemento cruciale è che l’anatroccolo seguiva il guanto come se si fosse trattato dell’anatra-madre, nonostante non avesse ricevuto dall’oggetto nessuna delle cure che si pensava stessero alla base del rapporto d’affiliazione.

Un’ulteriore indagine in tal senso è stata fatta da Harlow e Zimmerman i quali hanno dimostrato che piccole scimmie generano un rapporto preferenziale con un simulacro della “loro madre” di pezza, alla quale possono aggrapparsi in caso di pericolo, piuttosto che con un simulacro metallico che fornisce  loro il cibo, ma al quale non possono aggrapparsi.

Partendo da questi studi etologici e considerando come la teoria psicanalitica sostenga che la costituzione dell’oggetto libidico e la conseguente relazione oggettuale derivino dalla soddisfazione dei bisogni legati alla sopravvivenza, quali la sete e la fame, Bowlby generò il suo concetto di attaccamento come una necessità primaria, che si sviluppa indipendentemente dalla soddisfazione dei bisogni fisiologici di base e presente fin dalla nascita.

L’attaccamento è una classe di comportamenti intenzionalmente rivolti a provocare e mantenere la vicinanza di una persona, che viene scelta come principale, tramite una serie di comportamenti quali  succhiare, aggrapparsi, seguire e piangere.

Il comportamento d’attaccamento è quindi soltanto una delle quattro classi di comportamento (esplorare, atteggiamento protettivo e non protettivo) che costituiscono complessivamente le interazioni tra madre e bambino.

Bowlby individua quattro fasi nello sviluppo dell’attaccamento:

1-   Orientamento e segnali senza discriminazione della persona (0-12 settimane): il bambino possiede una scarsa o nulla capacità di discriminare una persona dall’altra e risponde alla madre come agli altri esseri umani.

2-   Orientamento e segnali diretto verso una (o più) persone discriminate (3-6 mesi): in questa fase il bambino continua a comportarsi, verso le persone, come nella fase precedente, ma lo fa in modo più spiccato verso la figura materna.

3-   Mantenimento della vicinanza della persona discriminata mediante locomozione e segnali (6 mesi-3 anni): il bambino amplia il so repertorio di comportamenti: richiama l’attenzione della madre, la segue quando questa si allontana, la saluta al suo ritorno e la usa come punto di riferimento durante l’esplorazione dell’ambiente. Questo avviene, in misura minore, anche con altre figure secondarie d’attaccamento, mentre gli estranei sono trattati con sempre maggiore distacco e cautela.

4-   Formazione di un rapporto reciproco corretto secondo lo scopo (3 anni +): il bambino comincia ad intuire i suoi sentimenti e le sue intenzioni, stabilendo le basi sulle quali la coppia madre-bambino può costruire un rapporto reciproco più complesso.

Il modo in cui la madre si prende cura del neonato avrà un impatto cruciale sul futuro di questi, determinando il modo in cui organizzerà le proprie strategie di attaccamento nei confronti della madre ed eventualmente generalizzerà agli adulti. Il neonato, una volta adulto, farà riferimento alle stesse modalità di attaccamento che hanno costituito la sua esperienza e tenderà a metterle in atto nei confronti dei propri figli.

Lo stile d’attaccamento non è quindi importante solo nel “qui ed ora”, ma soprattutto in termini predittivi. Attraverso la tecnica della “paura dell’estraneo”, con l’ormai celebre Strange Situation, Mary Ainsworth ha individuato quattro diverse categorie d’attaccamento: evitante, sicuro, ambivalente e disorganizzato. Queste classificazioni sono state successivamente utilizzate da altri autori, come Zimmerman e Grossman (1994), per analizzare il comportamento sociale e prestazionale dei bambini a diverse età. Gli autori hanno per esempio individuato un comportamento più sociale, entusiasta, orientato al problem solving e fiducioso in bambini con attaccamento sicuro, rispetto ai loro coetanei “insicuri-evitanti” che imparano a non mostrare il loro stato emotivo, onde evitare il ripetersi di esperienze di rifiuto.

In tutto questo, come si evince un ruolo cruciale lo gioca il comportamento della madre e soprattutto il suo stile d’attaccamento, dovuto alle sue esperienze infantili con la rispettiva figura d’attaccamento.

E’ stato recentemente individuato che anche la rappresentazione mentale dell’attaccamento in gravidanza influenza la qualità dell’attaccamento nella relazione madre-bambino.

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La Teoria dell’Attaccamento
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